Rubrica: QUADRIFOGLIO

GIOVANNI BOLDINI al Vittoriano 4 marzo – 16 luglio 2017

Una grande mostra antologica evidenzia il talento del grande ritrattista della Belle Époque
sabato 4 marzo 2017

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.

La Belle Époque è stata per Parigi una sorta di età dell’oro, segnata dal trionfo del modello borghese liberale e laico, che portò a una grande libertà di pensiero e a un vivacissimo fermento culturale. Il mito di Parigi in quegli anni attirò diversi artisti italiani che in qualche caso divennero parigini di adozione, come il ferrarese Giovanni Boldini (1842-1931), protagonista di una grande mostra antologica al Vittoriano, ricca di ben 160 dipinti (dei quali 130 suoi), provenienti da collezioni private e importanti musei internazionali. Un progetto espositivo così ampio, che ha richiesto quattro anni di lavoro per essere portato a termine, racconta Boldini come realmente era, in tutte le sue sfaccettature. Dotato di un precoce talento naturale, a soli 14 anni egli dipinse un magistrale autoritratto e, nonostante il padre, pittore egli stesso, lo sconsigliasse di intraprendere la sua attività per non morire di fame, procedette nel suo cammino artistico, riscuotendo un enorme successo e raggiungendo la ricchezza.

Nella prima sezione “La luce nuova della macchia”, troviamo i dipinti relativi al soggiorno fiorentino di Boldini (1864-70), accanto a quelli di alcuni Macchiaioli, tra cui Vincenzo Labianca, Vito d’Ancona e Telemaco Signorini, dai quali si differenzia subito per il suo modo di ritrarre, come si vede nel piccolo Ritratto di Diego Martelli, caratterizzato da un movimento dal basso che appare nuovo e originale. Ricordiamo che Diego Martelli era un critico e mecenate che accoglieva i Macchiaioli nella sua ridente tenuta di Castiglioncello e che verso la fine della sua vita decise di rendere pubblica la sua quadreria, che andò a costituire il primo nucleo della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Con Boldini entriamo anche nell’intimità della casa di Cristiano Banti (il primo collezionista dei Macchiaioli e pittore egli stesso), con i ritratti di Alaide Banti, figlia di Cristiano e all’epoca fidanzata dell’artista.

Lasciata Firenze nel 1871, dopo un soggiorno di qualche mese a Londra, Boldini si trasferisce definitivamente a Parigi, attratto dalla mondanità della Ville Lumière e dalle grandi prospettive di carriera. Una vivace pittura realistica, nella quale la modernità parigina si fonde con la formazione macchiaiola, caratterizza i suoi esordi parigini, rappresentati nella seconda sezione della mostra “La Maison Goupil fra chic e impressione (1871-78)”. Se “impressione” allude all’impressionismo, al quale Boldini non aderì, pur essendo molto vicino a Edgar Degas, la Maison Goupil prende il nome da un ricco mercante d’arte che preferiva quadretti dal vivace cromatismo, come alcune scene in mostra, in particolare Marchesino a Versailles, Place Clichy e Lo strillone, che raffigura con estrema disinvoltura ed efficacia il grido di un venditore di giornali. A questo periodo appartengono anche i numerosi ritratti di Berthe, ragazza sinuosa ed attraente che fu la prima compagna parigina del pittore. Ma ben presto Berthe venne sostituita dalla contessa Gabrielle de Rasty, raffigurata in innumerevoli contesti, a letto, coricata o in abito da sera.

