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Rubrica: QUADRIFOGLIO

RODIN. Il marmo, la vita

Oltre 60 sculture in mostra alle Terme di Diocleziano
sabato 1 marzo 2014

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.

Nella scultura classica è compito dell’artista portare il marmo verso la trasparenza, cancellandolo dietro la forma. Per secoli gli scultori occidentali hanno seguito questa prassi, ma Auguste Rodin vi rinuncia, e in questo consiste la sua carica rivoluzionaria: per lui è il marmo che produce l’opera d’arte, diventando, soprattutto verso la fine della sua vita, il marmo stesso il soggetto dell’opera.

A Roma, nelle cosiddette Grandi Aule delle Terme di Diocleziano (Museo Nazionale Romano), possiamo ammirare, fino al 25 maggio 2014, le sue abbaglianti sculture nella mostra “Rodin. Il marmo, la vita”. La scelta di allestire qui la mostra non è casuale. In questo museo si trova, infatti, il celebre Chiostro di Michelangelo, realizzato per l’adiacente Certosa (poi Basilica) di Santa Maria degli Angeli, che il genio michelangiolesco realizzò utilizzando le antiche architetture termali. E a Michelangelo, in occasione del 450° anniversario della sua morte, viene accostato un artista che è stato definito il Michelangelo della Belle Époque.

L’esposizione, che ha già riscosso notevole successo a Milano, propone 62 opere, prestate in gran parte dal Musée Rodin di Parigi (attualmente in fase di restauro), ed è curata dalla direttrice del museo parigino Aline Magnien, in collaborazione con Flavio Arensi. Questa occasione espositiva, la più grande finora realizzata sulla produzione marmorea dell’artista, ha permesso di approfondire le indagini sui materiali usati dal maestro e di chiarire i rapporti con i suoi collaboratori. In effetti Rodin non avrebbe potuto realizzare ben 400 sculture in marmo, se non avesse avuto una vera e propria bottega, dove l’opera veniva da lui ideata, ma manualmente eseguita da altri sotto il suo controllo.

Proprio per questo le didascalie riportano anche il nome dello sbozzatore e l’allestimento fa pensare all’atelier dello scultore, con le opere piazzate in sequenza su banconi di legno, sui quali presumibilmente dovevano lavorare i suoi collaboratori. Tubi Innocenti e teli che pendono dall’alto scandiscono gli spazi, anche se l’impressione è che le sculture siano troppo ravvicinate. Una maggiore ariosità avrebbe consentito di poterle ammirare da tutti i lati.

L’esposizione, che segue un iter cronologico, si apre con “L’illusione della carne” (1871-1895), tema intorno al quale si sviluppa la prima sezione. E qui viene spontaneo il riferimento all’antichità greco-romana e all’Italia rinascimentale attraverso la figura di Michelangelo, che considerava il marmo il materiale più adatto per restituire la sensazione della carne palpitante. Fanno parte di questa sezione alcune opere giovanili ancora di stampo classico, tra cui l’Uomo dal naso rotto, il ritratto di Madame Roll e una delle sue sculture più celebri, Il bacio, che fece scalpore per la raffigurazione di due amanti, nudi, di notevoli dimensioni. Una vera sfida, all’epoca, perché il nudo era riservato ad opere di piccolo formato.

La mostra prosegue con alcune delle sculture più conosciute del maestro, risalenti al periodo della piena maturità (1895-1905), caratterizzate da figure che sembrano emergere da candidi blocchi di pietra. Opere come Illusione sorella di Icaro o la Danaide possono disorientare l’osservatore per la molteplicità dei punti di vista. Ci colpiscono in questa sezione mirabili richiami alla sensualità, come nelle bellissime Mani d’amante, e la disinibita ricerca di nuove posizioni e temi erotici. Come non ricordare a questo proposito la sua celebre allieva e amante Camille Claudel, che con il maestro deve aver avuto un rapporto che andava al di là della passione amorosa per sconfinare nella creazione artistica con reciproche influenze.

Una delle opere più significative è La mano di Dio, che regge il blocco di terra da cui sono plasmati Adamo ed Eva. Rodin sperimenta la resa del volto nell’ombra di una parte sporgente e crea uno dei suoi stilemi più riconoscibili. Anche in questo caso non possiamo non accostare la sua opera a Michelangelo, stavolta pensando alla creazione dell’uomo nella Cappella Sistina, che deve aver particolarmente colpito Rodin, insieme al “non finito” michelangiolesco dei Prigioni e della Pietà Rondanini.

E “Verso il non finito” è proprio il tema della terza sezione, comprendente le opere del periodo 1905-1917. Un artificio, questo dell’incompiuto, che Rodin svolge in una chiave di assoluta modernità, poi ampiamente assunta da altri scultori. Il non finito evolve accompagnandosi a un certo uso dello sfumato, nel quale si coglie l’influenza di Leonardo da Vinci, del pittore simbolista Eugene Carrière, amico di Rodin, e dello scultore Medardo Rosso.

Tra le opere in mostra sono inseriti alcuni intensi ritratti, come quello della compagna Rose Beuret, quello di Victor Hugo e quello meno noto di Puvis de Chavannes, un artista in voga alla sua epoca come decoratore di muri. I ritratti evidenziano l’importanza crescente della materia grezza all’interno dell’opera. Il busto emerge a fatica dal blocco, evitando ogni volontà illusionistica e riaffermando che si tratta proprio di marmo.

P.S.

“RODIN. Il marmo, la vita”
Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano, viale E. De Nicola 79
Orari: dalle 9,30 alle 19,30, chiuso il lunedì
www.mostrarodin.it



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