Rubrica: QUADRIFOGLIO

BERNINI alla Galleria Borghese

Una grande mostra dedicata al genio del barocco per celebrare i venti anni della riapertura della Galleria Borghese, che di Bernini vanta celebri e inamovibili capolavori
domenica 5 novembre 2017

Argomenti: Arte, artisti

Per celebrare i venti anni della sua riapertura, la Galleria Borghese dedica a Gian Lorenzo Bernini una grande mostra che, grazie alla forza evocativa dei suoi capolavori scultorei, inseriti in un armonioso contesto architettonico, fa rivivere tutto lo splendore di una straordinaria stagione artistica. La mostra, che ha FENDI come partner istituzionale, è curata da Anna Coliva e Andrea Bacchi, e si riaggancia a una precedente mostra su Bernini, tenuta nello stesso museo nel 1998, che aveva come tema la nascita nella villa Borghese della cultura figurativa barocca, che sarebbe poi diventata un fenomeno europeo.

È proprio in questa villa che nasce, in effetti, l’arte barocca. Gli artefici sono il cardinale Scipione Borghese, nipote dell’allora pontefice Paolo V, e il suo promettente scultore Gian Lorenzo Bernini. Il “cardinal nepote”, oltre che uomo di potere, doveva essere un vero talent scout, autenticamente pervaso da un trasporto nei confronti della bellezza e in grado di intuire dai primi lavori il talento di un artista. Fu per questo che commissionò al suo giovane protetto ben quattro grandi gruppi scultorei, che avrebbero degnamente abbellito la sua dimora extraurbana, concepita apposta per accogliere un’eccezionale raccolta antiquaria.

Il primo ad essere realizzato fu quello di Enea e Anchise (1618-19), che ora è stato affiancato in mostra al dipinto di Federico Barocci Fuga da Troia, come doveva essere in origine. Nella sua artificiosa verticalità questa prima grande opera risulta ancora legata al manierismo, tuttavia è pervasa da una nuova visione della realtà, o meglio, come osservava Baldinucci, da “un certo avvicinarsi al tenero e al vero”, in particolare nella resa della pelle, che appare diversa a seconda dell’età dei soggetti raffigurati, morbida nel fanciulletto Ascanio, che si aggrappa alle gambe del padre Enea, e arida nel vecchio Anchise, portato sulle spalle dall’eroe troiano.

Seguì il Ratto di Proserpina, un’opera in cui è espressa in una forma estremamente virtuosistica la messa in scena di un mitico episodio, che vede il dio degli Inferi Plutone, con il cane Cerbero, che rapisce la fanciulla Proserpina per portarla nell’Ade e farne la sua sposa. La scena raffigurata sembra far da pendant al gruppo successivo, anche se in realtà il Ratto venne poi ceduto a Ludovico Ludovisi e rientrò nella Galleria Borghese solo all’inizio del Novecento, dopo essere stato acquistato dallo Stato. Nel terzo gruppo, quello di Apollo e Dafne, Bernini traduce il mitico racconto di Ovidio con una tale perizia illusionistica, da far parlare ai contemporanei di “un miracolo dell’arte”, e senza dubbio meglio non avrebbe potuto interpretare la dolorosa metamorfosi della ninfa in albero d’alloro, la pianta che da allora sarebbe diventata sacra al dio Apollo. Successivamente scolpì il David, colto nell’attimo di tendere la fionda contro Golia, con un’espressione che sembra una “terribile fissazione d’occhi”. Stavolta non è più di scena il mondo classico, con il suo paganesimo che tanto piaceva ai colti cardinali dell’epoca, ma un episodio biblico, che comunque appariva altrettanto mitico di quelli greci per la sua valenza eroica.

Proprio ai celebri gruppi borghesiani, che sono il vanto della Galleria, è dedicato il settore clou della mostra, ricca di numerose opere provenienti da altri musei, nazionali e internazionali, e articolata in otto sezioni. Si inizia con “L’apprendistato con Pietro”, che ha come oggetto l’attività giovanile di Gian Lorenzo (fino al 1617 circa), un vero enfant prodige che si era formato nella bottega del padre Pietro. Sono esposte opere realizzate in stretto dialogo o in diretta collaborazione con il genitore, nelle quali emerge da subito la straordinaria padronanza dello scalpello da parte di entrambi. Le allegorie delle Stagioni, attribuite ai due Bernini da Federico Zeri, che le scovò nella Villa Aldobrandini di Frascati, sono quattro sculture stupefacenti che, però, alla data della realizzazione (1620), erano state già sopravanzate per modernità dalle prime prove autonome di Gian Lorenzo. Un’altra opera, il Fauno molestato da putti, dove è difficile riconoscere la mano del padre da quella del figlio, sembra introdurre al settore successivo, dedicato ai Putti.

