Tra solidarietà ed egoismo
Una premessa è necessaria prima di pronunciarsi sul che fare nella particolare contigenza politica. In linea di principio tutte le componenti interne al PD sono favorevoli ad incardinare seriamente un tema vitale per il nostro paese quale è quello federale, che non può più rimanere in mezzo al guado senza contraccolpi pericolosi, come la dissociazione critica della Lega verso la celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia.
Per la collegialità di un governo della Repubblica (“ una ed indivisibile”, come recita la Costituzione) non è soltanto il segno dello scollamento su un tema vitale per la comunità nazionale, ma anche la riprova della dipendenza del PDL dalla Lega che non consente una risposta politica adeguata, arroccato com’è sulla difesa di un premier, divenuto un vero e proprio ostaggio dopo le sue disavventure morali e giudiziarie.
E’ bene ribadire che specie per la componente popolare del PDL, il federalismo è il naturale completamento dello “Stato delle autonomie”, uno degli apporti più preziosi del cattolicesimo democratico e popolare. Inutilmente, dalla nascita della Lega, misi sull’avviso la DC sul fatto che, nonostante la sua rozzezza venata di secessionismo, l’esigenza di maggiore automia e di responsabilizzazione degli enti locali a fronte di un centralismo statale (peraltro debole di fronte al parassitismo ed alle pressioni clientelari, specie al sud), era un problema degno di una risposta politica alta, di rilievo istituzionale. Almeno per la DC, inoltre, costituiva la prova del nove di sapersi scrollare di dosso l’identificazione di partito-stato, specie dopo il 1989 con la caduta del comunismo internazionale e con la possibilità che si aprisse la fase della “democrazia matura”, auspicata da Moro 10 anni prima e pagata con la vita.
Venendo ai nostri giorni, riaffermata la necessità che solo un federalismo autonomistico e solidale può fare esprimere tutte le potenzialità del Paese, si tratta di coordinare gli sforzi affinchè, rispetto al riequilibrio come fine primario di una comunità solidale, non si ceda a tentazioni populistiche (le risorse restano dove sono prodotte!) che aumenterebbero il divario tra zone ricche e quelle povere, con conseguenze gravi per tutto il Paese, come l’esodo dei giovani dal sud con consequenziali costi sociali nelle loro nuove sedi e la grave perdita di risorse umane, necessarie per il rilancio del Mezzogiorno.
Certamente non bisogna più sottacere il parassitismo di tante comunità locali, specie al Sud: anch’io, all’inizio dell’ultimo governo Prodi auspicai una Mastricht per le autonie fissando degli standard ed i tempi necessari per rientrarvi. E’ il primo necessario passo, purchè graduale, per l’allineamento virtuoso ai parametri fissati, gli unici in grado di garantire la coesione sociale e nazionale, messa a dura prova dalla crisi epocale che stiamo attraversando.
Occorre però fare chiarezza sulla posta in gioco, poiché l’ambiguidità e le reticenze della maggioranza di governo, specie del titolare dell’economia, non sono di conforto per auspicabili convergenze bipartisan, specie quando sono in gioco i nuovi assetti istituzionali. Come si fa ad andare oltre l’effetto “annunzio” (uno scalpo con cui la Lega possa sbandierare le sue vittorie), quando Tremonti dichiara di non essere nelle condizioni di quantificare le risorse occorrenti tanto meno le lora ricadute sulle diverse aree del Paese? Né d’altra parte dalle minoranze viene la proposta di attivarsi per realizzare, tra le priorità assolute in tema di riforme costituzionali, un” Senato delle Automie”, una Camera in cui le diverse zone del Paese possono confrontarsi e trovare tra di loro i livelli di accordo nacessari anche con l’aiuto del governo centrale.
Oggi invece è amaro constatare il peso esorbitante assunto dalla Lega, sia per mantenere in piedi la maggioranza, sia soprattutto per supportare un Presidente del Consiglio con un tallone di Achille così vulnerabile da far temere il peggio. Sì, nelle condizioni in cui siamo c’è il rischio che per raggiungere i suoi obbiettivi la Lega spregiudicatamente faccia togliere le castagne dal fuoco al suo maggior alleato a spese della gradualità necessaria per la riconversione virtuosa del Mezzogiorno (e non solo), essenziale per salvaguardare l’unità del Paese.
Ancora una volta emerge la necessità di accordare la priorità assoluta alle riforme costituzionali. I binari costituzionali, riveduti e corretti, permetterebbero una diversa velocità al treno del Paese costretto dalla sua transizione infinita ad inseguire gli altri.
Per chiudere, una nota di costume sulle mistificazioni e l’inaffidabilità di Berlusconi: ricordate la sua promessa sulla riforma fiscale? - Non metterò le mani nelle tasche degli italiani! - disse. Ora col federalismo fiscale comunale tutto è chiaro: con la stretta ai comuni, non lui, ma i sindaci dovranno mettere le mani nelle nostre tasche, seguendo i presidenti di province e regioni!