Rubrica: PASSATO E PRESENTE

MA LA SECONDA REPUBBLICA VI SEMBRA DAVVERO MIGLIORE DELLA PRIMA?

Considerazioni e riflessioni su attualità e storia
domenica 1 ottobre 2017

Argomenti: Attualità
Argomenti: Opinioni, riflessioni

Negli anni successivi alla conclusione del secondo conflitto mondiale accaddero in Italia eventi che mi tornano oggi alla mente in relazione ad altri fatti che si stanno attualmente verificando.

La situazione politica in Sicilia acquistò in quel periodo caratteri di particolare gravità perché si faceva strada addirittura l’ipotesi di secessione della regione, proposta da un movimento indipendentista. Ai personaggi credibili ed anche rispettabili che la propugnavano si unirono presto altri elementi ambigui nonché personaggi fuori di testa che favoleggiavano addirittura di una annessione della Sicilia agli U.S.A., cosa che si diceva avrebbe recato al popolo siciliano ricchezza e prosperità.

Non è neppure il caso di aggiungere che la mafia sposò al volo una causa che le spalancava ponti d’oro per stabilire sulla regione il suo dominio assoluto e praticamente istituzionalizzato. A fianco della struttura politica di quel movimento si vide schierata anche una piccola formazione armata che si autoproclamò esercito indipendentista siciliano, il cui nucleo era costituito da una banda di fuorilegge capitanati da un bandito famoso, Salvatore Giuliano, un delinquente comune che per acquisire benevolenza e merito sia nei confronti degli americani che della mafia locale aveva già compiuto una strage di lavoratori palermitani in corteo con le bandiere rosse del P.C. che celebravano il 1° maggio del 1947 in un prato di Portella della Ginestra. [1]

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Portella della Ginestra
Una commemorazione del 1 maggio 1947

La matassa che si faceva sempre più ingarbugliata e minacciava di sfociare in uno dei peggiori malanni cronici della storia del paese venne sbrogliata di colpo dal successo insperato delle forze dell’ordine: Salvatore Giuliano, che era fino allora sfuggito ai suoi ricercatori e li aveva dileggiati spavaldamente nelle interviste rilasciate ai giornalisti, dai quali invece si lasciava avvicinare senza troppe difficoltà, venne ucciso il 5 luglio 1950 in uno scontro a fuoco coi carabinieri.

Almeno così riferì in Parlamento il ministro dell’Interno in carica, Mario Scelba, che fece premiare il capitano Perenze che a suo dire aveva guidato l’azione promuovendolo maggiore. Risultò in seguito che le cose erano andate molto diversamente. Era stato il cugino Gaspare Pisciotta, suo luogotenente, a tradire Giuliano ed a sparargli una raffica nel sonno per poi farlo trovare ai carabinieri accasciato su una sedia in un cortile di Castelvetrano.

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Salvatore Giuliano

Ne fu ripagato con una tazzina di caffè corretto all’arsenico propinatagli dal suo stesso genitore, che gli era anche compagno di cella all’Ucciardone, il carcere di Palermo. Non ha rilievo se lo scontrino del caffè abbia gravato sul bilancio dello Stato, per chiudere la bocca a Pisciotta, o su quello della mafia, per dargli una lezione di buone maniere. La sostanza delle cose non cambia di molto per noi.

Quanto al maggiore Perenze non volle rilasciare dichiarazioni né prima né dopo. Restò nell’ombra dove si era sempre mantenuto e la stampa non volle tormentarlo più di tanto divertendosi solo ad azzannare il ministro bugiardo, felice di farlo impunemente perché già di nemici politici da tenere a bada quello ne aveva di suo anche troppi.

Non ho difficoltà a dar credito al maggiore Perenze, a ritenerlo un carabiniere vero, di quelli tosti, usi a obbedir tacendo, un carabiniere di quelli a lunga conservazione, ben diverso dai due galletti di Firenze ai quali il sole dell’estate calda deve aver cotto il cervello.