I putti rappresentano, in effetti, un nuovo genere di scultura, ideato e prediletto da un Bernini giovanissimo, ma che da adulto non voleva che fosse ricordato nelle sue biografie. Il tema si sviluppa intorno alla celebre Capra Amaltea, dove già si vede il virtuosismo di Gian Lorenzo nel particolare del latte che un puttino beve golosamente da una ciotola. Sempre da giovane Bernini si dedicò, sull’esempio del padre, al Restauro dell’antico e all’integrazione dei marmi antichi. Il prestito congiunto dei due suoi restauri più celebri, l’Ermafrodito, proveniente dal Louvre, del quale scolpì il materasso, e l’Ares Ludovisi da Palazzo Altemps, accanto a uno dei grandi interventi in questo campo di Pietro, il Marco Curzio della collezione Borghese, consente di mettere adeguatamente a fuoco anche questo aspetto dell’attività berniniana.

Un altro approfondimento tematico è dedicato ai Busti, genere maggiormente frequentato dal Bernini scultore in marmo, in cui si ripercorre un lungo arco cronologico della carriera dell’artista, dai primi anni Trenta fino agli anni Settanta del Seicento. Accanto al delicato Paolo V della Borghese vengono esposti pezzi raramente visibili al grande pubblico, come ad esempio i busti del Museo di San Giovanni dei Fiorentini o altri più noti come la Costanza Bonarelli dal Bargello di Firenze. La sezione dedicata alla Pittura completa la descrizione di Bernini come artista a tutto tondo. Ricordiamo i suoi autoritratti e i Santi Andrea e Tommaso apostoli della National Gallery di Londra (già Barberini). La sezione dedicata a Bernini e Luigi XIV accoglie il disegno e la terracotta preparatori alla realizzazione di una delle commissioni più importanti dell’intera carriera di Bernini: un monumento equestre al sovrano francese che passò alla storia come Re Sole. Altri bozzetti, realizzati in vari materiali, evidenziano il percorso che porta al “Mestiere di scultore”, ma non solo, perché per Bernini la scultura è spesso legata all’architettura, come è evidenziato dai due modelli della Fontana dei Quattro Fiumi, capolavoro celeberrimo di piazza Navona realizzato sotto il pontificato di Innocenzo X Pamphilj.

Non si poteva trovare una sede più appropriata della Galleria Borghese per evidenziare il linguaggio artistico del Seicento attraverso il confronto tra i capolavori dell’epoca e quelli antichi, cui Bernini inizialmente si ispirò e cercò poi di superare.

Tra le preziose sculture dell’artista giunte da altre sedi mi piace ricordare il San Sebastiano della collezione Thyssen-Bornemisza, il Putto sul Delfino del Bodemuseum di Berlino e l’Anima beata e l’Anima dannata dell’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Quest’ultima opera è accostata in mostra al dipinto di Caravaggio, Davide con la testa di Golia, che mostra il doloroso autoritratto del Merisi, raffigurato nella testa di Golia, con la bocca aperta come quella dell’Anima dannata.

Altra opera scultorea importante è la Santa Bibiana, restaurata in occasione della mostra nel portico dello stesso museo Borghese. Si è trattato di un cantiere aperto che ha ridato splendore alla statua, commissionata da Urbano VIII Barberini e realizzata da Bernini nel 1624-26 per la chiesa romana omonima, alla quale verrà restituita al termine della mostra.

P.S.

BERNINI

1° novembre 2017 - 4 febbraio 2018
Galleria Borghese, piazza Scipione Borghese, Roma
Orario: da martedì a domenica, 9-19; chiuso il lunedì. Prenotazione obbligatoria
Biglietto: € 20 + € 2 di prenotazione; ridotto € 13,50 + € 2 di prenotazione



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