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Rubrica: CULTURA

GIULIO GIORELLO (1945-2020) FILOSOFO RIBELLE

sabato 27 giugno 2020

Argomenti: Opinioni, riflessioni

Tra i più ecclettici filosofi del Novecento, Giulio Giorello ha segnato in maniera indelebile la cultura italiana e non solo, sin da quando, sulla scia del maestro L. Geymonat, intellettuale e partigiano, ha proseguito a investigare il filone di pensiero troppe volte ostacolato dall’imperante idealismo italiano: si tratta di quella filosofia della scienza costantemente sottovalutata in un paese intriso d’oscurantismo e conservatorismo religioso

Insieme ad Abbagnano, Paci, e a scienziati del calibro di Bellone o Boncinelli, Giorello ha rappresentato e rappresenta la tradizione culturale laica di profonda matrice scientifica così necessaria per l’Italia e il suo progresso. Nemico di qualsiasi dogma, per gusto e temperamento ribelle, ha lasciato un insegnamento profondo e differente da molti altri acclamati colleghi.

Se il pensiero di alcuni filosofi verrà conservato all’interno di vasetti pieni di naftalina, il lascito di Giorello appare già ora slanciato verso il futuro, lungimirante e profondamente fruttuoso per gli anni a venire. Mentre ricordiamo alcuni dei testi più ispirati (Libertà, Trattato del ribelle, La libertà e i suoi vincoli, Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo) comprendiamo perché vi sia uno scarto incolmabile tra la sua vivacità intellettuale e il parassitismo intellettuale di molti: democrazia secolarizzata e libertà, diritti umani, volontà di affermare il metodo scientifico sono la dimensione preferenziale per investigare il mondo, ma anche per strutturare la società e renderla fertile e aperta: perché: “la scienza che reclama per sé libertà insegna col proprio esempio a lottare per la libertà”.

Ateo dichiarato, ha sempre sostenuto che gli avrebbe fatto ribrezzo un ateismo di stato, poiché la libertà non può mai essere a scapito di altri. Convinto assertore che la filosofia non possa essere rinchiusa in un recinto o essere discettazione sterile tra specialisti rintanati in un antro accademico, ha conquistato il grande pubblico anche con testi arguti e godibilissimi su Topolino, il concetto di Desiderio, su Amleto, Bob Dylan, ed elogiando l’arma dell’ironia, grimaldello capace di scardinare i totalitarismi soffusi che attraversano l’Occidente all’apparenza democratico.

Grande amante del whisky, dei western e dell’Irlanda, il filosofo ha sempre conquistato chi lo ha conosciuto per la profonda intelligenza e la capacità d’ascolto: mancheranno sia l’uomo che il pensatore, ma le sue parole resteranno con noi per aiutarci a trasformare quella realtà su cui ha sempre rivolto una fervida cura, perché la filosofia non può mai essere un esercizio sterile da svolgersi all’interno di solitarie torri d’avorio. Ricordiamo una riflessione a proposito del famoso bardo americano: “Dylan ci insegna che il lavoro filosofico è sostanzialmente il lavoro sulla nostra incompletezza, sulla nostra finitezza, sul fatto che siamo appunto condizionati da un mucchio di cose”.

È il testamento più indicativo di una personalità che ha vissuto la filosofia come ricerca continua, libera e insofferente a qualsiasi forma di verità rivelata. Alla sua famiglia e ai suoi cari le più sentite condoglianze.



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