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Rubrica: SCIENZA E DINTORNI

IL MARMO NEI SECOLI

Generalità, storia, curiosità. Un interessante approfondimento su questa meravigliosa pietra
lunedì 6 ottobre 2008

Argomenti: Scienza

1 - Definizione di Marmo

I geologi concordano nel definire il marmo un calcare metamorfico ricristallizzato: questa definizione scientifica é però riduttiva perché comprende solo una ristretta categoria di rocce ornamentali indicate come veri marmi.

Più vasta invece è la definizione commerciale entrata nell’uso comune e codificata delle norme italiane [UNI], francesi [AFNOR] e americane [ASTM]. Essa è essenzialmente fondata sulla durezza del materiale lapideo e si applica alle rocce da decorazione lucidabili prevalentemente costituite da minerali di durezza Mohs dell’ordine di 3-4.

Più vasta invece è la definizione commerciale entrata nell’uso comune. Alla parola marmo, si è voluto dare un significato molto più ampio per comprendervi ogni roccia usata a scopo ornamentale. Ciò da un lato per un richiamo all’etimologia della parola marmo che deriva dal greco e significa risplendente, luccicante e dall’altro per indicare le pietre da decorazione con un solo termine, il più noto fin dall’antichità.

Ne consegue che vengono chiamati marmi anche altri materiali lapidei usati a scopo ornamentale.

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Marmi ornamentali
Da sinistra a destra: granito, breccia, serpentino, marmo bianco, marmo grigio, serizzo, alabastro, marmo rosso, travertino

Tra i marmi commerciali sono dunque compresi, oltre ai veri marmi, numerose altre famiglie di rocce: i graniti, le brecce, i serizzi, i travertini, le dolomie, le brecce calcaree lucidabili, gli alabastri calcarei, le serpentiniti, le oficalciti e numerose altre rocce magmatiche e metamorfiche.

2 – Storia

Già Faustino Corsi nel suo trattato Delle pietre antiche (Roma, 1845): scrisse:

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Avvocato Faustino Corsi

Per pietre da decorazione comunemente s’intendono quelle che a cagione de’ bei colori, delle belle forme delle macchie, e della lucentezza che prendono sono buone da ornare gli edificj, ma che peraltro si trovano in grandi massi, onde formare statue, colonne, tazze, vasche ed ornati di architettura... ed ancora:

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Delle Pietre Antiche
F. Corsi - Trattato sui marmi antichi

La parola Lapis pei latini era generica, com’è per noi la parola pietra, e con essa indicavano quei minerali solidi, impenetrabili dall’acqua, e che non appartengono ai bitumi, alle arene, ai metalli. Per marmora poi intendevano tutte le pietre di decorazione e di ornato, che tagliate prendessero un bel pulimento, deducendo l’etimologia di tal nome dalla voce greca marmairon, che significa risplendere. Per tale principio confondevano tutte le sostanze, e indistintamente chiamavano marmi tanto le terre calcari, quanto le serpentine, i gessi, le basalti, i graniti, i porfidi, i diaspri e qualunque altra pietra: ma i mineralogi riconoscono per marmi quelle sole pietre che sono formate di carbonato di calce, che fanno effervescenza cogli acidi, che percosse dall’acciarino non danno scintille, e che sono capaci di prendere pulimento.

Lasciando da parte alcune imprecisioni che possono essere rilevate dallo studioso di petrografia, le parole del Corsi ci aiutano a mettere ordine in una materia che a volte assume i connotati di una vera e propria babele di nomi: avremo casi in cui una stessa pietra nei secoli ha assunto denominazioni che vanno da quelle frutto della fantasia di scalpellini, a quelle riconducibili a risonanze mitologiche, religiose o magiche.

Esemplificativo da questo punto di vista è il caso del Porfido Rosso Antico,

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Porfido Rosso Antico

detto dai Romani Marmor Lacedaemonium ma anche Lapis Krokeatis, Lapis Lacedaemonius, Lapis Spartanus, Lapis Taygetus, Lapis Croceus, Lapis Smaragdinus e che nella tradizione marmoraria medievale prese il nome di Serpentino.

