Rubrica: EVENTI

MONET illumina il Grand Palais

La visione interiore del pittore ubriaco di luce
domenica 17 ottobre 2010

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.

Dopo trent’anni finalmente il giusto omaggio al mitico artista, che nelle mostre precedenti offriva di sé aspetti parziali e non adeguati alla spessore corposo della sua poliedrica personalità artistica.

Una straordinaria retrospettiva in suo onore é in corso fino al 24 gennaio 2011 nelle accoglienti gallerie nazionali dei Campi Elisi di Parigi. Una insolita folla di visitatori francesi e stranieri attende pazientemente il proprio turno per potere ammirare e magari sostare un po’ davanti al prodigio di tanti capolavori, molti dei quali già noti agli appassionati, ma che rinnovano in ogni caso l’incanto del primo contatto, perchè la bellezza è sempre emozione.

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Manifesto della mostra

E’ una mostra importante per la quantità e per la qualità delle opere esposte, forse l’evento culturale europeo più significativo del momento.

Quasi duecento tele, di cui ben più della metà sono di provenienza estera, alle quali si aggiungono quelle già famose del museo d’Orsay. Sono inoltre tutti dipinti notevoli e di fama internazionale. Mancano le sue opere minori e forse quelle meno felici. L’inizio della visita è segnato da un quadro che ritrae una parte della foresta di Fontainebleau, punto di partenza di quella indagine sulla natura cosi’ cara a Corot e alla scuola di Barbizon.

Ma sarà la costa della Normandia ad attirare l’attenzione di Monet (1840-1926), quel luogo felice della sua prima giovinezza: le Havre, dove era cresciuto con l’odore del mare ed il suo vasto orizzonte. Claude ci racconta la poesia del tempo grigio nel primo quadro da capogiro della sala: ’La Spiaggia di Sainte Adresse’ (Fig.1). E’ un lavoro del 1867 e proviene da Chicago. Già si nota il modo particolare di trattare la luce. In lontananza le vele scure ricordano la moda delle stampe giapponesi vigente all’epoca.

Dello stesso anno è :’La terrazza di Sainte Adresse’ (Fig.2), uno dei cosiddetti quadri inamovibili, eppure New York l’ha prestato per l’occasione. Vi si puo’ godere la bellezza di una rappresentazione gioiosa: un momento di relax comodamente seduti al sole davanti al mare. Sul litorale di Trouville c’é tutta la dolcezza della vacanza. Non solo i Nobili ma anche i Borghesi possono ormai godere della villeggiatura, grazie alla nuova ferrovia che collega Parigi alle città costiere del nord. In un piccolo quadro dal nostalgico sapore proustiano: ’L’Hotel delle rocce nere di Trouville’ il vento modifica le forme degli oggetti, perchè Monet vuole soprattutto rendere il tempo che aleggia in quel momento. Spesso nei suoi quadri sono le precipitazioni atmosferiche il vero soggetto. Percio’ ritrae la moglie Camilla con l’ombrello ed il figlio Giovanni (Fig.3), mentre il vento soffia sia da ponente che da levante.

La scelta del logo della mostra é caduta su un quadro delizioso del 1866 proveniente dagli Stati uniti: ’Donna in giardino’ (Fig.4), in cui il contrasto tra l’elegante figura femminile in bianco col parasole ed il verde lussureggiante del giardino in fiore é di una pregnanza superba.

’Il mare grosso ad Etretat’ (Fig.5) del 1868 comunica la forte sensazione di stare in mezzo alle onde del mare. La mano di getto dopo aver reso cosi’ reale la schiuma bianca dell’impatto violento, abbozza soltanto con semplici tratti lineari lo strapiombo della scogliera. I personaggi sono accennati, ma si percepisce il loro stupore nell’essere pervasi e travolti dalla natura. Qui come altrove servono come misura della scala.

Una volta, preso dalla follia di catturare l’attimo fuggente di un’onda sulla roccia, cadde con tutto il cavalletto in acqua.

