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Rubrica: ITINERARI E VIAGGI

GRAND CANYON

Apriamo insieme una piccolissima finestra su un viaggio indimenticabil
sabato 4 aprile 2009

Argomenti: Luoghi, viaggi
Argomenti: Ricordi

Apriamo insieme una piccolissima finestra su un viaggio indimenticabile

Vorrei iniziare questo breve racconto prendendo in prestito le parole di un grande scrittore napoletano che amo particolarmente, Erri DE LUCA: “ Viaggiate. Il più possibile, a qualunque età. Per vedere cose mai viste. Per apprezzare la vita di chi ha altre culture, altre tradizioni. Per portare a casa un pezzo di chi è lontano “ . Anche io mi ritrovo in quelle parole, in me è sempre scattato il desiderio di viaggiare, di conoscere posti, storie, persone mai viste e soprattutto scoprire cosa la natura è in grado di creare nelle situazioni più impensabili.

Quell’estate partimmo carichi di speranze, attese, curiosità …….l’AMERICA era lì ad attenderci e con essa la vera meta del nostro nuovo viaggio: il Grand Canyon. Avevamo fantasticato spesso su questo luogo ed avevamo immaginato la sua bellezza, intravista in molteplici documentari, ma speravamo che il fatto di “essere lì” avrebbe potuto riservarci nuove sorprese e, soprattutto, avrebbe potuto entusiasmarci più di qualsiasi racconto.

Arrivammo nella South Rim del Grand Canyon al tramonto, dopo qualche ora trascorsa su di un GREYOUND (uno dei grandi pullman che attraversano in lungo e in largo gli Stati Uniti d’America); incredibile come senza accorgercene la strada ci aveva portati a 2.000 metri di altezza, nella parte settentrionale dell’ARIZONA. Una volta scesi dal pullman iniziammo ad intravedere quello che tutti ci avevano descritto come lo spettacolo della natura che non ha paragoni al mondo; è incredibile pensare alla sua estensione: 446 km ……… quasi la distanza tra Roma e Milano.

Una tale meraviglia si è svelata agli occhi degli europei solo nel 1540 (i primi che riuscirono ad ammirarla furono gli spagnoli): il fiume Colorado, che tuttora scorre alle pendici degli altopiani, mette a nudo rocce formatesi oltre un miliardo di anni fa, e il territorio è ancora popolato dagli indiani Navajos, popolo nomade e guerriero che dal 1868 vive confinato in inaccettabili “riserve indiane”. Le acque, il vento e lo scorrere del tempo hanno creato una incredibile ragnatela di spettacolari formazioni rocciose che cambiano colore a seconda dell’ora del giorno e delle stagioni, incorniciando panorami davvero ineguagliabili.

Qualche ora dopo eravamo seduti al Ristorante del nostro Hotel (un albergo che sorge ad alcuni passi dal confine del South Rim, una costruzione in pietra nativa e pino dell’Oregon, un po’ rustico, rifugio da caccia in stile europeo della fine del secolo) e consumavamo una cena a base di patatine e carne che, a dire il vero, non invogliava neanche un po’ e non sembrava neanche lontana parente degli appetitosi e succulenti arrosti nostrani; al contrario, la camera dell’albergo prometteva un sonno ristoratore, senza rumori che potessero essere di disturbo.

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South Rim - Gran Canyon

All’approssimarsi dell’alba scivolai via dal comodo letto, mi infilai un paio di jeans, una t-shirt ed un maglione …..che speravo potesse ripararmi dal freddo di quella strana, fascinosa ed impenetrabile alba (pensate che d’estate la temperatura massima supera decisamente i 30 gradi, mentre la minima puo’ scendere anche sotto i 10 gradi !).

Misi sulla spalla la vecchia macchinetta fotografica Canon reflex che mi aveva accompagnato ovunque ed uscii furtivo dall’Hotel; mi incamminai lungo un viottolo di terriccio rossastro, al lato del quale vi erano piccoli imprecisabili arbusti corrosi dal vento e dal sole.

Ancora nella penombra intravedevo in lontananza le transenne che delimitavano lo strapiombo verso il Colorado River; da buon Italiano ruppi le regole e, contando sulla pressoché totale assenza di esseri viventi accanto a me, oltrepassai le transenne fermandomi proprio al limitare dello strapiombo.

Ancora oggi, dopo molti anni, faccio difficoltà a trovare le parole giuste per trasmettere l’emozione di quel momento: girando il capo a 180 gradi vedevo solo montagne rocciose, erose nei secoli da un Colorado River che si presentava ai miei occhi come un lontanissimo, sinuoso e lunghissimo serpente verde che, a malapena, riuscivo ad intravedere alla base delle montagne.

Chissà come diavolo aveva fatto a scavare per millenni quelle rocce così apparentemente infrangibili ! Quel paesaggio, i colori dell’ alba che man mano delineavano le stratificazioni dei monti colorandole di incantevoli tonalità rossastre e, soprattutto, il silenzio “pieno e coinvolgente” mi portarono inevitabilmente a pensare che se un Dio esiste….ed io credo che esista… quel Dio non poteva che essere lì .

Troppo enorme, maestoso, immenso quello scenario mozzafiato per non pensare a qualcuno o qualcosa di sovraumano. Io che amo la Fotografia e che scatto decine e decine di foto in ogni situazione, in quell’ alba riuscii a fare solo un paio di fotografie, rotto dall’ emozione e letteralmente frastornato da tanta bellezza.

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Noi e il Gran canyon

Più in là, nel corso della mattinata mi riunii alla mia Manuela e con lei proseguii alla scoperta del territorio; l’incontro che ricordo con maggiore simpatia è stato quello con il classico uomo del FAR WEST, il cow-boy dei nostri giochi e dei nostri sogni di bambini, che si era incarnato e ci appariva in groppa ad un puzzolente mulo, entrambi intenti a seguire con attenzione un impervio sentiero in una ripida discesa ………sentieri di pionieri e di indiani, condivisi con gli ospiti millenari di queste terre: aquile, puma, castori, scoiattoli.

Ho voluto aprire questa piccola finestra sul ricordo di quell’indimenticabile viaggio per tentare di raccontare la meravigliosa sensazione trasmessami dal Grand Canyon, mi rendo conto però che è impossibile da descrivere adeguatamente. Guardandolo con tenerezza dall’oblò dell’aereo che ci riportava a casa, sembrava proprio “una grossa cicatrice nella crosta della terra!”.

P.S.

Ndr: tutte le fotografie (eccetto l’ultima) sono state gentilmente concesse dal fotografo Paolo ROMANI.



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