Prima di proseguire oltre, vale la pena sottolineare, tra quanto affermato dal Corsi, che per i Romani il termine Marmora stava ad indicare tutte quelle pietre passibili di essere lucidate siano esse graniti o marmi s.s. (l’etimologia di marmora sarebbe da riferire alla voce greca marmairon = risplendere), mentre le Lapides erano quelle solo levigabili, come ad es. i tufi ed i travertini.

3 - L’utilizzo delle pietre nell’antichità

Tutto quello che è in noi di più nobile, l’ammirazione dei grandi, la pietà per i sepolti, il culto delle divinità e il riconoscimento plastico dell’estetica, trovano nel marmo l’espressione più grandiosa e duratura. In ogni epoca, dall’antichità ai nostri giorni, le sue molteplici varietà hanno sempre saputo adattarsi alle necessità dei popoli ed alle loro architetture.

L’uomo si valse della pietra alle prime tappe dell’evoluzione civile. Ne fanno fede i monumenti dell’età neolitica giunti sino a noi, sia nel Paesi che si affacciano al Mediterraneo, sia in quelli del Nord, quasi a segnare il percorso delle remote civiltà.

La lavorazione delle pietre si può ritenere sia cominciata con la comparsa dell’uomo sulla Terra: infatti le più antiche testimonianze che gli studi archeologici hanno portato alla luce risalgono al Paleolitico (circa 1,5 milioni di anni fa!) e riguardano le amigdale, armi ottenute scheggiando noduli di selce.

Le amigdale, rappresentando il primo esempio di manufatto lapideo, costituiscono l’aspetto più interessante di questo primo periodo dell’età preistorica a tal punto che al Paleolitico potrebbe attribuirsi, in riferimento proprio ai primi tentativi di lavorazione della pietra, la denominazione di Età della pietra scolpita.

Sempre al Paleolitico risalgono i manufatti trovati lungo le sponde del Nilo, ottenuti lavorando i ciottoli di selce intercalati nelle arenarie nubiane.

Con il Neolitico la realizzazione di oggetti di pietra si fa più elaborata e interessa oltre alla selce, l’ossidiana, rocce quali le ofioliti e marmi cristallini, e più tardi la ceramica. In analogia con quanto detto a proposito del Paleolitico, nel caso del Neolitico si potrebbe parlare di Età della pietra levigata.

In questo periodo l’isola di Milos e quella di Lipari assumono un ruolo preminente in tutta l’area del Mediterraneo per quanto concerne l’esportazione di ossidiana. La lavorazione di ofioliti finalizzata alla preparazione di asce veniva effettuata non più per scheggiatura ma per levigatura.

In ambiente Egeo troviamo la consuetudine di realizzare idoli cicladici a partire da schegge di marmo e questo può essere considerato il primo esempio di cavatura.

A partire dal V millennio a.C. compaiono le prime cave vere e proprie legate all’estrazione di megaliti, da utilizzare per l’edificazione di monumenti legati al culto dei morti.

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Mehnir
Gli allineamenti di Carnac, Bretagna, Francia.
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Dolmen
Dolmen di Burren, Irlanda

E’ il caso dei Menhirs (dal celtico: pietra-verticale; progenitori degli obelischi egizi e delle famose colonne romane) dei Cromlechs (menhirs disposti in cerchio) e dei Dolmens (dal celtico: pietra-tavolo; camere formate da lastre orizzontali poste su supporti verticali; rappresentano i progenitori dei sarcofagi.

Con l’Età del Rame e la successiva Età del Bronzo si ha la comparsa delle prime sculture rudimentali quali le Veneri Steatopige,

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Venere Steatopigica
Venere Steatopigia di Willendorf; Aurignaciano Austria - 11cm.

simbolo di fertlità; tuttavia per trovare le prime sculture vere e proprie si deve risalire fino a circa 4000 anni fa, allorquando in ambiente Cicladico, ad esempio sull’isola di Naxos, troviamo sculture ottenute dalla lavorazione di marmi cristallini.

