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Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE

La pace dei liberi e dei forti (Bononia University Press, 2013)

LA PACE DEI LIBERI E DEI FORTI NEL RICORDO DI TEODORO MONETA

martedì 1 aprile 2014

Argomenti: Storia
Argomenti: Francesca Canale Cama

La figura di Ernesto Teodoro Moneta ha rappresentato a lungo, per tanti anni, il simbolo unico e solitario in Italia della pace. Poi quando quest’ultima parola ha fatto irruzione nel vocabolario corrente quel nome è stato dimenticato. Francesca Canale Cama ha il merito perciò di aver rievocato quel coerente patriota risorgimentale (La pace dei liberi e dei forti) nella sua figura di tenace assertore di una idea, di un sentimento, di una speranza: veniva presentato come un profeta inascoltato ed era invece un combattente pacifista, di primarie qualità morali, deciso all’impegno per diffondere un anelito universale, di cui si è fatto tra i primi portavoce – come ricorda nell’introduzione Angelo Varni – Giuseppe Garibaldi quando, all’indomani della vittoriosa battaglia del Volturno che poneva fine al regno dei Borboni e apriva la strada per l’unificazione nazionale, lanciò l’appello (poco noto, nei libri scolastici si legge solo che G. tornò umile e solitario a Caprera) per il disarmo ai capi degli Stati europei.

E proprio quell’aspirazione condurrà il patriota garibaldino a incarnare a fine Ottocento in tutta Europa il principio di concordia pacifica e collaborazione internazionale, tanto da essere insignito del più alto riconoscimento mondiale in materia così controversa, il premio Nobel per la pace (nell’Appendice del nostro testo L’arco della pace, Ediesse, Roma, 2011, è riportato tra l’altro l’elenco di tutte le persone che sono state insignite in questo simbolico premio).

Il merito della ricercatrice, autrice del libro (edito da Bononia University Press), è di aver ripreso tutte le motivazioni dalle quali muoveva l’indomito sostenitore di una fondamentale principio di convivenza democratica internazionale, nel cambiare insieme tra due concetti che per tanti sembravano poter essere solo contrastanti: unire nella grande battaglia “pace” e “patria”. Era un principio che si era diffuso in quella fase storica, in particolare in Inghilterra, che viveva nel suo splendido isolamento e che subirà nel Novecento la più vasta e distruttiva profanazione.

Il pensiero di Moneta era chiaro, limpido. Indipendenza delle singole nazioni e contemporaneamente educazione, oltre che al sentimento di libertà del proprio paese, al principio di una collaborazione internazionale, fondata su accordi tra gli Stati per assicurare ai popoli comportamenti capaci di superare l’inferno delle battaglie distruttive e indurre invece ad unirsi in un comune sforzo di affratellamento, contro le spinte nazionalistiche (che riconducevano l’amor di patria a esigenza egoistica). Egli seppe così contribuire alla formazione di una rete internazionale che cominciò a divenire operante nel 1880 (specie per merito di Hodgson Pratt). Si sviluppò così una serie di “società per la Pace” in vari paesi europei nonché negli Stati Uniti: Ginevra, Parigi, Londra furono i centri nei quali ebbero luogo i primi incontri divenuti poi Congressi periodici, nei quali si incontravano i sostenitori dell’ideale di convivenza pacifica, in una Europa pur contrassegnata da conflitti continui e micidiali specie nel Sud-Est per confini continuamente modificati. Merito particolare di Moneta fu proprio quello di unire in sé, nella sua concreta visione, posizioni che molti avevano interesse a tenere disgiunti.

Egli fu pertanto il testimone più fervido dell’armoniosa possibilità di concentrare le energie dei cittadini per affermare appunto il valore di una grande idea di unificazione e collaborazione tra popoli. E Milano stessa divenne punto di raccordo prima tra le varie associazioni italiane proponitrice di quell’idea di rinnovamento politico e civile e poi anche con riferimento alle altre varie istituzioni che spesso attraverso la Svizzera si erano ampiamente diffuse. Il giornale radicale “Il secolo” ne divenne propugnatore fedele e convinto.

In quel periodo si parlava molto di accordi civili per favorire il disarmo proprio in quei paesi che sembravano invece abbandonarsi ai facili criteri dell’aumento incontrollato di spese militari e che sistematicamente sottraevano ai vari popoli tanti mezzi finanziari per destinarne una quota sempre più rilevante a fini bellici.

Le ricerche che hanno condotto alla raccolta delle interessanti notizie pubblicate in questo documentato studio dimostrano, tra l’altro, l’ampiezza via via assunta dai vari movimenti che si andavano diffondendo.

Naturalmente questa corrente politica veniva a cozzare direttamente contro i sostenitori di guerre nell’interesse delle singole nazioni, ma anche nei confronti dei fautori del principio di lotta di classe che, nella stessa fase storica, sarà assunta a modello politico-sociale da molti gruppi della sinistra politica nella speranza di risolvere i problemi dei singoli paesi. Viene quindi spiegato nel libro con molta precisione il significato e la portata di quell’idea che Moneta contribuì a diffondere nel giornale “La vita internazionale”, oltre che nel “Secolo”. Numerosi intellettuali ritenevano invece che la guerra fosse un male inevitabile, iscritto di fatto nella storia di tutti i tempi e di tutti i paesi. Contro queste menzogne convenzionali Moneta illustrava non solo gli ideali, ma le ragioni della pace che veniva allora strettamente connessa con i principi di liberà e nelle motivazioni dei possibili “arbitrati” da realizzare gradualmente nei rapporti tra le nazioni.

La professoressa Canale Cama, della seconda Università degli Studi di Napoli, ha portato a termine questa ampia ricerca offrendo, con larghezza di informazioni, tanti importanti particolari sulla complessa svolta dai movimenti del pacifismo europeo in rapporto agli altri significativi partecipanti ad una battaglia di giustizia: era l’età che – anche per il contemporaneo progresso nel lavoro scientifico – induceva a sperare in un futuro sempre meno succube della violenza, dell’odio, dei conflitti ininterrotti. Il libro merita perciò di essere letto e divulgato, soprattutto tra i giovani: troveranno motivi e ragionamenti più utili di tanti insulsi discorsi e articoli che trionfano oggi nella pubblica opinione, e in specie nelle varie ripetitive rubriche televisive, sempre più superficiali.



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