Rubrica: CULTURA

Sartre trent’anni dopo

La voce dell’intellettuale impegnato che dominò il suo secolo
mercoledì 26 maggio 2010

Argomenti: Letteratura e filosofia

"Non amavo altro che le parole... Avrei innalzato cattedrali di parole sotto l’occhio azzurro della parola cielo." Cosi’ si esprime Jean Paul Sartre (1905-1980) (Fig.1) nella sua famosa autobiografia:"Les mots" scritta nel 1963 (Fig.2). Una riflessione saggistica che ruota intorno ai suoi nove anni. E’ il vecchio che si cerca nel bambino scoprendo che il bambino è già il vecchio in un continuo gioco di riflessi e di immagini. Senza sapere ancora scrivere Poulou aveva già divorato tutti i libri della biblioteca del nonno alsaziano, il professore Charles Schweitzer. Scopri’ allora la sua vocazione letteraria. Il libro come segno di contrapposizione a quella contingenza inesorabile per cui è vaga ogni nascita ed ogni morte. Se il mio corpo perisce posso tuttavia crearmene un altro "non logorabile", "un corpo di gloria", cosi’ lo chiama Sartre. Andando indietro con la memoria dalla fine all’origine in un’analisi profonda lo scrittore rivendica "l’esistenza di un ordine nella natura inverso e segreto che concatena le varie cause". Nell’opera in questione egli ci fa vedere con degli esempi come alcune parole prefigurino il destino delle persone. Premonotrici della sua cecità futura furono infatti quelle rivolte alla mamma per rassicurarla, nella penombra della montagna di libri: "Leggo anche al buio".

Una relazione assurda e sibillina è quella che lega il destino di Pablo a quello di Ramon nel racconto"Le mur"(1939). Il primo non andrà al muro, non sarà fucilato, nonostante si fosse talmente abituato all’idea della morte, da sentirsi a dir poco estraniato come corpo ancora vivo. Il secondo sarà preso al cimitero e perirà. Entrambi seguono un misterioso filo invisibile che intreccia e inchioda le loro sorti. Pablo non riesce a sfuggire alla sua "esistenza". Ramon pensa di farla franca, poichè nessuno è al corrente del suo nuovo nascondiglio e invece muore, perchè proprio l’amico senza volere lo tradisce con le parole.

Lungi dall’essere solo un mero esercizio di letteratura, le parole sono state un mezzo per esprimere un pensiero filosofico, "L’Esistenzialismo", nel quale tutta una generazione nel trentennio successivo alla seconda guerra si è riconosciuta.

E’ vero cio’ che dice Vladimir Nabokov nel 1973: "Il nome di Sartre è associato ad una marca di filosofia da caffè molto di moda"(Fig.3). Basti pensare alla notorietà dei Cafés Brasseries "Lipp" il "Flore"(Fig.4) "Aux deux Magots" di Saint Germain des prés, in quanto frequentati assiduamente dalla coppia celebre del momento, Jean Paul Sartre e Simone De Beauvoir(Fig.5) - lui prendeva il Martini e lei il Gynfizz - La sera andavano nelle Caves (Fig.6), dove rimbombava la musica jazz, Camus ballava il boogie, Juliette Greco cantava la malinconia dell’esistenza (Fig.7) e tutta Montparnasse era con loro (Fig.8).

In effetti era stata la guerra l’evento che aveva cambiato la sua vita. Di ritorno da essa comprende l’importanza dell’impegno. Dalla Resistenza alla Rivoluzione, sarà una tentazione ossessiva. Scrive sui giornali; organizza conferenze, famosa è quella del club Maintenant dal titolo "l’Esistenzialismo è un Umanesimo"(Fig.9) - Gli uomini non sono spiriti ma corpi in preda al bisogno -

Le parole sono azioni e solo le nostre azioni ci giudicano.

Si completa la triade incentrata sulle parole, dalla letteratura attraverso la filosofia fino alla politica. Forte come esperienza attiva, tuttavia, quest’ultima non saprà cancellare la sua missione di scrittore, nè la sua inquietudine estetica. Si occuperà di teatro(Fig.10), che rappresenterà per lui il mezzo privilegiato per diffondere le tesi esistenzialiste. Amava Tintoretto ed il suo saggio su di lui resterà frammentario e incompleto. S’interesso’ all’opera di Giacometti e a quella di Calder. Cosi’ come incompiuto resterà il suo libro su Flaubert "L’idiot de la famille".

Ma forse la cosa più importante fu la creazione della rivista "Les Temps Modernes", in cui compare la prima elaborazione della teoria dell’impegno.

Se Sartre non fosse sceso in campo in numerose occasioni, se non avesse tanto viaggiato e abbracciato i problemi del mondo intero, per difendere i diritti civili, in primis quello della libertà, non sarebbe stato quella figura di intellettuale impegnato alla ribalta culturale per mezzo secolo.

Dall’appello a favore del boicottaggio delle Olimpiadi in Messico alla condanna dell’invasione sovietica in Cecoslovacchia il mondo intero l’ha visto in prima linea. Protesta per l’espulsione di Soljenitsyne; presiede una conferenza contro la guerra in Vietnam. Nel conflitto arabo-israeliano si dichiara amico degli Ebrei e allo stesso tempo perora la causa palestinese. Con la sua compagna fedele, Simone De Beauvoir,(Fig.11) va in Cina ed in seguito sempre con lei al suo fianco vende per strada il giornale maoista La cause du peuple di cui assume la direzione. Al momento giusto è a Cuba con il Che e Fidel Castro (Fig.12).

Mai un funerale ha raccolto più gente. Il 15 aprile del 1980 cinquantamila persone accompagnarono le esequie del famoso scrittore dall’ospedale fino al cimitero di Monparnasse. Qualcuno lo ha salutato come l’ultimo attore del ’68 (Fig.13).

Con lui inizia e finisce il tempo dell’intellettuale impegnato. In fondo Sartre, seppure un combattente, era un idealista e Camus aveva già decretato la fine di tutte le ideologie. Sartriani e Camusiani ancora discutono sull’Esistenzialismo.

Ma oggi in un paese come l’Italia, in cui al governo c’è un partito il PDL che rivendica la libertà, ci sarebbe da interrogarsi sul significato di questo valore, alla luce non solo del pensiero quanto dell’azione del "filosofo della libertà".

In quella stagione sessantottina c’erano ancora ideali. Basti pensare a Pier Paolo Pasolini, la cui voce si levo’ come un grido disperato nella poesia "Alla mia nazione" - proprio perchè sei esistita ora non esisti... sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo - L’amara denuncia del nostro intellettuale, che prese sulle spalle la sofferenza dell’uomo nella sua storica miseria, rimanda in qualche modo al sapore esistenziale sartriano. "Ho saputo, eccome ho saputo! che dopo ogni impegno c’è di nuovo il vuoto e occorre nuovo impegno". E chi più di Pasolini ha visto nella Resistenza quella pura luce, che poteva essere una nuova rivoluzione?

Per noi meridionali Roberto Saviano è stato un faro che si è acceso improvvisamente nella notte buia della camorra, alimentando sogni e speranze, ma ora ha accettato di fare una trasmissione televisiva. Non si puo’ essere scrittore impegnato e fare lo showman.

Jean Paul Sartre con determinazione e fedeltà ai suoi principi rifiuto’ coraggiosamente il premio Nobel nel 1964.



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