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Altri dovrebbero aver paura (Edizioni Nova Delphi 2012)

IL RITORNO DI SACCO E VANZETTI

Davvero un libro interessante, degno di attenzione.
venerdì 1 febbraio 2013 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Andrea Comincini


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Qualche mese fa ho letto il libro di Andrea Comincini su Sacco e Vanzetti e devo dire che mi è piaciuto molto per diversi motivi. Innanzitutto al solo sentir menzionare i nomi dei due sfortunati italiani, a quelli della mia generazione subito viene in mente il film di Montaldo che nel 1971 ci fece commuovere e riflettere sulle tristi vicende dei due emigranti italiani i quali nel 1920 vennero falsamente accusati di omicidio e rapina a mano armata e poi giustiziati sulla sedia elettrica nel 1927.

10000000000000C2000001038C126ACAL’emozionante colonna sonora con la canzone di Joan Baez risuona ancora nelle nostre orecchie richiamando alla mente le immagini di G. M. Volonté e R. Cucciolla che seppero dar corpo e spessore al coraggio e alla dignità dei due indimenticabili personaggi, divenuti simbolo della lotta per la libertà e l’uguaglianza.

Encomiabile appare dunque l’impegno di Andrea Comincini nel libro “Altri dovrebbero aver paura”, edito dalla Nova Delphi, una raccolta di lettere e testimonianze inedite, custodite negli archivi della Lilly Library di Blooming (Università dell’Indiana) che permettono un’analisi approfondita del pensiero politico dei due anarchici, delle loro radici culturali, nonché dei loro pensieri e riflessioni in quel particolare momento storico.

Come si legge nella presentazione di Valerio Evangelisti, mentre nel film di Montaldo manca un approfondimento della dimensione ideologica di Sacco e Vanzetti, l’appassionato lavoro di Andrea Comincini, invece, viene a colmare questa grave lacuna attraverso le dirette testimonianze dei due italiani nelle lettere e in altri documenti inediti, preziosi per comprendere un’esperienza non solo umana ma anche politica, radicata in nobili ideali.

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Bartolomeo Vanzetti

Il modo un po’ troppo semplice in cui in passato è stata narrata la storia dei due poveri immigrati che caddero vittime di un sistema razzista e discriminatorio, anche se frutto di una lettura in parte veritiera, ha tuttavia spesso impedito di approfondire le motivazioni del loro dissenso, il modo in cui tentarono di opporsi all’ingiustizia ed infine la dignità con cui si arresero, consci di essere diventati un esempio, un simbolo.

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Nicola Sacco

I preziosi documenti storici raccolti da A. Comincini fanno luce su questi aspetti attraverso l’epistolario di Vanzetti con Mary Donovan e Alice Stone Blackwells, le lettere di Sacco, l’orazione funebre pronunciata da M. Donovan, le due brevi autobiografie di Sacco e Vanzetti già pubblicate in Italia, documenti oltretutto corredati da fotografie, pagine di giornali d’epoca, fotocopie di lettere e quant’altro.

Le figure dei due italiani balzano dalle pagine del libro, vive e concrete nella diversità che le contraddistingue: nella figura di Sacco spiccano soprattutto i toni più semplici di un giovane del popolo che a 17 sogna di partire per l’America “terra di opportunità” e poi, a contatto con una cruda realtà, è costretto a maturare in fretta e a intraprendere una dura lotta pur non avendo mai avuto precise idee politiche in precedenza.

Quando è arrestato scrive: - Reo di quale delitto? …L’unico delitto di cui sono responsabile, di cui vado altero, è quello di aver sognato una vita migliore fatta di solidarietà, di reciproca assistenza amorevole; di essere in una parola anarchico e per questo delitto io vado orgoglioso di finire magari per mani di boia….E morrò contento di aggiungere il mio nome oscuro alla lista gloriosa dei martiri credenti nel rinnovamento sociale e nella redenzione umana -.

Dall’ epistolario di Vanzetti, invece, vien fuori la figura di un uomo intelligente, laborioso, desideroso di elevarsi al di sopra delle sue umili origini e di superare le difficoltà della sua vita da migrante. Fuori e dentro il carcere legge Marx, Tolstoj, Labriola, Malatesta, Carducci, Leopardi, Dante, scrive poesie, pubblica lettere sui giornali, ma precisa: - Non credermi un’arca di scienza, lettore mio….. La mia istruzione fondamentale fu troppo incompleta, e la mia forma mentale non è sufficiente per sfruttare e assimilare totalmente sì vasto materiale. E poi devi considerare che studiai lavorando duramente, e senza comodità alcuna. Allo studio però aggiunsi una spietata, continua, inesorabile osservazione sugli uomini, sugli animali, le piante, compresi che in nome di Dio, della Legge, della Patria, della Libertà, delle più pure astrazioni della mente, dei più alti ideali umani, si perpetrano e si continueranno a perpetrare i più feroci delitti -.

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J. Reed

E poi afferma: - Le basi immutabili dell’umana felicità sono la salute, la tranquillità di coscienza la libertà, la soddisfazione dei bisogni e una fede sincera…. Nella vera futura storia umana, abolire le classi e i privilegi, gli antagonismi d’interesse tra uomo e uomo, il progresso e i mutamenti saranno determinati solo dall’intelligenza e dalla comune generale convenienza. Se noi e la generazione che portano in grembo le nostre donne non arriveremmo a questo risultato, non avremo ottenuto nulla di reale e l’umanità continuerà a essere ognora più misera e infelice -.

Concludendo “Altri dovrebbero aver paura” ci aiuta ad approfondire non solo le figure di Sacco e Vanzetti , ma anche il drammatico periodo storico in cui una sanguinosa repressione fu sferrata contro le lotte sindacali e anarchiche negli Usa agli inizi del ’900 (di cui parla anche J. Reed).

 

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