Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE |
STORIA SEGRETA DEI PIRATIDI MATTEO LIBERTI
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martedì 12 aprile 2022
Argomenti: Recensioni Libri Tra verità e leggenda: il racconto del terrore dei mari. Il saggio di Matteo Liberti “Storia segreta dei pirati” (Newton Compton Editori, 2021), è un testo davvero accurato in cui l’autore offre un excursus completo nella storia della pirateria, facendo immergere il lettore in un coinvolgente viaggio dai tempi più antichi fino a quelli contemporanei, spaziando tra pirati di tutte le epoche, come quelli del II millennio A.C di cui si parla nelle antiche tavolette d’argilla (le cosiddette “lettere di Amarna”, passando poi a quelli fenici, greci, etruschi, cirillici dell’epoca romana, vichinghi, saraceni, caraibici, i sea dogs inglesi e quant’altro. Il libro viene così presentato dalla casa editrice: “Il fenomeno della pirateria iniziò con lo svilupparsi dei primi commerci marittimi. Dopodiché l’intera storia della navigazione – in particolare di quella commerciale – è stata stabilmente segnata dalla presenza di feroci pirati (dal greco peirân, "assalire"), armati fino ai denti e pronti ad abbordare con le proprie navi altre imbarcazioni. Di razzia in razzia, la pirateria divenne un elemento costante nella vita quotidiana degli insediamenti costieri del Mediterraneo. Le flotte di predoni segnarono le vicende di molte popolazioni, tra cui fenici, etruschi e greci, arrivando infine a contaminare il mondo romano. A seguire, salirono alla ribalta i pirati musulmani, detti anche saraceni e più tardi barbareschi. Ma è con la scoperta dell’America che il fenomeno assunse una portata leggendaria: nel Nuovo Mondo, tra le acque del Mar dei Caraibi, la pirateria condizionò infatti i traffici transoceanici per almeno due secoli, espandendosi nel frattempo anche a Oriente. Ieri come oggi, non esiste navigazione – neanche quella sul web – senza flotte pirata pronte al colpo grosso, in nome dell’unico vero ideale che ha ispirato fin dall’antichità tutte le canaglie dei mari: il denaro facile. Ecco le storie più interessanti presenti nei capitoli e i vari paragrafi del libro: “L’emergenza dei pirati cilici e il rapimento di Giulio Cesare-Le imprese anti-piratesche di Pompeo Magno- L’epoca dei vichinghi- Ascesa ottomana e avvento dei corsari barbareschi- Le scorribande di Khayr al-Din, il temutissimo Barbarossa-Sea dogs e pirateria al tempo di Elisabetta- I bucanieri di Hispaniola e Tortuga e la fratellanza della costa- Île Sainte-Marie: una succursale della pirateria caraibica nell’oceano indiano- Il Jolly Roger e altre icone (e falsi miti) dei pirati dei Caraibi- L’infernale Edward Teach, alias Barbanera: lo stereotipo del pirata- Donne all’arrembaggio: Anne Bonny e Mary Read-Lo stretto di Malacca, o il paradiso della pirateria malese La più potente di tutti: Ching Shih, l’ex prostituta che terrorizzò la Cina- L’ascesa dei pirati somali, i più temuti d’inizio millennio- Le opere e gli autori che hanno fatto scuola: da Stevenson a Barrie, passando per Salgari- Alla conquista del grande schermo”. Sarebbe difficile in effetti, e in verità troppo prolisso, descrivere il libro attraverso introduzione dello stesso autore, gli 8 capitoli e i numerosi paragrafi, preferibile quindi metterne in rilievo alcune parti più significative, anche per non svelarne tutto il contenuto a chi non l’ha ancora letto. Colpisce nella prima parte del volume, dedicata all’antichità, la descrizione del rapimento di Giulio Cesare, quando nel 75 a.C., durante un viaggio verso Rodi, fu rapito dai pirati e imprigionato sull’isola di Farmacussa, (odierna Farmaco) in attesa di riscatto. E nel quarto capitolo, dedicato alla pirateria saracena o barbaresca emerge la figura del famoso Barbarossa, ammiraglio di fiducia del sultano Solimano il Magnifico. Il quinto capitolo si dilunga sull’età d’oro della pirateria del ‘500 che arrivò anche oltreoceano, dopo la scoperta di C. Colombo e il sorgere di nuove colonie: fu nel mar dei Caraibi che i pirati diventarono ricchi e potenti