Rubrica: QUADRIFOGLIO

TURNER. Dalla Tate al Chiostro del Bramante

Fino al 26 agosto 2018 il chiostro romano ospita oltre 90 opere del famoso paesaggista inglese, considerato un anticipatore del movimento impressionista.
domenica 1 aprile 2018

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.

“Si comincia a creare solo quando si smette di avere timore” e “L’indeterminatezza è il mio forte” sono due frasi di Joseph Mallord William Turner che accolgono il visitatore della mostra sul grande pittore inglese al Chiostro del Bramante, evidenziando la sua forte carica innovativa nella pittura di una nazione tradizionalista che si stava aprendo verso la modernità. Egli è considerato da molti il più originale e geniale paesaggista dell’Ottocento e, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, il pittore della luce, grazie alla quale riusciva a creare con i pennelli visioni della natura animate da una potente e misteriosa energia. L’indeterminatezza della realtà è un concetto filosofico, spirituale, che stranamente in pittura prende piede proprio con il dipingere en plein air, che dovrebbe essere la riproduzione del vero e che diventa invece non più “riproduzione”, ma costruzione di un rapporto intimo e personalissimo con la natura. È così che per Turner l’arte diventa creazione e la realtà non è più oggettiva, ma soggettiva.

La mostra “Turner. Opere della Tate”, curata da David Blayney Brown, segna l’inizio di una collaborazione tra la Tate e il Chiostro del Bramante, capolavoro rinascimentale di Roma che da solo vale una visita. Si tratta di un’occasione imperdibile per ammirare 92 opere, tra acquerelli, disegni e quadri ad olio del celebre pittore, a distanza di 50 anni dalla precedente mostra romana e di 12 anni da quelle di altri musei italiani. Le opere esposte sono state selezionate tra quelle del vastissimo lascito (Turner bequest), donato alla Gran Bretagna nel 1856, cinque anni dopo la morte dell’artista, e conservato per la maggior parte presso la Tate Britain di Londra. Questa galleria possiede circa 30000 lavori cartacei, 300 olii e 280 album da disegno, un patrimonio immenso di opere che erano custodite presso lo studio dell’artista, trattandosi di opere private, realizzate per il “proprio diletto”, come giustamente osservato dal critico John Ruskin. Si tratta di una “collezione speciale”, sostiene il curatore David Blayney Brown, perché “Turner è un artista speciale”, che sperimentava costantemente nuovi soggetti, colori e luci, e le opere private, in particolare, erano più sperimentali rispetto a quelle prodotte per la vendita.

L’intento della mostra è quindi quello di riuscire a guardare il Turner più intimo, e non quello commerciale, come se ci trovassimo dietro le sue spalle mentre lavora. Bisogna riconoscere che la qualità di molte opere, che il curatore definisce “senza tempo”, è straordinaria, a partire dal primo quadro introduttivo, che raffigura la laguna di Venezia al tramonto (acquerello, 1840), evidente omaggio all’Italia e al mare che Turner amava particolarmente.

Insieme al mare, amava il Tamigi, che scorreva vicino casa sua a Londra, dove nacque il 23 aprile del 1775. Il padre era un barbiere, mentre la madre era figlia di un macellaio: proveniva quindi da un ambiente tutt’altro che artistico, ma la sua precoce inclinazione per il disegno gli consentì di essere ammesso gratuitamente nella Royal Academy a 14 anni. Essendo uno degli allievi più dotati, l’anno seguente un suo disegno fu esposto nella mostra annuale. A 26 anni fu eletto membro effettivo dell’accademia e a 32 anni fu nominato professore di prospettiva. In effetti il suo successo era tale che già nel 1800 aveva raggiunto un’indipendenza economica, che gli consentì di affittare un appartamento proprio e di intrecciare una relazione con Sarah Danby, una vedova dalla quale ebbe due figli. Instancabile viaggiatore, sempre con un album sottobraccio alla ricerca di paesaggi pittoreschi, nel 1802 intraprese il suo primo viaggio all’estero (in particolare Parigi e la Svizzera), mentre al 1819 risale il suo primo soggiorno in Italia, cui ne seguì un secondo nel 1828.

A Roma in quell’anno organizzò una mostra nel suo studio di piazza Mignanelli, che comprendeva uno degli olii esposti in mostra con il Foro romano, ma il carattere innovativo della sua pittura non riscosse successo, anzi provocò forti critiche tra i visitatori e un altro artista fece circolare una caricatura con un commento poco educato. Roma, punto di attrazione per molti artisti stranieri, suscitò una grande fascinazione in Turner, che ne dipinse più volte i ruderi, l’Arco di Costantino e Castel Sant’Angelo, che vediamo in mostra.

