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Rubrica: ITINERARI E VIAGGI

PADOVA Urbs picta

Giotto con la Cappella degli Scrovegni e altri artisti dopo di lui hanno realizzato a Padova nel XIV secolo mirabili cicli pittorici, concentrati in otto edifici del centro storico, che ambiscono a diventare patrimonio dell’Umanità.
domenica 1 aprile 2018

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Monumenti

Padova, una città d’arte elegante e culturalmente vivace, offre ai visitatori una tale concentrazione di affreschi trecenteschi da renderla unica nel suo genere. Per questo motivo, con il nome di Urbs picta, Padova si candida ad inserire nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO un insieme di otto luoghi del centro storico che conservano cicli pittorici di grande suggestione.

Questi affreschi, celati per lo più entro edifici di cotto dalle linee semplici e armoniose, presentano un’evidente unità di stile e di tecnica esecutiva, ma anche significative peculiarità e differenze per quanto riguarda gli artisti, la committenza e le funzioni stesse degli edifici che li conservano, rendendoli parti complementari della narrazione di una realtà storico-artistica particolare, unica e complessa. L’area oggetto della proposta di candidatura è concentrata nel centro storico, all’interno delle mura cinquecentesche della città, e comprende i cicli pittorici trecenteschi ad affresco conservati nella Cappella degli Scrovegni, nella Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, nel Palazzo della Ragione, nella Cappella della Reggia Carrarese, nel Battistero della Cattedrale, nella Basilica e Convento del Santo, nell’Oratorio di San Giorgio e nell’Oratorio di San Michele.

G. de' Menabuoi. Vocazione di Matteo, Battistero

Cerchiamo di fare un viaggio a ritroso nel tempo e immaginiamo quella che doveva essere la Padova del Trecento, popolosa, ricca di attività commerciali e artigianali, fiera della sua tradizione classica, centro di irradiazione artistica e culturale che raggiungeva i paesi della Mitteleuropa, grazie alla sua celebre università. Anche se nel territorio patavino la tradizione della pittura murale ad affresco ha radici fin dal X secolo, il massino splendore in campo artistico ha inizio con l’arrivo di Giotto, chiamato intorno al 1302 molto probabilmente dai Frati Minori Conventuali della Basilica di Sant’Antonio. Il ricchissimo banchiere Enrico Scrovegni approfittò della presenza in città del rinomato pittore fiorentino per commissionargli l’opera che ben presto divenne universalmente riconosciuta come il suo capolavoro: la Cappella degli Scrovegni. Durante tutto il XIV secolo gli artisti che operarono a Padova (Pietro e Giuliano da Rimini, Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Jacopo Avanzi, Altichiero, Jacopo da Verona) reinterpretarono in maniera autonoma e originale lo stile del Maestro, creando un completo rinnovamento stilistico, che ben presto raggiunse una portata nazionale e internazionale.

La realizzazione della decorazione della Cappella degli Scrovegni rappresenta il primo esempio di uno stretto legame tra un artista e il suo committente per creare un progetto iconografico e decorativo unitario. Altrettanto importante sarà la relazione che gli altri committenti, tra cui i Carraresi (signori di Padova dal 1318 al 1405), stabiliranno con gli artisti. In questo contesto spiccano anche due esempi di committenze femminili: Fina Buzzacarini (moglie di Francesco il Vecchio da Carrara), per il Battistero della Cattedrale e Traversina Cortellieri nella Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani.

La Cappella degli Scrovegni venne fatta costruita da Enrico Scrovegni sul terreno dell’Arena, accanto alla sua sontuosa dimora, per “riscattare” dal Purgatorio l’anima del padre usuraio. Consacrata nel 1305 alla Vergine Annunziata, da cappella privata divenne ben presto pubblica, tanto da suscitare le proteste dei vicini Frati Eremitani. Nella cappella accorreva tutto il popolo, segno questo di riconoscimento del potere degli Scrovegni, ma anche di grande ammirazione per Giotto che vi aveva affrescato sulle pareti episodi della vita di Cristo e della Vergine, suddivisi in più fasce decorative, figure di profeti e allegorie, e il grandioso Giudizio universale nella controfacciata. La volta a botte presenta un cielo stellato che ha il suo precedente musivo nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.

Rispetto agli affreschi di Giotto realizzati ad Assisi, puramente religiosi, a Padova il tema teologico è narrativo, intelligibile da tutti. I gesti, le emozioni, l’ambientazione spaziale, la composizione e la monumentalità stessa delle figure sono mezzi espressivi per rendere in forma drammatica le vicende narrate, a partire dalla Cacciata di Gioacchino dal Tempio, con cui inizia il ciclo pittorico. L’opera fa parte delle Storie di Gioacchino e Anna che si ispirano al protovangelo di San Giacomo. Gioacchino, futuro padre della Vergine Maria, viene cacciato da un sacerdote dal Tempio perché ritenuto indegno, in quanto è senza prole. Giotto, per il quale si è parlato di preumanesimo, riesce a scandagliare l’animo umano e a rendere vivo lo sguardo di cruccio del sacerdote e quello stupito dell’uomo cacciato. Altri episodi come quello del Bacio di Giuda, l’Andata al Calvario, il Compianto su Cristo morto ci colpiscono pure per la resa psicologica dei personaggi e per l’uso simbolico del colore, che non avviene mai al di fuori di un’unità e un’armonia compositiva, naturale e ideale allo stesso tempo. La gamma cromatica di Giotto è molto ampia, dalle tinte più fredde alle più accese, ma ci incantiamo soprattutto per quel cielo color lapislazzuli, che sostituisce il fondo oro della pittura a lui precedente.