Più di tanti altri artisti Monet si ostinava a penetrare il segreto della natura, che sembrava conoscere profondamente, anche se non era sempre contento dei risultati e talvolta distruggeva le sue opere. Per sapere come rendere un albero o il mare, occorre osservarne i vari e successivi momenti della loro esistenza. Questo studio attento era alla base del suo lavoro.

Egli vedeva dove gli uomini comuni non vedono.

Stupefacente é l’effetto luminoso della neve sul paesaggio: un miracolo della retina, trasposto sulla tela. ’La cornacchia’ (Fig.6) del museo d’Orsay é sensazionale per la luce abbacinante del bianco immacolato. Nel ’Ghiaccio sulla Senna’ (Fig.7) addirittura si sentono i brividi del freddo per la resa della rigida tonalità invernale.

Nel 1869 dipinge i bagnanti felici di un’isoletta sulla Senna, ’La Grenouillère’ (Fig.8), di provenienza londinese, soggetto ripetuto da altri pittori come lui, che lavoravano en plein air: Manet e Renoir. E’ l’inizio della tecnica per tocchi di pennello rapidi e vicini. La novità è formidabile: l’acqua si muove veramente. Le teste dei ragazzi che si fanno il bagno sono trattate come le onde, gli stessi tocchi, un po’ più curvi. Il soggetto si perde, mentre l’incidenza della luce sulla materia si fa sentire fino al trionfo finale delle ninfee, che invadono tutta la tela in una percezione decisamente astratta.

Le opere successive interessano il periodo di Argenteuil, quello dei famosi ’Coquelicots’ (i papaveri). ’Il ponte della ferrovia’ del museo di Filadelfia nella doppia versione alla luce del sole e al crepuscolo è uno studio fenomenale dell’impatto della nube di vapore nel cielo allo stesso modo dei riflessi nell’acqua. Un tipo simile di analisi dell’aria, riportato egregiamente sulla tela, è quello che farà piantando il suo cavalletto nella stazione di Saint Lazare (Fig. 9), emblema del progresso. E’ il treno che dalla Normandia arriva a Parigi, ormai città industriale e moderna. Il quadro è immobile ma Monet suggerisce la visione del fumo che inonda tutto.

Nel 187O sposa Camilla, già modella di tutti i suoi ritratti (Fig.10 - 11). Presente ugualmente nei vari volti femminili del celebre ’Déjeuner sur l’herbe’ (Fig.12) il cui bozzetto, reliquia preziosa é solo momentaneamente visibile, in quanto proviene da San Pietroburgo. Due anni dopo lo scandalo del quadro di Manet, nel 1865 Monet esegue una replica del soggetto, ma Courbet, patriarca della pittura all’epoca, non lo trova meritevole e il giovane intimidito non lo completa. L’opera é smembrata, ma la mostra parigina permette di vedere le varie parti qui riunite.
Sono gli anni del rifiuto dei suoi lavori; ha bisogno di essere aiutato economicamente ed ecco che i suoi amici da Bazille a Renoir e Manet gli vengono incontro. Dopo la parentesi londinese che comunque gli permette di conoscere quella maniera delicata di trattare la luce di Turner, nel 1874 grazie ad un suo quadro ’Impression soleil levant’ (Fig.13), manifesto del nuovo movimento, nasce l’Impressionismo. Quest’ultima opera appartiene al museo Marmottan, seconda tappa del circuito di visita della mostra in itinere. La terza é costituita dalla visita al giardino di Giverny, alla periferia di Parigi. Ci sarebbe da fare, per avere un’idea completa dell’artista, una quarta tappa al museo dell’Orangerie delle Tuileries, dove il caro e vecchio amico Clémenceau (Fig.14) realizzo’ il desiderio della sua imperitura memoria, ricreando le condizioni del suo atelier. Nell’ovale della sala giacciono le ninfee, vero testamento della sua avventura interiore.

Esempio massimo di decoro e di cattura dell’effimero, due elementi fondamentali della linea evolutiva di tutta la sua ricerca.

