L’arte può essere un’ostetrica di anime. Ed il lavoro che dovrebbe condurre alla nascita di un’ illuminazione quasi metafisica ha un suo vero e proprio processo di gestazione. Tutti coloro che s’imbattono in una creazione artistica se recettivi, possono davvero dire d’aver vissuto un’esperienza unica come unica é l’idea alla base del “fulmine creativo”di un pittore o di uno scultore. E la ricerca di quest’illuminazione é, al tempo stesso, destabilizzante e feconda di risultati. Essa potrà essere più o meno deflagrante e potente a seconda delle “culle spirituali”che andrà a visitare. I nostri giorni, ritmati e veloci, confusi ed ombrosi, complicati e dispersivi, hanno offerto ed offrono il territorio ideale ad una sperimentazione artistica nata sul finire degli anni ‘70 ormai nota col nome di Transavanguardia. Tale neologismo fu coniato dal critico d’arte Achille Bonito Oliva nel 1979, per individuare un gruppo di artisti ( la “magnifica cinquina”: Chia, Clemente, Cucchi, De Maria e Paladino ) che, opponendosi ai movimenti “totalizzanti”degli anni precedenti (Arte Povera e Concettuale) cercava un recupero ed una continuità con le sorgenti sotterranee che avevano alimentato movimenti delle avanguardie come l’Espressionismo, i Fauve, la Pittura Metafisica.

La Transavanguardia, elogio dell’incertezza, contempla un ritorno alla soggettività dell’individuo, inteso come una ripresa consapevole del suo mondo emotivo e della sua interiorità, della sua finitezza e particolarità. Infatti, all’infallibilità ed al rigore e minimalismo delle correnti artistiche precedenti si contrappongono, ora, la complessità e l’incertezza ed anche la rappresentazione dell’istinto.
Achille Bonito Oliva così spiega : “l’artista della Transavanguardia ha frantumato gli occhiali che gli proteggevano la vista, la lente che gliela rendeva unitaria, per accedere invece ad uno sguardo frammentario e delirante, relativo ed indifferente”.
Visitatissima a Roma fu, alla Galleria del Teatro India tra i capannoni industriali dell’ex Mira Lanza e le canne che crescono selvatiche sulle rive del Tevere, la mostra tenuta nel maggio 2000 da Enzo Cucchi. L’artista marchigiano ha un percorso artistico assai particolare e poliedrico. Il suo approdo iniziale fu la poesia. Solo in un secondo momento, al poetico fraseggio sceglierà il pennellare. E da allora, tantissime tele intrise di mito e di visoni oniriche sono state regalate alla collettività. I suoi quadri hanno spesso temi ripresi dalla classicità e dalla natura ( animali, teste, teschi, paesaggi, mare) ed i colori sono squillanti e di forte impatto visivo.

Spesso Cucchi include nei dipinti anche oggetti : dapprima cocci di ceramica (come in “Le case vanno indietro”, 1979 ), successivamente altri materiali ( legno e ferro ). Ama le commistioni di generi che siano sempre e comunque espressioni d’istinto come lo è la sua pittura - “quel poco che conosciamo - dichiara l’artista - sono le cose che ci circondano : e sono queste ad essere al centro della mia riflessione d’artista.
Io non interpreto la realtà : mi pongo in uno stato di attenzione, per riuscire a captare emozioni capaci di far scoccare la giusta scintilla”(Cucchi, in “Stile”, marzo 2002). Vede la pittura come una puttana - “non riesco a staccarmi dalla tela, dal pennello, dai colori - dichiara convinto - la pittura è una puttana, perché quando ti prende non puoi più lasciarla, non puoi ignorare il suo richiamo. Devi cedere”. Puttana, sirena, incantatrice. .. forza magnetica che trascina e che avviluppa sensi e spirito. I suoi tratti sono asciutti, i gesti immediati, le forme accennate che quasi indietreggiano per lasciar spazio alla stesura cromatica.
Negli ultimi dipinti c’è un recupero di luoghi fisici dove avviene il contatto più diretto con la realtà, il cuore, la lingua, il ventre dell’animale (“Cagna”, 1998, olio su tela, cm 280x400), le unghie (“Sottunghia”, 2000, olio su tela, cm 280x302) , l’acqua (“Sott’acqua”, 2000, olio su tela, cm 280x300) che è elemento primordiale capace d’annullare rumori e d’avvolgere come il liquido materno, perché sott’acqua tutto si fa più grande, come i pensieri di notte e si vive quindi in una dimensione d’intensità amplificata, proiettata verso l’interno del corpo. Le tele sono spesso enormi, hanno dimensioni anomale ed è qui che il colore di Cucchi vive e si accende. Le pennellate colorate comunicano luce, emozione, intensità e stato d’animo.
E il solo gesto di usarle, di guidarle nella rincorsa all’Idea per renderla poi palese, sono sicuramente il risultato di una seduzione. Le pennellate di Cucchi transitano nelle sue tele con intenti sempre diversi,mai monotoni o ripetitivi: a volte sono seducenti, altre volte criptiche, altre volte ancora generano una malia che incanta e obnubila come il canto di una sirena. Lo studio,le tele,i barattoli di colore,i pennelli e le spatole:sono questi gli strumenti antichi di una pittura che si fa contemporanea attraverso un approccio profondamente nuovo ed una dedizione totale. Sono lavori che,in qualche modo, disturbano la “calma”di una certa pittura, improntata al rispetto di regole tecniche ed iconografiche rigide e poco creative, sicuramente di qualità, ma che, forse, poco dicono ad e di un uomo del XXI secolo.
I lavori di Cucchi sono un inno alla ricerca di sé, degli anfratti più remoti dello spirito e, cercando la strada della luce, partono da dove la luce porta luce : la terra. Dalla materia, dalle dune di un colle, dalle fiamme di un fuoco, da un animale girovago s’apre la strada dell’avventura nella vita. E congedandomi da questo artista scelgo un lascito a lui familiare : la poesia.
“Il successo è un ape : ha un canto. Un pungiglione. Dimenticavo: le ali”. -Emily Dickinson-
A Roma, a Villa Medici (Accademia di Francia- Viale Trinità dei Monti,1) s’è inaugurata il 21 marzo scorso la mostra “ENTRA” con 3 tele imponenti e 130 disegni dell’artista. Visitabile fino al 21 aprile 2006. Info 06-67611