Rubrica: TERZA PAGINA |
Lettera a te di
mercoledì 15 novembre 2006
Era verso mezzogiorno; da alcune ore stavo bruciando le sterpaglie accatastate giorni fa, i rami secchi del mandarino, i rami freschi del bongazzone che infesta continuamente il terreno coi mille semi. Non era un lavoro pesante, governare quel fuoco, che col venticello prendeva forme strane o saliva dritto. Quando brucio gli aghi di pino, il fuoco dura solo pochi minuti. E se c’è dell’erba bagnata, bisogna stare attenti a che non soffochi la fiammella appena nata. Il fumo ti può venire incontro, appena cambia il vento. Stamattina c’erano anche dei grossi tronchi che hanno cominciato a bruciarsi lentamente. E cosa sono i nostri sentimenti? L’amore, l’odio, la passione per una donna, una causa, una ideologia, la rabbia, lo sdegno, la gioia, la serenità. Sono solo e semplicemente dei fuochi. E li puoi paragonare a sterpaglia secca che brucia velocemente, o a tronchi: richiedono tempo, pazienza, capacità; ma una volta che “hanno preso piede” ti danno calore e fiamma per molto tempo. Allora, che sarà mai il nostro, un fuoco di paglia, come si dice solitamente, o un fuoco robusto, che dura a lungo, che è intenso, tanto da resistere anche se viene un acquazzone? Come altre volte ho sistemato i fogli di giornale sul piano inclinato e mi sono seduto, come se fosse una poltroncina. Il sole era proprio di fronte, l’aria frizzante e nitida. Lontano, qualche rumore di barca : i pescatori arrivano sempre qua sotto e buttano le reti o le nasse; la zona è particolarmente pescosa, perché ci sono correnti e i fondali ricchi. Mi sono seduto e ho pensato: vorrei tenerti qua vicino. Dovrei scrivere una poesia? E come vorrei tenerti seduta qui,accanto a me? Vedi, ho pensato a lungo ed ora ti dico. Che desiderio avevo? Ho passato velocemente in rassegna le varie ipotesi e poi mi sono soffermato soltanto su una. Tenerti qui, questo mi sarebbe piaciuto. Ma tenerti in silenzio, come spesso fai tu e provare solo la gioia di guardarti, di accarezzarti lievemente . La mia mano doveva muoversi dolcemente sul tuo viso, fra i tuoi capelli. E tu avresti chiuso gli occhi e saresti rimasta così, mansueta. Desideravo qualche altra cosa? No, null’altro. Aggiungerei che avrei voluto anche prenderti la mano e stringerla, ma sempre lievemente, per non farti perdere il dolce torpore nel quale sicuramente saresti caduta. Allora: tutto qui? Si, tutto qui. E questo cos’è ? Io lo so, ma voglio chiederlo anche a te, dolce farfalla. Mi accorgo che , quando ho iniziato questa lettera, non ho scritto il tuo nome. Allora ti leggo dei versi che tu già conosci: Il tuo nome Diritti di copyright riservati |