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Rubrica: PASSATO E PRESENTE

La marcia su Roma (Laterza, 2006)

I FASCISTI CORRONO A ROMA

E LA CONQUISTA DEL POTERE È PIU’ FACILE DEL PREVISTO di Giulia Albanese
giovedì 28 settembre 2006

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Argomenti: Giulia Albanese

La marcia su Roma di Giulia Albanese (Laterza, 2006) costituisce una utile ricostruzione, basata su precisi documenti archivistici, dell’operazione che portò Mussolini al potere. Si pensa sempre di sapere tutto sugli eventi storici più noti, ma poi si trovano ulteriori carte o testimonianze che consentono di meglio approfondire taluni aspetti. Ed è proprio questo il caso di un libro che riesce a mettere insieme a sistemare tanti tasselli di un mosaico che può così far conoscere, con maggiori dettagli, taluni momenti ed episodi di quel difficile passaggio storico. Sino a quale punto gli squadristi erano consapevoli degli obiettivi da conseguire? Perché l’esercito non intervenne? Perché il re cedette alla forza di un manipolo di poco più di 15 mila giovani male armati?

L’A. mette in rilievo significative circostanze, descrive l’ambiente psicologico dei “marciatori” e dell’accoglienza (non tanto benevola) dei romani, e riferisce poi molto bene sui primi provvedimenti di polizia e di restrizione nei diritti politici subito disposti dal nuovo governo. La composizione di questo già indica quali siano le forze che traggono giovamento dalla sconfitta della democrazia liberale. Anzi occorre sempre riflettere su tre provvedimenti assunti dal Consiglio dei Ministri del 31 ottobre ’22: abolizione delle imposte sui sovraprofitti di guerra, abolizione della nominatività dei titoli azionari (leggi varate dal governo Giolitti del ’20 per colpire la speculazione finanziaria, molto contrastata da ambienti vicini alla Chiesa) e l’abolizione del monopolio statale delle assicurazioni sulla vita (votata anch’essa da Giolitti all’inizio degli anni ’10). Niente meglio di queste leggi indica il carattere classista del nuovo regime. E Camera e Senato approvano d’urgenza e con voti larghissimi quei provvedimenti che s’inseriscono nell’orientamento scelto dal fascismo. Eppure il Senato era costituito da anziani parlamentari o magistrati o alti funzionari di matrice liberale, nella Camera i fascisti erano solo 40, quindi la maggioranza uscita dalle elezioni del ’21 era in grado - volendo - di votare contro. Ma il Parlamento nel suo complesso avallò la scelta compiuta dal re a favore di Mussolini. Chi votò contro? Non dimentichiamolo: i socialisti (che si sono divisi alla vigilia della “marcia”), i comunisti (sino allora indifferenti al crollo delle istituzioni rappresentative), i pochi repubblicani e qualche parlamentare di tradizione democratica. Tutt’altro fece il partito cattolico per antonomasia, il PPI che - contro la volontà del suo segretario, Sturzo - entrò addirittura al governo, con due ministri ed alcuni sottosegretari. Risulta così evidente come un “colpo di mano” venne accettato dalla Corona e dai più alti organi istituzionali nella complicità dei conservatori e dei gruppi legati alla Chiesa. Era allora pensabile che quella marcia potesse essere fermata?

Dobbiamo alla giovane ricercatrice dell’Università europea di Firenze un vivo apprezzamento per la ricerca e un ringraziamento per aver riproposto un percorso spesso trascurato dalla nostra storiografia (e l’Albanese si dimostra seriamente ferrata su questo punto, come si avverte leggendo le sue rigorosissime note) e soprattutto dalla pubblicistica corrente. Una considerazione finale: la “marcia” è la prima prova in Europa di un esautoramento della rappresentanza politica costituita secondo il perfetto modello istituzionale liberal-democratico per sostituirla con un governo delle minoranze attive di segno conservatore in contrapposto alle rivoluzioni russa e tedesca e non poteva quindi non trovare il sostegno dei gruppi economici interessati a tale tipo di soluzione. In questo senso ben se ne avvide il giovane Curzio Malaparte nella sua icastica storia di quei giorni.



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