Turner venne preso di mira da altri caricaturisti anche in patria per la corporatura tozza e il naso adunco, soprattutto dopo il suo legame a partire dal 1833 con la signora Sophia Booth, che gli sarà vicina per il resto della sua vita. Turner, che per mantenere segreta la relazione si faceva chiamare signor Booth, venne soprannominato “Puggy Booth”, dal termine inglese pug, che indica una specie di piccoli bull-dog.

Nei primi anni Trenta dell’Ottocento Turner iniziò a esporre le tele che hanno come soggetto Venezia e nel 1835, in seguito a un soggiorno nella città veneta, le straordinarie luci della laguna divennero per lui un soggetto ricorrente. La critica a questi acquerelli e olii veneziani indusse John Ruskin a scrivere una difesa dell’artista, da cui nascerà un’acuta analisi della sua pittura nel primo volume dei “Pittori moderni”, uscito nel 1843. Turner morì nella sua casa di Chelsea (che aveva una piccola galleria nel sottotetto) il 19 dicembre 1851, guardando dalla sua stanza il Tamigi. Venne sepolto nella Cattedrale di San Paolo. Prima del funerale, gli amici e conoscenti si riunirono nella galleria di Chelsea e rimasero colpiti dal numero impressionante di opere che Turner vi aveva raccolto, con l’intento di lasciarle tutte insieme allo stato, perché aveva a cuore il loro destino.

La mostra è articolata in più sezioni. Nella prima, intitolata “Dall’architettura al paesaggio: opere giovanili (1791-1802)”, si vedono alcune cattedrali gotiche, architetture e paesaggi inglesi, e i paesaggi svizzeri del 1802. Si passa quindi a “Natura e ideali: Inghilterra (1805-1815 circa)”, una sezione relativa al periodo in cui esplorò in lungo e in largo la sua terra, perché l’Europa continentale era di fatto inaccessibile prima della sconfitta di Napoleone a Waterloo.

Risale a questo periodo l’ambizioso Liber Studiorum, basato soprattutto sui suoi disegni ad acquerello, che mostrava vari generi di paesaggio, spaziando dal naturalistico all’ideale: architettonico, storico, marino, montuoso e pastorale, in contrapposizione al realistico e agli stili “elevati”. Di grande ispirazione per questo libro fu il Liber veritatis, in cui erano raccolte le incisioni tratte dai paesaggi di Claude Lorrain, per il quale Turner provava grande ammirazione.

“In patria e all’estero” (1815-30) è la sezione dedicata ai viaggi, compresi quelli in Italia sul modello del Grand Tour, quindi “Luce e colore” esalta i suoi studi sul colore, basati su un iniziale lavoro en plein air, cui seguiva una rielaborazione del soggetto nel suo studio, combinando in modo innovativo la sua eccezionale memoria visiva con una vivida immaginazione. Questi dipinti, chiamati Colour beginnings, così fortemente presenti nel suo studio, ci appaiono come vere dichiarazioni del suo stato d’animo e delle atmosfere da cui egli traeva una soddisfazione estetica.

“Turista annuale (1830-40)” è un’altra sezione, dove ammiriamo in particolare le vedute della Loira e della Senna, che vennero incise per tre libri di viaggio noti come Turner’s Annual Tour, pubblicati tra il 1833 e il 1835. “Maestro e mago: le opere della maturità (1840-45)” fa riferimento a quella capacità di rendere le nuvole, la pioggia, la luce e le condizioni atmosferiche in genere, sia di giorno che di notte, come un “mago”, che ha il “controllo sugli spiriti della terra, dell’aria, del fuoco e dell’acqua”, un’espressione che un critico usò riferendosi a un quadro ad olio su Venezia.

Oltre ai dipinti veneziani, che si contraddistinguono per la dissoluzione delle forme, gli elementi naturali sono presenti in paesaggi di montagna con vortici d’aria indistinti e in alcune marine, che ci parlano di tempeste e naufragi. Molti degli studi sul sole e sulle nuvole portati avanti nell’ultimo periodo della sua vita sembrano delle meditazioni sulla luce, immagini irreali che lasciarono ai contemporanei qualche nota di perplessità, perché troppo avanti rispetto alla sua epoca. Bisognerà arrivare a Monet e agli impressionisti per riscoprire quella smaterializzazione fatta di colore.

P.S.

TURNER. Opere della Tate
Chiostro del Bramante, via della Pace, Roma
22 marzo - 26 agosto 2018
Catalogo Skira
Orari: da lun. a ven. 10-20; sab. e dom. 10-21 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti con audioguida: intero € 14; ridotto € 12; ridotto € 9 (6-18 anni)
Infomostra@chiostrodelbramante.it



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