All’epoca Minoica risalgono importanti testimonianze della lavorazione di pietre quali la Selenite, un alabastro gessoso, il Porfido Verde Antico e il Rosso Antico, importato quest’ultimo dal Capo Tenaro, l’attuale Capo Matapan, nel Peloponneso. Il palazzo di Minosse a Creta fu costruito interamente in alabastro gessoso, materiale solubile in acqua, e si deve alla scarsa piovosità di quella regione se ancora oggi è possibile ammirarlo in tutta la sua maestosità.

Nell’Antico Egitto esisteva una regolare attività di escavazione, specialmente del granito, e gli impieghi furono cosi diffusi da suffragare la tesi secondo cui il popolo egiziano scrisse la sua storia su pagine di pietra.

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Scultura Egizia
Gruppo scultoreo egizio in porfido

In epoca pre-dinastica (circa 4000 anni fa) è testimoniata la cavatura di blocchi di alabastro cotognino (un alabastro calcareo affiorante lungo le sponde del Nilo) per la realizzazione di vasi rituali.

Durante la I dinastia (circa 2800 a.C.) viene costruita con il sacerdote-architetto Imotes la prima piramide, quella di Saqqara, utilizzando mattoni di Calcare di Thurè, un calcare marnoso che verrà in seguito utilizzato anche per la costruzione della più famosa Sfinge. L’evidente deterioramento di quest’ultima si deve allo sgretolamento provocato dalla presenza nel calcare di montmorillonite, un minerale argilloso fortemente espandibile con l’acqua; perciò nonostante le ridotte precipitazioni questi manufatti stanno progressivamente sgretolandosi.

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Piramide di Saqqara

Con la II dinastia (circa 2600 a.C.) viene tagliato per la prima volta una roccia granitoide quale la Sienite, che tanta fortuna avrà nei secoli successivi; utilizzata dapprima per la copertura di tombe, verrà in seguito impiegata per rivestire le piramidi di calcare di Thurè, come testimoniato dalle piramidi di Kefren e di Micerino.

Con la fine della V dinastia compare la Pietra Becken, una metagrovacca, assai simile nell’aspetto al bronzo.

In Grecia, le arti plastiche e figurative, e prima ancora l’architettura, furono favorite da cospicue disponibilità di marmi bianchi o colorati.

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Scultura in marmo bianco
Laocoonte e i suoi due figli lottano coi serpenti - Scultura greca della scuola di Rodi.

La Grecia arcaica vede l’utilizzo in prevalenza del Poros, un calcare poroso, a cui si affianca il marmo cicladico. Caratteristici di questo periodo sono gli acroliti, teste, mani, piedi realizzati con marmi preziosi e successivamente innestati su sculture in Poros. Solo in seguito comincia ad affermarsi l’utilizzo di due marmi cavati entrambi nei pressi di Atene: il Marmo Imenio e il Marmo Pentelico, che furono usati, oltre che per la scultura, anche per l’architettura - Partenone - e largamente esportati a Roma - Arco di Tito.

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Marmo Pentelico
Il Partenone, Atene, Grecia
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Marmo Pentelico
Arco di Tito, Roma, Italia

Al V sec. a.C. risale la cavatura nell’isola turca di Proconnesos (l’odierna Marmara) del Marmo Proconnesio, uno dei primi marmi ad essere tagliato in lastre, utilizzato tra l’altro per il rivestimento del Mausoleo di Alicarnasso la monumentale tomba che Artemisia fece costruire per il marito Mausolo, satrapo della Caria, ad Alicarnasso (l’attuale Bodum in Turchia) intorno al 350 a.C. Era una delle delle sette meraviglie del mondo antico e vi lavorarono artisti come Prassitele, Timotheos e Leochares. Oggi sono visibili solo alcune rovine.

Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, ci ha lasciato una descrizione delle dimensioni dell’edificio. Tale era la magnificenza e l’imponenza della tomba di Mausolo, che il termine mausoleo venne poi usato per indicare tutte le grandi tombe monumentali.