La visita della Cappella degli Scrovegni, che va necessariamente prenotata, è abbinata a quella dei Musei Civici nell’ex convento degli Eremitani, che conserva altri dipinti trecenteschi notevoli, tra cui un Crocifisso dello stesso Giotto, affreschi staccati di Pietro da Rimini e pannelli di Guariento (1354), con bellissime figure angeliche, staccati dalla Cappella della Reggia Carrarese (la cappella si trova in via Accademia, 7). La vicina chiesa degli Eremitani è stata affrescata nel presbiterio da Guariento tra il 1361 e il 1365 con un ciclo di storie dei Santi Filippo, Giacomo, Agostino. Nonostante la chiesa sia stata bombardata nel corso della seconda guerra mondiale, il ciclo si è ben conservato nella parete sinistra, mentre molto poco rimane degli affreschi di Giusto de’ Menabuoi nella Cappella Cortellieri raffiguranti le Virtù e le Arti liberali, e ancora più lacunosa appare la Cappella Ovetari affrescata nel Quattrocento dal giovane Andrea Mantegna.

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Palazzo della Ragione. Interno

L’itinerario di Padova Urbs picta prosegue con la visita del Palazzo della Ragione, l’antico tribunale (Ragione vuol dire Giustizia), ma anche mercato, il cui ingresso è in piazza delle Erbe. Edificato nel 1218, il palazzo venne un secolo dopo dotato di una loggia su entrambi i lati lunghi e di un tetto a carena di nave, e il grande Salone posto al primo piano venne affrescato con un grandioso ciclo pittorico attribuito dalle fonti a Giotto, andato distrutto in un incendio avvenuto nel 1420. La decorazione pittorica, rifatta qualche anno dopo da Miretto da Padova e Stefano da Ferrara con un’impostazione ancora gotica, ci colpisce per le oltre 300 immagini che raffigurano le influenze degli astri sugli uomini, le costellazioni, i pianeti, i mesi e i giorni secondo una sorta di calendario cosmico ispirato alle teorie di Pietro d’Abano (1250-1315), un matematico, medico e astronomo che insegnò nell’università di Padova. Alcuni dipinti trecenteschi, ma non di Giotto, sono sopravvissuti nella parte inferiore delle pareti del Salone, mentre altri sono stati aggiunti dopo che la signoria dei Carraresi venne sconfitta dalla Serenissima Repubblica di Venezia.

Non lontano, in piazza Duomo, è situato il Battistero, costruito nell’XI secolo e dedicato a San Giovanni Battista. Tra il 1376 e il 1378 venne magistralmente affrescato all’interno dal fiorentino Giusto de’ Menabuoi con scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, che culminano nella cupola con la splendida visione di Cristo Pantocratore nel Paradiso, costituito da una raggiera di angeli e santi dalle aureole dorate. Pur influenzato da Giotto in senso coloristico, Giusto sembra rifarsi in questo caso al mondo bizantino. Come già accennato, la decorazione ad affresco venne commissionata al pittore da Fina Buzzacarini, che volle essere qui sepolta insieme al marito Francesco il Vecchio da Carrara. La lettura degli affreschi inizia dall’alto con la Creazione del mondo, quindi la Redenzione del mondo per mezzo della Crocifissione, poi la Discesa dello Spirito Santo e quindi l’altare del Sacrificio, che comprende un prezioso polittico. Intorno all’altare ci colpiscono le immagini tratte dall’Apocalisse di San Giovanni Evangelista, mentre sulle pareti sono state dipinte le storie del Battista, di Maria e del Cristo, secondo quanto riferito dai vangeli canonici.

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Giusto de’ Menabuoi. Cupola del Battistero di Padova,
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Palazzo della Ragione. Particolare

La Cittadella antoniana comprende la Basilica del Santo e, nella stessa piazza, l’Oratorio di San Giorgio. La Basilica di Sant’Antonio, meta di pellegrini e quindi sempre molto affollata, è notevole sia per l’architettura sia per i cicli pittorici che comprendono affreschi di vari pittori, compreso Giotto (del quale rimangono alcuni busti di sante nella Cappella delle Benedizioni e alcune scene nella Sala del Capitolo), e in particolare quelli di Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi nella Cappella di San Giacomo (1379). Pure di Altichiero è la decorazione dell’Oratorio di San Giorgio, costruito nel 1377 per il marchese Raimondino Lupi di Soragna come mausoleo di famiglia. Sono state dipinte scene della vita di Cristo e di San Giorgio, come pure la vita di Santa Caterina d’Alessandria. Il suo è un linguaggio fortemente innovativo, sia nell’organizzazione dello spazio, sia nella caratterizzazione particolare delle figure e nella delicatezza cromatica, tanto da essere considerato da alcuni come il più geniale pittore del secondo Trecento.

Anche l’Oratorio di San Michele, in piazzetta San Michele, fa parte del circuito trecentesco. Costruito su un precedente edificio longobardo dall’importante famiglia Bovi, è stato decorato da Jacopo da Verona, che aveva precedentemente lavorato sotto Altichiero nell’Oratorio di San Giorgio. Storie evangeliche sono intervallate a episodi di vita quotidiana e ritratti delle figure più importanti della Padova dell’epoca: una città che indubbiamente aveva piena consapevolezza della sua importanza e dell’unità stilistica dei suoi capolavori artistici, né è mai venuto meno nei secoli il significato storico, religioso e simbolico che essi rappresentavano.



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