“La ricerca dell’attimo fuggente (1879-90)” e “Il ritratto della Belle Époque (1892-1924)” sono le altre sezioni che illustrano la vita parigina, dove Boldini si sente pienamente a suo agio. Come leggiamo in una frase di Edmondo De Amicis, evidenziata in mostra, “un non so che di voluttuoso spira nell’aria, mentre la notte di Parigi, carica di follie e di peccati, prepara le sue insidie famose”. Boldini è messo a confronto diretto con altri pittori, tra cui James Tissot e alcuni italiani trapiantati a Parigi negli stessi anni, in particolare Vittorio Corcos, Federico Zandomeneghi e Giuseppe De Nittis. Se De Nittis cerca il consenso degli intellettuali, alternando soggetti alla moda con aperture a scene impressioniste, Boldini è attratto soprattutto dal dinamismo parigino, dai cafè chantant e dalle belle donne. “Le donne sono per lui dei grandi fiori viventi che il desiderio respira e coglie”, scrive a questo proposito Jean-Louis Vaudoyer alludendo alla straordinaria capacità di Boldini di percepire e cogliere l’essenza della femminilità. Le donne decretarono il suo successo mondano e artistico e la sua vita si divise tra modelle, aristocratiche e ricche borghesi, in un intricato turbinio di amori.

Anche se non mancano gli autoritratti e i ritratti maschili, come quello di Giuseppe Verdi e di altri personaggi di spicco, sono proprio i ritratti di donne a colpire maggiormente la nostra attenzione con la loro eleganza e sensualità, i cappelli, i gioielli e la pelle madreperlacea. Le donne di Boldini sono sempre palpitanti di vita. Nelle lunghe sedute di posa, si instaurava non di rado un dialogo e un’amicizia che permetteva al pittore di renderle più conturbanti, tanto che anche le più algide e aristocratiche cedevano al desiderio di mostrare la parte più intima della loro personalità. Non passano certo inosservati i ritratti di Cecilia de Madrazo Fortuny, di Emiliana Concha de Ossa, di Lady Gertrude Elizabeth Colin Campbell, di Dora di Rudinì e quello di Madame Blumenthal, ma anche quelli di anonime protagoniste, come quelle raffigurate in Provocazione o in La toilette. A questi dipinti si aggiunge il grande Ritratto di Donna Franca Florio, eseguito tra il 1901 e il 1924, immagine guida della mostra, che è ospite d’eccezione, in attesa di essere venduto all’asta.

Fu Ignazio Florio, erede di una delle più importanti famiglie imprenditoriali siciliane, ad affidare a Boldini nel 1901 il compito di ritrarre la moglie Franca, donna di singolare fascino e bellezza, chiamata all’epoca “Donna Franca, la Regina di Sicilia” e definita da D’Annunzio “L’unica: una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”. Boldini si recò a Palermo ed eseguì un ritratto, che però non piacque a Ignazio in quanto troppo sensuale e provocatorio. Il pittore allora si rimise all’opera eseguendo una seconda versione del dipinto, che questa volta venne approvato da Don Ignazio. L’opera è presentata alla Biennale di Venezia nel 1903 ma nel tempo se ne perdono le tracce. A distanza di anni Boldini, su richiesta della stessa Donna Franca, riprende la prima versione del ritratto, conservata da sempre nel suo atelier, realizzando il dipinto nella sua forma definitiva, quella nota a tutti.

Tra il 1927 e il 1928, il quadro, in seguito alla rovina finanziaria della famiglia Florio, viene comprato dal barone Maurice de Rotschild e dal 2006 esposto nel prestigioso albergo Villa Igiea a Palermo. Destinata a far parlare di sé, oggi l’opera è coinvolta nella procedura giudiziaria che interessa il Gruppo Acqua Marcia. Tenendo conto che il ritratto di Donna Florio potrebbe essere acquistato all’asta da un privato, quest’esposizione romana potrebbe essere una delle ultime occasioni per ammirarlo.

P.S.

GIOVANNI BOLDINI

Complesso del Vittoriano, Roma
4 marzo-16 luglio 2017
Orari: dal lun. al gio. 9,30-19,30; ven. e sab. 9,30-22; dom. 9,30-20,30
Biglietti (audioguida inclusa): intero €14, ridotto € 12



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