Rubrica: PASSATO E PRESENTE

La città degli uomini (Mondatori, 2002)

RIFLESSIONI E MEDITAZIONI SOCIALI DI BERTINOTTI

Negli anni ’60 e ’70 si era realizzato un processo di progredente democratizzazione
giovedì 19 luglio 2007

Argomenti: Politica
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Fausto Bertinotti

Fausto Bertinotti analizza lo “stato della democrazia” in un mondo caratterizzato dalla globalizzazione.

Ad avviso dell’autore dell’interessante studio, negli anni ’60 e ’70 si era realizzato un processo di progredente democratizzazione (egli si sofferma in particolare sull’esperienza italiana ma il discorso ha valore più ampio in relazione alla caduta di vari Stati autoritari in area europea ed extraeuropea) mentre gli eventi successivi (dalla denuncia degli accordi di Bretton Woods, e non a caso viene citata la nascita nel ’73 della Trilateral Commission) dimostrano come la globalizzazione abbia condotto ad un deficit della democrazia, constatabile nella stessa costruzione europea. Se Dahrendorf ha parlato di un nuovo secolo “ senza democrazia”, l’esplosione dei no-global - scrive Bertinotti - ha rivelato l’affiorare di una particolare sensibilità delle minoranze, convinte dell’esigenza di colpire alla radice i principî che affidano alla instabile realtà dell’economia mondiale prospettive squilibrate circa le relazioni tra le diverse componenti della società internazionale. I due volti dell’Occidente, nel pendolare tra primato dell’impresa e riduzione della democrazia, con accentuata dispersività della cultura che sembra rinunciare al suo compito, riconducono al tentativo dei “riformisti rivoluzionari”, come Gorz e Basso o Riccardo Lombardi che avevano individuato le linee indicative di una alternativa che i fatti - possiamo osservare - hanno sconfessato.

Da questo punto di vista Bertinotti ha ragione di porre la “guerra” quale problema centrale, in una spirale di guerra-terrorismo che slitta verso le più aspre manifestazioni di una violenza aggressiva senza confini. E se congiungiamo al deficit di democrazia lo scenario della povertà (in un rapporto tra paesi ricchi e paesi poveri nei termini di consumo in una proporzione da 1 a 80 rispetto al primo ‘900 quando era di 1 a 5) ci rendiamo conto di come siano oggi devastanti le condizioni di una umanità nella quale le differenze tra le diverse realtà pone un problema non tanto di redistribuzione quanto di civiltà. Ed appare indispensabile - sostiene l’esponente politico della sinistra antagonista - creare strumenti che possano avviare verso uno sviluppo diverso in grado di affrontare sia i limiti della democrazia sia la sfida e lo specchio terribile delle disuguaglianze.

Contro il pensiero unico neoliberista il libro contiene osservazioni meritevoli di riflessione. Così il mito della crescita permanente torna a scontrarsi con una competizione che implacabilmente sposta i conflitti sul piano della violenza. “L’idea di produrre prima la ricchezza per poi successivamente distribuirla non regge più perché l’organizzazione sociale si scontra con la crisi della coesione sociale e la crisi ambientale”. La pratica quotidiana avverte circa il pericolo crescente di una regressione civile della società, dove la mediazione politica è aperta ad ogni possibile prova. L’autore va alla ricerca di una mediazione ideologica tra etica e politica, una strada che richiede il superamento di divergenze per impostare e realizzare un progetto capace di interpretare i bisogni più maturi e insieme più contrastati e negati dall’organizzazione complessa del capitalismo.

Questo scritto è precedente, se non sbagliamo, alla visita di Bertinotti al monte Athos: la speranza espressa nel libro ha trovato conferma in quelle meditazioni? Può essere significativo che due personalità così diverse come Paul Kennedy - studioso della politica internazionale, recente autore del Parlamento dell’uomo - e il nostro presidente della Camera - protagonista della vita politica italiana su una posizione chiaramente critica nei confronti dell’attuale corso globalizzato dei rapporti internazionali - sentano la necessità di raccordare, sin dai titoli dei loro libri, l’uno le istituzioni l’altro i movimenti più direttamente connessi al dispiegarsi concreto della persona umana, al di là delle pratiche e delle ideologie rivelanti un tasso sempre più forte di distacco dalla realtà dei singoli intesi quali componenti della stessa società.



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