La mostra parigina mette in evidenza l’abilità pittorica dell’artista in grado di trattare qualsiasi genere ad alti livelli dal ritratto alla natura morta, dal paesaggio fluviale alle marine fino all’esaltazione di un semplice fiore come la ninfea, la cui bellezza lo stordirà conducendolo all’astrazione più completa.

Gli anni ottanta segnano il primo ritorno ai lavori precedenti, ancora di più negli anni novanta si nota quel sentimento di nostalgia dei luoghi fonte d’ispirazione delle sue opere. Rivisita gli stessi paesaggi, usando tecniche di colore nuove, come la parete rocciosa di Etretat, in cui virgole e riccioli di pittura sono all’origine di nuove vibrazioni visive.

A Vetheuil muore la sua dolce Camilla dopo avergli dato il secondo figlio. Il ritratto della sua compagna sul letto di morte è sublime a vedersi: un velo morbido di bianchi e azzurri protegge il suo riposo (Fig.15).

Con Renoir fa il suo primo viaggio in Italia. Soggiorna a Bordighera, dove esegue un dipinto: ’Il giardino Moreno’, quadro proveniente dalla Florida, in cui si nota la vicinanza allo stile del suo compagno impressionista.

Dal 1883 fino alla morte risiede a Giverny. Crea un giardino eccezionale con un ponte giapponese (Fig.16) ed una infinita varietà di piante e fiori (Fig.17). Continua ad usare il suo atelier-bateau allo scopo di studiare le minime oscillazioni luminose.

Viaggia molto; si reca in Norvegia a Cristiana (oggi Oslo), facendo una traversata rocambolesca al fine di studiare l’effetto del freddo nordico sul paesaggio. In realtà non era solo l’istantaneità della neve a colpirlo ma anche il momento fugace del gelo. Come avverrà allorquando negli anni novanta s’intestardisce a rendere l’inafferrabile di per sé, riproducendo una serie di covoni dall’attimo del plein soleil a quello della gelée blanche (Fig.18) del museo di Edimburgo.

Ripete all’infinito lo stesso oggetto, cogliendolo al volo del tempo che passa inesorabilmente. Monet quasi disperato inseguiva la natura senza potere afferrarla. Con tale ossessione dipinge ’I Pioppi’ di Giverny e quella ventina di facciate della cattedrale di Rouen (Fig.19).

Proust, allievo di Bergson, amava molto il pittore ubriaco di luce e fino alla fine dei suoi giorni si recava ogniqualvolta gli fosse possibile alle sue mostre. L’autore del ’Museo immaginario di Marcel Proust’ Eric Karpeles dice che come Monet si é reso conto che un quadro poteva essere composto da più tele cosi’ il romanzo di Proust é composto da più volumi.

Ancora un viaggio a Londra dove pure si affanna a rendere quella grigia atmosfera, difficile, complicata per la presenza della nebbia. Ed ecco il sole che buca quasi la coltre brumosa per irrompere con i suoi raggi sull’acqua del Tamigi (Fig.20).

Negli ultimi anni scopre l’incanto di Venezia, dove si reca con Alice Hoscedé, sua nuova compagna (Fig.21). Sono visioni sfumatissime, le cui tinte delicate si dissolvono verso il rosa e l’azzurro: pure impressioni (Fig.22). Sono visioni misteriose, grandiosamente poetiche di una città galleggiante sospesa tra le brume; la stessa, più volte cantata e celebrata da Ruskin, Turner e Whistler.

’Ammiro le vostre Venezie come la più alta manifestazione della vostra arte’ Paul Signac. Claude Monet muore nel 1926 nella sua amata Giverny alla veneranda età di 86 anni e quando arriva il ministro della guerra Georges Clémenceau esclama: ’pas de noir pour Monet (niente nero per Monet)’, strappa una tenda con i myosotis e la sostituisce al manto nero della bara.

ELVIRA BRUNETTI



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