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Musive Mete, ed. La Vita Felice, 2015

Un viaggio attraverso le parole

Poesie e disegni di Massimo Mezzetti
giovedì 1 settembre 2016 di Andrea Comincini

Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Poesia
Argomenti: Massimo Mezzetti


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Con Musive Mete Massimo Mezzetti, artista premiato a livello nazionale per i suoi componimenti, ci invita a percorrere un cammino ben differente da quelli che capitano nelle quotidiane escursioni fra i libri in commercio. Tra macrocosmo e microcosmo, il lettore viene avvolto da un tepore d’oriente, tra haiku e composizioni aforistiche. Una brezza lieve la scrittura di Mezzetti, che riempie i polmoni e ossigena la mente in maniera delicata, simile alla fioritura di quei ciliegi giapponesi tanto presenti nell’immaginario di noi occidentali.

Se si tentasse di definire la poesia in qualche modo, forse bisognerebbe tornare alla mente a quando, seduti fra i banchi di scuola, si studiava la teogonia, o la cosmogonia greca: è un mondo ricco di rimandi, dove le divinità sono le parole, la loro sonorità, e i fatti i piccoli grandi eventi del mondo.

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Massimo Mezzetti

Mezzetti disegna una mappa stellare, e invita al viaggio – interiore ed esteriore – al fine di rigenerarsi. Solo il verso infatti può redimere e salvare.

Questo bisogno è presente in molti testi: in Pathos cosmico per esempio, dove il mosaico dell’esistenza si è spezzato, a causa del Big Bang, che “frantumò l’amore di quel dio perfetto scomponendo il tempo in più fasi”, o in Uva metaforica, dove il rosso dei grappoli rimanda all’utopia rivoluzionaria, purtroppo sopita.

Quando nella seconda parte del libro si cimenta in pregevolissimi haiku, si avverte un vero e proprio stato di grazia da parte dell’autore, il quale cristallizza nell’attimo suono e segno, rendendo quel desiderio di rigenerazione universale di cui sopra palpabile: “un vecchio chiodo/ fissandosi nel vuoto /s’arrugginì”.

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Haiku

O ancora: “scendo poi salgo/ in ogni mio scalino/ un orizzonte”

Mezzetti riporta un testo di Whitman molto significativo, perché ne riprende il titolo: tessere musive. Qui è raccolto gran parte del senso del viaggio del poeta in generale – e in fondo di ognuno di noi – poiché alla domanda dove sta il senso di tutto questo, Whitman risponde che siamo qui, e possiamo contribuire al grande e a volte – non c’è dubbio – tremendo spettacolo della vita con un nuovo verso. Ingrediente fondamentale, o per lo meno necessario, è la meraviglia. Solo chi saprà osservare “lo stupore che suscita l’universo” potrà magari ritrovare quella irenica tessera capace di ricomporre l’intero mosaico, un mosaico che come i mandala avrà un valore universale sebbene verrà travolto dal tempo e dalla mano dell’uomo, come fanno i monaci buddisti, l’istante successivo dopo averlo ultimato.

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Fiore di ciliegio
 

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