Ho citato dunque una vicenda piena di scelleratezze, compiute da uomini delle istituzioni, moralmente esecrabili ma tutte concorrenti ad un risultato finale innegabilmente positivo: due feroci assassini eliminati, una banda numerosa di fuorilegge sgominata, uno stillicidio di morti e feriti di ambo le parti durante anni di caccia finalmente concluso e, ciò che più conta dal nostro punto di vista, un grave problema politico nazionale risolto nel più semplice dei modi. Meglio di così!

Bene, questa era la prima repubblica: dei suoi uomini di legge c’era anche colui che si sporcava le mani, ed erano in tanti a farlo, ma non perdeva il senso dello stato, lo faceva con una prospettiva ampia innanzi agli occhi, con una intenzione sana.

Veniamo alla repubblica nostra, quella scalcagnata di oggi. Pare che oggi di bugie talvolta qualche carabiniere ne dica. Pare che il capitano Scafarto l’abbia fatto di recente nel corso d’una indagine giudiziaria e pare che questo si sia ripetuto in un paio d’occasioni e, dulcis in fundo, che la cosa abbia fatto talmente piacere a qualcuno dei suoi superiori che è stato anche lui promosso maggiore malgrado fosse oggetto di una inchiesta disciplinare dovuta alla circostanza. Lui afferma di essersi sbagliato e su questo possiamo convenire tutti, perché sicuramente ha sbagliato in ogni caso, ma dice pure di averlo fatto in buona fede.

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Anche se volessimo credere alla sua versione (ed io personalmente, per quel nulla che vale la mia opinione, non gli credo) possiamo noi fidarci ulteriormente di un investigatore siffatto che riferisce al magistrato azioni di un soggetto attribuendole ad un altro soggetto? Mi chiedo se sia più pericoloso un pubblico ufficiale che opera in mala fede per colpire qualcuno in particolare o un cretino che scrive rapporti pensando a tutt’altro e sbaglia per due volte un nome nella medesima relazione.

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Il capitano Scafarto e Renzi padre

Uno così potrebbe danneggiare chiunque, è una mina vagante per tutti. Io questo signore lo metterei comunque nel cestino. Qualunque sia stata la motivazione dei suoi atti non se ne intravede in alcun caso una potenziale pubblica utilità, un possibile generale interesse che ne possano risultare. Altra dietrologia è inutile farla oggi, mancandoci finora elementi che possano supportarla.

Ecco, questa è la connotazione più evidente ed anche la più sgradevole della seconda repubblica, quella che fa la differenza con la prima, tanto bistrattata e vituperata. Si vive in un’aura di squallore, si parla sempre a basso livello, di meschinità, di ripicche personali, di piccoli uomini che si palesano o mascalzoni o incapaci. Questa è purtroppo la sua dimensione. Vi piace?

Anche un osservatore neutrale che si guardasse intorno senza pregiudizi vedrebbe che a Roma, dove negli assessorati del Campidoglio si aggirano torme di lupi famelici, in un ruolo che richiederebbe un capobranco dotato della integrità del vecchio sindaco Nathan e gli attributi di un Saddam Ussein, è stata indicata, e purtroppo votata, una signorinella ambiziosa mentre una delle maggiori formazioni politiche presenti sulla piazza propone quale premier un giovanotto studente fuori corso e disoccupato da sempre, che con una buona giacca blu e il suo sorriso accattivante farebbe benissimo l’agente immobiliare.

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Il sindaco Nathan (1845-1921)

E’ legittimo sospettare che questi due bravi ragazzi sono destinati ad essere manovrati dai pupari che restano celati nel teatrino. Da troppe sedi istituzionali si irradia un senso di precarietà, di fragilità, di inadeguatezza. Si avverte un sentore di plastica scadente, come dagli oggetti made in China. Vuoi mettere con il C.A.F.? Non c’è partita!

[1] Su questa strage vedi il capitolo “Dall’eccidio di Portella al caffè di Pisciotta” del libro di Giorgio Frasca Polara COSE DI SICILIA edito da Sellerio, Palermo 2004



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