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Rubrica: EDITORIALI

EDITORIALE 06/2006

venerdì 9 giugno 2006

In una società in cui abbondano gli scandali, da Tangentopoli a Calciopoli che, molto spesso si risolvono in una nuvola di fumo, accade anche questo:

Stanno arrivando delle richieste dal Ministero del Tesoro di rimborsi da effettuare da parte di impiegati e pensionati circa presunti errori fatti dalle rispettive amministrazioni di appartenenza, sullo stipendio degli stessi, quasi sempre ignari di aver ricevuto magari soltanto 10 euro in più nella busta paga.

Il bello è che tali esorbitanti cifre riguardano periodi trascorsi da molto tempo, risalenti anche a 10 15 anni or sono...

Oltre a ciò, al povero impiegato o pensionato non resta che far ricorso, per evitare di ricevere una cartella esattoriale o la visita dell’Ufficiale giudiziario, addirittura al TRIBUNALE DEL LAVORO, rivolgendosi, a proprie spese, ad un Avvocato.

Ma non finisce qui:

Ammesso che il Giudice dia ragione al lavoratore, questi, prima dovrà pagare la cifra richiesta e poi attendere, magari per anni, il rimborso della stessa.

In base alla legge che prevede la decadenza, dopo 5 anni, di contenziosi per cause lavorative e dopo numerose sentenze della Cassazione a tale proposito favorevoli al lavoratore, si tratta, in breve, di una enorme perdita di tempo e di denaro, creata appositamente da una burocrazia stantia e pletorica che, da troppi anni, dovrebbe essere snellita. Si promette sempre, da parte di ogni governo, un alleggerimento della prassi burocratica, in un’epoca dove tutto è veloce, immediato, tecnologico e computerizzato.

Ed allora, perché non incominciare da qui?

Silvana Carletti



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