Rubrica: COSTUME E SOCIETA’ |
Il sogno di Pulcinella !Un tema scottante, il mendicare dei giovani e il lavoro; un parere personale. Si invitano i lettori ad esprimere il loro punto di vista sul tema.
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mercoledì 1 luglio 2009
Argomenti: Opinioni, riflessioni Ελζε δε επι πτοκος Πτοκευεσκατε ος κατα ασω“E venne allora un pubblico mendicante, che elemosinava per la città…” Omero (Odissea). E’ già da qualche anno che mi capita, gironzolando per Roma da quel pensionato fannullone che ormai sono, di incontrare validi garzoni e floride fanciulle seduti in terra, o addirittura inginocchiati sul marciapiede, che tendono silenti la mano ai passanti. Cerco di superare razionalmente il fastidio fisico e la irritazione che una tale vista mi suscita per cercare di analizzare a freddo il fenomeno. Capisco che non mi porta da nessuna parte la considerazione che io probabilmente mi toglierei la vita prima di giungere a quella che mi sembra una abiezione, e mi rendo conto di quanto sia estremamente soggettiva una tale considerazione che è solo di pancia e non di testa. Cerco quindi di mettermi, per quanto ci riesca, nei loro panni, e la prima constatazione che mi viene è che, evidentemente, mentre per me la dignità della persona è il lavoro stesso, sia quale mezzo di realizzazione di sé che come moneta da spendere per meritarsi la vita, sono valori importanti, per loro evidentemente non lo sono altrettanto, e addirittura scompaiono di fronte alle necessità naturali della sopravvivenza. Conterà pure il dato che io vado ahimé per gli ottanta e loro sono spesso giovanissimi ma non è tanto questo il discorso, ossia del valore diverso che possiamo dare alla vita, quanto mi sembra conti il fatto che per loro il gesto di chiedere non rappresenta in realtà il trauma che sarebbe per me. “Non possiedo quanto mi serve? Chi se ne frega, qualcuno me lo deve dare. Che poi sia la mamma, la nonna, il comune, la regione o il primo che passa per la strada non mi interessa più di tanto. Tutto mi è dovuto, son qui che aspetto e sbrigatevi che mi sto annoiando!” Questo è il messaggio che mi arriva. Sarò io che lo interpreto male? Quanto dico vale ovviamente per coloro che mancano realmente del necessario e non voglio parlare di coloro che questuano per il superfluo, per soddisfare le dipendenze varie, che quello è tutto un altro discorso. Uno di questi ragazzi una volta mi ha anche apostrofato: “Sto solo chiedendo, e potrei anche cercare di prendere, ma non voglio arrivare a questo!”. Il poverino pretendeva un riconoscimento della sua virtù perché questuava invece di rubare, e sembrava convinto, in buona fede, capivo che si sentiva in credito col resto del mondo. L’idea peregrina di lavorare per risolvere il suo problema non lo sfiorava neppure. Altrettanto dicasi per le ragazze. Sembra che questo universo giovanile nostrano ignori del tutto l’esistenza di un altro universo giovanile, quello degli immigrati. Ragazze disposte a lavorare vengono qui dalla Moldavia, dalla Romania, dalle Filippine, dalle Azzorre, e trovano senza difficoltà lavoro nelle famiglie o con gli anziani. Più o meno è il lavoro che in tutto il mondo qualunque ragazza di famiglia impara a fare a casa sua per aiutare la madre, un lavoro che tutte le donne italiane tranne rare eccezioni sanno fare ed hanno sempre fatto. E’ diventato ora una vergogna? E perché? E’ meglio stare buttate sulla via a stendere la mano? Qualcuno mi spieghi perchè! E vorrei capire anche perché in una città come Roma dove l’edilizia ha sempre rappresentato la maggiore fonte di occupazione per questa e per tutte le province del Lazio oggi non si trovi più un manovale o un muratore che parli italiano. Se ragionate con un imprenditore della ristorazione vi dirà quanto sia raro trovare un cameriere italiano e che nelle cucine oggi è disposta ad andare solo gente di colore. L’Italia per un secolo ha riempito il mondo di cuochi, camerieri e personale alberghiero di vario tipo, che oggi non c’è più. Vogliamo parlare di lavori agricoli, di raccoglitori di prodotti stagionali, di frutta, di olive, di tabacco? Vogliamo parlare di equipaggi di barche da pesca? Esattamente lo stesso discorso! E qui il problema non è più soltanto giovanile. Non volevo buttare la croce sulle spalle dei giovani e cavarmela col dire che io e i miei coetanei non ne sappiamo nulla. Il giovane che va a mendicare rappresenta la punta dell’iceberg, la stonatura più eclatante, ma la realtà è che quasi sempre la solerzia lavorativa rappresenta oggi in questo paese un optional anche nelle categorie di lavoratori occupati. Il semplice salario non genera la cosiddetta produttività. Per ottenere questa, ossia per muovere le mani della gente occorrono gli incentivi, i premi di produttività, le indennità a vario titolo e non basta ancora. Ci vuole soprattutto il controllo e la verifica costante di qualcuno, altrimenti il cavallo si ferma. La verità è che tutti cercano oggi uno stipendio, il che è naturale e legittimo, ma pochi di costoro cercano in realtà il lavoro, e questo lo è un po’ meno. Ma che è successo dunque agli italiani? Non erano così e non c’è alcun buon motivo che giustifichi una simile mutazione. Ricordo di aver sentito con le mie orecchie alla radio la voce di Peron, lo statista argentino, il marito di Evita per capirci, esortare i suoi peones a prendere a modello gli emigrati italiani per la loro laboriosità e la sobrietà della vita! Questo eravamo, e non sono passati dei secoli! Eravamo negli anni cinquanta. Qualche sociologo vuol darci una spiegazione: questo accade ai popoli ricchi! Per esempio è accaduto agli svizzeri prima di noi. Si vede che siamo arricchiti, come popolo, troppo rapidamente, Non so se l’analisi sia quella giusta, più che una spiegazione mi sembra un tentativo penoso di giustificazione. Voi trovate davvero che siamo così ricchi? O comunque che lo siamo ancora, ammesso pure che ne abbiamo provato una breve illusione? A me tutto questo ricorda tanto il sogno di Pulcinella, e forse sarebbe ora che ci svegliassimo, prima di trovarci coi piedi nell’orinale!- Diritti di copyright riservati |