Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE

Conflitto e democrazia, 1650-2000 (Bruno Mondatori, 2007)

LE STRADE DELLA DEMOCRAZIA NELL’EUROPA MODERNA

in un denso studio di Tilly
giovedì 18 dicembre 2008

Argomenti: Storia
Argomenti: Charles Tilly

Charles Tilly è uno dei grandi storici, meno noto in Italia di quanto meriterebbe giacché i suoi studi costituiscono un insieme di articolati approfondimenti che danno all’Europa un senso preciso e complesso per comprenderne le dimensioni morali ed umane.

In Conflitto e democrazia, 1650-2000 (Bruno Mondatori, 2007) egli ha ripercorso – come egli stesso scrive nella prefazione – le orme del suo maestro Barrington Moore J., pur distaccandosene nell’oggetto specifico di questo libro, per sottolineare come gli aspri conflitti tra le maggiori potenze si siano intersecati con le modifiche all’interno dei rispettivi sistemi politici. Lo stesso problema dei “regimi” s’inserisce nel più ampio contesto delle cause economiche, etniche, politiche, cosicché – prosegue – le rivoluzioni intervenute rispondevano ai caratteri propri dei paesi nei quali si sono svolte, con una tendenza – afferma – verso la democratizzazione.

Ed ancora ad un perfezionamento del metodo democratico lo studioso guarda affinché possano rimuoversi quelle disuguaglianze e quelle limitazioni delle libertà che pesano sul destino delle nazioni. Una realtà quest’ultima, quella delle nazioni, sulle quali egli in passato ha potuto identificare un nodo essenziale per comprenderne gli eventi.

Aspirazioni di ceti sociali, lotte cruente nelle strade e nei parlamenti, identità, forme statuali conducono ad uno sviluppo e ad una diffusione di cambiamenti nelle istituzioni e nei mezzi di comunicazione sì da predisporre quel processo positivo capace di resistere ai ritorni di pratiche non democratiche. Sono soprattutto le variazioni nelle relazioni tra i cittadini a misurare l’entità dei progressi. E la crescita economica ha luogo o meno proprio in relazione a quelle connessioni tra individui dalle quali nascono le istituzioni in grado di estendere partecipazione politica e godimento dei diritti. Le singole operazioni, dalla riduzione del controllo dei nobili sulla gente comune alle espropriazioni di beni per interesse pubblico, dai conflitti popolari alle esperienze di strutture innovative, sono aspetti e momenti di una congiunta realtà, sulla quale gli studi incrociati di Tilly riescono a fornire, da oltre Manica al Mediterraneo, luci e confronti. Particolarmente da notare l’attenzione prestata alla Svizzera, il cui costante neutralismo ha dato spesso l’impressione di volersi sottrarre alla competizione, ma che invece, proprio per le sue peculiarità – ampiamente analizzate – rivela nei suoi conflitti interni e nelle sue successive modificazioni, le ragioni delle sue scelte democratiche pur nella vivacità di accenti e posizioni, per lo più trascurate.

Naturalmente i punti centrali restano le strategie di lotta in Francia ed in Gran Bretagna, operazioni dalle quali sono maturate opzioni determinanti a livello universale, mentre lo stesso fenomeno religioso si innescava nella vita pubblica. I processi storici (come ad es. la piaga continuativa della violenta sopraffazione inglese sugli irlandesi con la conseguente reattività rivoluzionaria) sono seguiti passo per passo. Il ricorso alle varie riforme è il motivo caratterizzante l’emancipazione civile, gradualmente ampliata, con l’apporto di benefici e vantaggi, riscontrabili nella pratica e non soltanto nelle affermazioni di principio, scrive Tilly. E questo “fare” si rivela nella capacità di superare le fasi di lacerazione, nella diffusione di associazioni aggregate, nella progressiva abolizione di modelli e di leggi ostative al pieno sviluppo dell’individualità e infine nelle più recenti mutazioni – come nel caso dei regimi “post-socialisti”, come vengono definiti i paesi irretiti dai tentativi di costruzione del comunismo. La fine della guerra fredda reca i segni di una più elaborata regolazione della vita civile e politica. La scomparsa del sistema pianificato dell’Urss e l’abolizione di regimi coloniali in tante parti del mondo, hanno rappresentato i due eventi epocali del recente passato, ai quali l’autore dedica specifiche, ampie sezioni.

Rispetto ai regimi autoritari o oligarchici – osserva Tilly – che sostituiscono nelle loro fasi iniziali, i regimi socialisti del XX secolo hanno realizzato spesso una parziale democratizzazione, valorizzando – ecco un punto singolare sottolineato – entità collettive. La stessa deviazione verso l’autoritarismo non contraddice la possibilità logica di una democratizzazione basata sulla rappresentanza collettiva. Con questa originale interpretazione chiudiamo questa nostra nota sul libro giacché permette di meglio considerare il tipo di ricerca seguito dall’autore nel suo lavoro. Gruppi di interessi e movimenti sociali si intrecciano in un dispiegarsi di avvenimenti che hanno segnato la storia moderna: e le potenze occidentali – conclude – non si sono limitate a fornire prestigiosi modelli di democratizzazione ma li hanno anche imposti. Questo concetto preciso illumina sulla misura e l’entità delle spiegazioni fornite nel corso di una disamina così ampia e pluridimensionale.



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