Per quanto riguarda gli Etruschi c’è da dire che questi importavano non pietre ma direttamente manufatti lapidei dalla Grecia, in cambio del ferro estratto nell’isola d’Elba e il piombo delle colline metallifere toscane. Le sole pietre usate dagli etruschi sono locali e sono la Pietra Paesina (calcare marnoso cretaceo colorato da ossidi di ferro) e l’alabastro gessoso di Volterra.

4 - Delle pietre usate dai Romani

....Benchè i Romani sotto il governo de’ Re e ne’ più bei tempi della repubblica tenessero ad onore la semplicità de’ costumi e la povertà della vita, nondimeno mostrarono grandezza di animo nella costruzione de’ pubblici monumenti. Le prime fabbriche consagrate al culto delle Divinità, o alla memoria di chi si era con belle azioni distinto, o all’adornamento della città, o alle comodità furono suntuose e magnifiche. Faustino Corsi, 1845.

L’ antica Roma dopo avere mutuato dalle civiltà primitive il gusto della pietra, ne apprezzò rapidamente le caratteristiche tecniche ed estetiche, sino a farne elemento essenziale per la costruzione e per lo stesso arredo urbano.

L’uso dei marmi si estese in quel periodo ai templi, al fori, alle ville e successivamente alle basiliche, alle curie e ai sepolcri; ne fanno fede i molti monumenti ancora oggi ammirati.

L’introduzione del lusso delle pietre straniere si deve, secondo Velleio Patercolo, al console Quinto Metello Macedonio che nel 610 adornò la sua casa di pietre straniere e fu per questo con definito disprezzoPrinceps Lussuriae.

Finisce così quel periodo di austera virtù e di semplicità (Corsi,1845) durato sei secoli e che aveva visto l’utilizzo unicamente di pietre locali.

Si pensi ad esempio alla realizzazione dei cosiddetti scutulata pavimenta, pavimenti a mosaico fatti a partire dal II sec. a.C. con tessere bianche e nere, con qua e là tessere colorate di pietra paesina.

I primi marmi che furono importati a Roma furono il Portasanta (dall’isola di Kyos), il Numidico o Giallo antico, nel 666 da Marco Lepido, e l’Africano, nel 670 da Lucio Lucullo, che per questo motivo fu detto a Roma Luculleo togliendo nome da lui che tanto l’amava (Corsi,1845) e del marmo Caristio o Cipollino, da Karystos in Eubea.

Nella storia del marmo, l’esperienza Romana è fondamentale. Infatti nell’imminenza della grandezza imperiale, poiché l’impiego del marmo andava prendendo in Roma una importanza sempre maggiore, i Romani vollero procurarsi nuove fonti di produzione meno lontane della Grecia e dell’Egitto.

La ricerca portò alla scoperta del grande bacino marmifero di Luni. dal nome della città sorta come colonia romana nel 177 a.C. nelle vicinanze della odierna Carrara. Cominciò così l’importazione del marmo Lunense.

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Marmo Lunense
Carrara - Cava sulle Alpi Apuane

La prima menzione del marmo lunense è fatta dallo storico Velleio Patercolo (primo secolo a.C.) in occasione del suo impiego nella fastosa dimora del prefetto Mamurra sul Monte Celio.

Nel periodo Augusteo, Roma, cambia volto: da lateritia si trasforma in marmorea, tanto che Augusto poté gloriarsi di aver ricevuto una città di mattoni e di averla lasciata di marmo. L’uso dei marmi si estese in quel periodo ai templi, al fori, alle ville e successivamente alle basiliche, alle curie e ai sepolcri; ne fanno fede i molti monumenti ancora oggi ammirati. Sotto Augusto il lusso delle pietre (Corsi,1845) diviene così sfrenato ed eccedente che esaurite le cave si cominciano ad espoliare i monumenti pubblici. Una legge del codice di Giustiniano ricorda come per editto dell’Imperatore Vespasiano e per decreto del Senato (71 d.C.) fu proibita la demolizione degli edifici per estrarne marmi e farne mercato.

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Ara Pacis
Bassorilievo marmoreo - Particolare.

