Rubrica: TERZA PAGINA

Il potere della parola

mercoledì 26 maggio 2010

Argomenti: Opinioni, riflessioni

Le parole non sono che uno strumento magico e meraviglioso, la cui bontà va verificata da noi stessi, senza delegarne il compito a nessuno

Se è pur vero che la comunicazione va oltre l’uso delle parole e che si può comunicare anche col linguaggio del corpo, col linguaggio delle emozioni, col linguaggio dell’arte e delle immagini e, persino, col linguaggio del silenzio, (ci sono parole che danno gioia o feriscono, ma ci sono anche silenzi che uccidono), è altrettanto vero che sono le parole che hanno il potere di veicolare i sentimenti, di evocare atmosfere, di costruire i rapporti interpersonali. Siamo convinti di ciò, confermati nella nostra opinione da un concetto che qualcuno (Carlo Levi, ad esempio, che ha scritto un bel libro intitolato così) ha sintetizzato con una espressione molto efficace: ‘le parole sono pietre’, intendendo probabilmente che le parole acquisiscono grande potere da una loro immensa concretezza, che non è visibile ma è tuttavia reale e quantificabile. Talvolta, e non solo presso popoli primitivi, le parole sembrano  assumere il valore di formule magiche. Mi sovviene a tale proposito quanto enormemente suggestiva sia una immagine evocata nel biblico ‘Genesi’, quella del Creatore che pronuncia la formula ‘sia la luce’, e dal nulla oscuro scaturisce un’esplosione di luce e i mille astri dell’universo cominciano a risplendere. E’ stupenda, sembra di vederla!

 Ma proseguiamo l’affascinante lettura del Genesi fino al capitolo 27. Siamo lontani dalla spettacolare kratofania di prima, non è più la parola divina a scatenare una manifestazione di potenza cosmica, è su quella di un uomo che appuntiamo la nostra attenzione. E’ la parola di Isacco che, ormai cieco, è stato ingannato dall’astuzia di Rebecca e di Giacobbe che si è spacciato per il fratello maggiore e gli ha estorto la benedizione e quando Esaù gli rivela l’inganno, e chiede quanto gli spetta, non può che rispondergli che la benedizione è una sola, che ormai è stata pronunciata e che a lui non resta che servire il fratello e, semmai, dovrà ribellarsi a lui per riscattare la sua libertà. 1000000000000190000001408FA3BE06La benedizione, come peraltro anche la maledizione, una volta pronunciata ha vita autonoma, è una realtà ineliminabile, diventa addirittura, in quel caso, un asse ereditario indivisibile. Anche in epoca successiva, quando la parola si addensa di pensiero e diventa sapere e prima Platone, e poi Aristotele, ne fanno il mattone con cui costruiscono le fondamenta della nostra cultura quel tanto che viene a perdere di potere intrinseco, di valore totemico, la parola acquista in efficacia comunicativa.

In una società come quella che viviamo noi se raccontassi a uno dei miei nipoti che non è tanto lontano, perché io stesso lo ho veduto, il tempo in cui la parola di un uomo era sufficiente a garantire l’adempimento di un contratto di compravendita di una vacca o di locazione di un fondo, ossia che una parola di impegno seguita da una stretta di mano equivaleva per la gente onesta alla stipula di un contratto in carta da bollo firmato alla presenza del notaio e da lui regolarmente registrato, penserebbe che alla mia età non sia più prudente che viva da solo in casa e comincerebbe a cercarmi una badante. Pertanto non glielo dico, eppure era proprio così!

Ma non si pensi che quella fosse l’età dell’oro. Ciò era possibile per la buona ragione che si misurava dalla parola il valore dell’uomo e ad essa era legata la sua credibilità. A questo fine la parola doveva  necessariamente essere una ed una sola. Della donna che era ancora persona minore che necessitava di tutela si diceva invece che è mobile, qual piuma al vento,  muta d’accento e di pensier, e non in senso dispregiativo ma come un vezzo ulteriore. Lei non era tenuta ad essere credibile, ci doveva essere un uomo a garantire per lei.

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Giotto - Isacco respinge Esaù, Assissi, Basilica di San Francesco

E’ infine è ben vero, anche se non tutti se ne rendono conto, che in questa nostra epoca mediante la cultura di massa la maggioranza dei soggetti è stata anche espropriata della parola e, sopratutto, del potere che a lei s’accompagna, e che la gente seguita a ripetere senza neanche rendersene conto solo ciò che le viene scientificamente imbeccato dagli addetti ai lavori.

In un’epoca di transizione storica come l’attuale nella quale non si palesano né la presenza né tanto meno l’azione di autentici statisti, o almeno di un ceto politico di livello adeguato alle necessità, maggiore è l’inadeguatezza di costoro rispetto ai loro compiti più grande deve essere lo sforzo e la loro abilità di giocolieri nel suonare il piffero, per incantare la gente senza in realtà nulla dire. E anche queste loro sono parole, e di grande efficacia! Attenzione! Ricordiamoci sempre che le parole sono in realtà solo un meraviglioso e magico strumento, la cui bontà va puntualmente verificata da noi stessi, senza delegarne il compito a nessuno.



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