Un argomento attualissimo: la LEGGE SULLE UNIONI CIVILI sul quale proponiamo di aprire un dibattito con i lettori, che invitiamo non solo a commentare l’articolo, ma anche a mandarci per mail i loro pareri e ragionamenti in merito, che avremo il piacere di pubblicare. Le vostre opinioni saranno rispettate, se espresse civilmente, e ovviamente non rappresentano il pensiero della redazione.
Apriamo quindi questo dibattito pubblicando il parere di un professionista sul tema, l’avv. Andrea Agostini, il quale evidenzia alcune criticità della legge stessa.
Restiamo in attesa di altre opinioni
La redazione
Da avvocato, che esercita la libera professione da fine 1995 maturando anche una preziosa esperienza nel trattare pressoché tutte le separazioni e divorzi del maceratese come giudice onorario di tribunale dal 2001 al 2005, ringrazio il legislatore per la legge sulle unioni civili e le coppie di fatto per il lavoro che deriverà alla mia categoria professionale, anche se come cittadino civicamente attivo resto basito.
Infatti l’Italia da ieri ha la coppia di fatto semplice, quella con registrazione all’anagrafe, quella registrata con stipula di un patto per regolare i rapporti economici, quella omosessuale unita civilmente, quella unita civilmente e poi divorziata, quella eterosessuale unita in matrimonio, quella unita in matrimonio e separata e divorziata.
Così facendo si è inteso legiferare di tutto aprendo però ufficialmente all’anarchia di coppia con problematiche di non poco conto.
Nell’ordine:
- La coppia di fatto se registrata all’anagrafe può vantare innumerevoli diritti personali e patrimoniali, facile prevedere che verranno estesi a chi non registrato dimostrerà nei fatti la stabilità della relazione.
- La coppia di fatto se vuole diritti deve registrarsi, ma può sciogliersi di fatto senza alcun obbligo di segno contrario, facile prevedere un’enorme mole di lavoro finanche il caos nelle verifiche da parte della pubblica amministrazione circa la corrispondenza tra il registrato ed il vero.
- La coppia di fatto registrata può regolare patrimonialmente il proprio rapporto con il contratto di convivenza, facile prevedere la definitiva legittimazione degli accordi prematrimoniali in vista del fallimento dell’unione, che fino all’altro ieri sembravano appannaggio esclusivo delle star del jet set hollywoodiano.
- Nella coppia di fatto se il deceduto è proprietario della casa, il superstite ha diritto di continuare a vivere nell’abitazione per un periodo compreso tra due e cinque anni, a seconda della durata della convivenza, comunque non meno di tre anni se vi sono figli; evidente la discriminazione in danno di chi è figlio di una coppia di fatto, il quale unitamente al genitore non ha diritto all’habitat in cui è cresciuto e ciò fino alla maggiore età o comunque fino all’autonomia patrimoniale;
Le unioni civili sono equiparate al matrimonio, salvo il fatto che non si usa il termine matrimonio, non ci si separa ma si divorzia direttamente, si nega il diritto di adozione, si nega l’obbligo di fedeltà.
Art.1 co.11 “Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.
Il confronto con l’art.143 c.c. “Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio” è agevole.
Scompare l’obbligo alla “collaborazione nell’interesse della famiglia”, come a dire che non si è famiglia, ma poi al co.12 l’art.1 recita “Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare”.
La famiglia nei proclami è solo quella che deriva dal matrimonio, ma poi si dice espressamente “vita familiare”, evidente la contraddizione.
Lo scioglimento dell’unione civile omosessuale passa direttamente per il divorzio, perché mai allora gli eterosessuali specie se senza prole devono passare anche per la separazione?
Si nega il diritto di adozione, ma poi l’art.1 co.20 chiude dicendo “Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, che oltre che nazionali, sono internazionali, anche pattizie, e comunitarie, come a dire che si rimette ai giudici quello che la politica non ha avuto il coraggio di dire apertamente, sì alla stepchild adoption anche alle coppie di fatto per via giudiziaria.
Infine l’obbligo di fedeltà, che sancito come obbligo coniugale tanto da essere ragione di addebito in caso di separazione, art. 151 c.c., scompare per gli omosessuali.
Forse si è inteso sancire per legge che gli omosessuali sono esseri diversi dagli eterosessuali ?
Immagino che presto sorgerà un movimento eterosessuale per i diritti civili di libertà e di eguaglianza nei costumi affettivi e sessuali in nome del nuovo diritto all’infedeltà di coppia.
Lo stesso amore, gli stessi diritti.
Avv. Andrea Agostini