Pare, tuttavia, che tutto ciò non spaventò gli amanti dei marmi se l’Imperatore Costanzo fu costretto ad emanare un editto secondo il quale: Colui il quale ardirà di demolire i sepolcri se l’avrà fatto senza il permesso del proprietario sarà condannato agli scavamenti delle miniere, e se l’avrà fatto con di lui autorità o comando sarà punito colla rilegazione; che se poi le cose tolte dai sepolcri saranno dal proprietario trasportate nella sua villa o nella sua casa, la villa e la casa o qualunque altro edificio passerà in potere del fisco. Si arrivò fino alla nazionalizzazione delle cave ricadenti nel territorio dell’Impero, e al divieto di eseguire scavamenti ne’ fondi privati, ma tutto ciò, limitando la scoperta di nuovi marmi, fece aumentare a dismisura il loro prezzo.

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Roma - Arco di Tito

Con l’abolizione di ogni vincolo alla ricerca e allo sfruttamento, fatta eccezione per il versamento di una decima al fisco, ci fu un fiorire di nuovi ritrovamenti. Fu creata la figura dei sovrintendenti alle miniere detti Procuratores montium o Rationarii a marmoribus; ricoperta dapprima da liberti. Il Grutero fa menzione di un certo Teamidiano che sotto l’impero di Claudio era Magister a marmoribus, e di un Semnone che sotto Settimio Severo era Praefectus tabellariis curationis marmorum.

Per quanto riguarda l’escavazione vera e propria, a questo compito erano preposti il machinarius (l’ingegnere, responsabile della designazione dei filoni da scavare, e della progettazione delle macchine necessarie), il lapicida (il tagliatore esperto nelle tecniche da utilizzare) e il metallarius (il cavatore, colui che materialmente si occupava prima di portare alla luce la roccia e poi dell’escavazione).

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{Mosaico a intarsio marmoreo}

A causa della sempre maggiore richiesta di marmi, i responsabili di gravi delitti, gli schiavi e i cristiani venivano condannati ai lavori forzati nelle miniere dell’Impero; sono questi i cosiddetti damnati ad metalla.

Per ciascun blocco estratto in una cava romana venivano annotati:

l’officina (l’area di estrazione) il locus (il settore dell’area di estrazione) il brachium (l’ala del settore di estrazione) la provatio (l’attestato di qualità), l’anno di consolato.

Oltre a quelli che venivano condannati all’estrazione di marmi, c’era a Roma tutta una categoria di persone che si occupava della loro lavorazione; nelle leggi romane si fa esplicito riferimento a:

i caesores (i segatori), i quadratarii (che squadravano, ponevano in garbo i blocchi tagliati dai segatori), i lapidarii (gli scalpellini), i marmorarii (gli intagliatori), i musivarii (si occupavano delle cosiddette opere tassellate, come i pavimenti musivi o a mosaico), i politores (coloro che si occupavano di lucidare i marmi), gli sculptores (gli scultori veri e propri).

5 - Le principali aree marmifere antiche

Italia

- Toscana: Marmo Lunense (Luni - Carrara).

- Granito del Giglio (Isola del Giglio).

- Granito dell’Elba (Isola d’Elba).

Grecia

- Attica: Marmo Pentelico (usato per costruire il Partenone); Marmo Imetto;

- Cicladi; Marmo Pario o Lichnites (a Paros); Marmo Naxio (a Naxos); Marmo Sifnio (a Sifnos).

- Tessaglia (presso Larissa): Verde antico.

Asia minore

- Anatolia: Bacino del Menderes (antico fiume Meandro).

- Zona di Efeso attuale Selcuk.

- Zona dell’antica Docimio: Pavonazzetto e Docimio bianco a grana finissima.

- Zona presso Afion: Marmo di Afrodisia.

- Zona presso Latmos: Marmo Latmico o Eracleotico (Lago di Bafa Golu).

- Isola di Lesbo: Marmo Lesbo.

- Isola di Marmara: Marmo Proconnesio (il marmo più antico conosciuto).