e si organizzarono tra loro con regole egualitarie e democratiche, estendendo il loro influsso fino all’Oceano Indiano e al Madagascar. Anche secondo David Cordingly (Storia della pirateria, Mondadori, 1995), sulle navi pirata vigeva quella che oggi chiameremmo democrazia libertaria. La nave apparteneva alla ciurma che decideva anche le destinazioni e gli obiettivi ed eleggeva capitano e quartiermastro. A quanto pare all’inizio di una spedizione venivano stabilite regole che tutti i pirati dovevano sottoscrivere, su distribuzione del bottino, entità d’indennizzo per i feriti in battaglia, la vita di bordo in generale, nonché le punizioni per chi non le avesse rispettate. Il capitano deteneva il potere assoluto in battaglia, ma in tutte le altre circostanze doveva sottostare alla volontà della maggioranza dell’equipaggio e ai poteri conferiti al quartiermastro, sempre eletto dall’equipaggio e considerato come il rappresentante della ciurma. “Le enormi ricchezze trovate in terra americana, trasportate in Europa nelle stive dei grandi velieri spagnoli, attirarono presto stuoli di saccheggiatori dei mari, in gran parte sbandati ai margini della società- racconta l’autore- Ad azioni di pirateria si dedicarono tuttavia anche molti uomini provenienti dai ranghi delle marine militari, e persino illustri capitani come Sir Francis Drake, il celebre ammiraglio inglese che la regina Elisabetta I sguinzagliò contro le navi spagnole”. Gradualmente dalla realtà si passa al mito, come evidenziano i numerosi romanzi dell’Ottocento e dei primi del Novecento, tra i quali spicca la trilogia di Emilio Salgari e il famoso protagonista Sandokan, il pirata-eroe che combatte contro il colonialismo britannico, fino a giungere al successo della filmografia passata e presente, alle serie televisive e ai videogames. Come insegnante d’inglese ho letto con particolare interesse le 10 pagine(142-152) dedicate ai famosi sea-dogs e, come donna, mi hanno colpito le storie delle “piratesse” Anne Bonny e Mary Read (pagg.242-249). E tra i sea- dogs mi sembra giusto ricordarne almeno tre: Sir John Hawkins (1532–1595), nato in una famiglia di armatori del Devonshire, inizialmente navigò con il padre come mercante e poi divenne il primo commerciante di schiavi d’Inghilterra. Elisabetta I lo nominò cavaliere e gli donò uno stemma con uno schiavo incatenato; Sir Francis Drake (1540–1596), cugino di John Hawkins, forse il più famoso dei sea-dogs, per sue imprese nel Mare Caraibico spagnolo si guadagnò il soprannome di El Draque (il Dragone). Insignito del titolo di cavaliere da Elisabetta, fu il comandante in seconda della flotta inglese che sconfisse l’Invincibile Armata nel 1588; Sir Walter Raleigh (1552–1618), noto sea dog e favorito di Elisabetta I, scoprì le coste dell’America settentrionale nel 1584 (che ribattezzò col nome di Virginia). Caduto in disgrazia, fu decapitato. Un libro molto coinvolgente, corposo di 414 pagine che si leggono tutto d’un fiato, con tanti personaggi storici, tra analisi di problemi socio-economici e politici e luoghi illustrati con dovizie di particolari, ricavati da fonti storiche, come evidenziano mappe e ampia bibliografia. In uno stile scorrevole, l’autore svela verità celate, racconta episodi inediti, nel mito ma anche “fuori dal mito”, poiché “la pirateria consentiva in fondo, a chi la praticava, una scalata sociale che in condizioni normali gli sarebbe stata interdetta”, una società in cui i pirati fornirono un supporto armato a guerre economico-politiche tra gli stati europei per il dominio sui mari. Dalle note biografiche apprendiamo che Matteo Liberti è nato a Roma nel 1977, si è laureato in Storia Contemporanea alla Sapienza Università di Roma e ha poi conseguito un master in Storia e Storiografia multimediale. Giornalista e divulgatore storico, dirige il periodico mensile «InStoria, rivista online di storia e informazione», da lui stesso fondato nel 2005. Collabora inoltre attivamente, dal 2008, con il magazine «Focus Storia» e con altre testate del mondo Focus. Giovanna D’Arbitrio Diritti di copyright riservati |