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6 – Medioevo, Rinascimento, Neoclassicismo

In epoca medioevale gli impieghi lapidei risentirono della crisi culturale ed economica, ma con l’affermarsi dell’arte romanica, architettura e scultura, collegate in un’armonica sintesi di valori costruttivi e decorativi, trovarono un ampio supporto funzionale ed espressivo in numerose varietà di pietre.

L’arte gotica, attraverso la propria tipica ricerca di nuove forme elevatrici, trovò nel marmo splendide potenzialità espressive. Ne è testimonianza irripetibile, il Duomo di Milano, al quale il marmo di Candoglia offre l’apporto di migliaia di statue, oltre alle decorazioni esterne ed interne.

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Duomo di Milano
Marmo di Candoglia

Le successive esperienze artistiche, dal Rinascimento al Neoclassicismo, hanno dato luogo ad una fioritura ancora più cospicua di impieghi lapidei, sottolineando l’idoneità del marmo e della pietra ad esprimere valori non effimeri e sentimenti di viva umanità, senza prescindere dalla. promozione economica di materiali caratterizzati da una elevata componente di lavoro.

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Marmo di Candoglia
Duomo di Milano - particolare

Lungi dall’essere storicamente esaurienti, gli accenni sinora formulati intendono ricordare come le attività di estrazione e lavorazione del marmo abbiano corrisposto, in linea di massima, allo sviluppo civile ed artistico, con particolare riferimento all’Italia, massima produttrice mondiale di pietre ornamentali fin dall’epoca romana.

7 – Il marmo italiano nel mondo

Gli accenni storici sinora formulati intendono ricordare come le attività di estrazione e lavorazione del marmo abbiano corrisposto, in linea di massima, allo sviluppo civile ed artistico, con particolare riferimento all’Italia, massima produttrice mondiale di pietre ornamentali fin dall’epoca romana e depositaria di tradizioni professionali di settore, decisamente insuperate dapprima nelle applicazioni d’arte, ed oggi anche nell’industria.

Nessun materiale può eguagliare il marmo per l’ampia gamma di tinte, disegni, venature e, se bene impiegato, la sua bellezza è perenne.

In quasi tutte le regioni, dalle Alpi alla Sicilia, alla Sardegna, l’Italia possiede giacimenti marmiferi dai colori più vari, pronti a brillare alla luce del sole in una meravigliosa sinfonia di tinte e di sfumature, dal bianco delle nevi al rosso dei rododendri, dal verde dei boschi al bruno delle rocce.

Per secoli, le pietre ornamentali, hanno costituito una componente fondamentale del paesaggio urbano.

Quella del marmo è dunque per l’Italia una delle più antiche attività economiche, ma ciò nondimeno continua ad aggiornarsi e a progredire.

In un mondo in cui l’uniformità è sempre più dilagante, ognuno può trovare nel marmo quel tocco, di personalità che nessun altro materiale può garantire.

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{Scultore apuano al lavoro}

Ogni lastra e’ un pezzo unico anche se tagliata da un blocco che ne ha date tante altre simili, e ciò indubbiamente conferisce al marmo il potere di dare personalità all’ambiente in cui viene impiegato.

Al riguardo, si deve ricordare che l’architettura si va orientando in misura crescente verso la necessità di una standardizzazione sistematica e, talvolta, di moduli prefabbricati. Ebbene, il ruolo che i materiali lapidei vi possono svolgere rimane di immutata sperimentalmente: sia all’esterno, con elementi a pannelli per pareti con supporto metallico, o pezzi di grande dimensione legati con cemento e calcestruzzo, sia all’interno, con lastre standardizzate di spessore sottile calibrato da posarsi gia lucide, sia in pavimenti che in rivestimenti.

Oggi, grazie ad un’esportazione in rapida crescita, non fosse altro per l’apprezzamento dei pregi di economia, durata ed espressività tipici di marmo e pietre, anche da parte degli utilizzatori esteri, tale caratteristica comincia a diffondersi in altri Paesi, dove sorgono sempre più spesso grandi edifici se non addirittura grattacieli, rivestiti di materiali lapidei italiani, o comunque lavorati in Italia.



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