Rubrica: SCIENZA E DINTORNI

I Tarocchi come rappresentazione di un individuo

venerdì 1 novembre 2013

Argomenti: Parapsicologia
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Come si è accennato nell’articolo del 25/12/2005 circa I Tarocchi Reintegrati , tratto dal libro “I Tarocchi perduti” del prof. Andrea Forte, edito dalla Casa editrice Alia nel 1988, per tradizione si dice che l’intero mazzo di tarocchi riguardi in realtà le varie componenti di un individuo, nel senso proprio che un individuo costituisce un fascio completo di “schede”, cioè un mazzo di tarocchi. Va ricordato che lo stesso discorso ricorre in astrologia (dove un individuo è tutto lo zodiaco), in alchimia (dove un individuo è l’insieme di tutti gli strumenti ed operazioni), in altri linguaggi tradizionali o traditi che siano. Il discorso risulta evidente di per sé.

Infatti, prendendo alcuni mazzi, per quanto incompleti e sfigurati possano essere, ci si accorge facilmente che trattasi dello stesso viso, considerato talora in aspetto maschile, talaltra femminile, da giovane od adulto o anziano. In questo senso è come se ci trovassimo di fronte quel gioco consistente nello sfogliare in velocità una serie di sequenze inerenti la stessa figura, ottenendo l’effetto ottico che essa si muova. Ma è forse in cinematografia che troviamo il supporto adatto per cogliere questo aspetto globale del mazzo di tarocchi: con la tecnica delle dissolvenze risulterebbe suggestivamente evidente che tutte le figure sono mutazioni di un’unica identità.

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Risulta esperienza comune a tutti che qualsiasi cosa o viene in qualche modo considerata nella sua globalità, oppure frantumandola in tante tessere ad incastro. Tutto ciò risulta vero per qualunque oggetto, sentimento, situazione, individualità, e presumibilmente nei confronti dei tarocchi. Altrettanto noto è che qualsiasi sintesi passa attraverso l’analiticità, ma non si riduce esclusivamente ad essa. Questo per dire che se pretendiamo tutto sui tarocchi in 10 lezioni o diecimila, ciò non è possibile fornirlo. A parole si possono analizzare le singole figure ed i loro collegamenti logici, ma è solo interiorizzando tutto questo che si avrà la sintesi comprensiva. Ne consegue che, se prendiamo le carte come stanno, ciascuna di per sé, significherà moltissimo per alcuni, pochissimo per altri. Allora esse significheranno tutto ciò che vogliono, o che possono, o che sanno significare.

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La cartomanzia è nata come un fattore auto ed etero conoscitivo dell’essere umano, scopo che del resto troviamo a monte di altre discipline, quali la chiromanzia e l’astrologia. E poiché la comprensione di sé porta progressivamente ad una maggiore conoscenza del passato e del futuro, oltreché del presente, ne consegue che dette discipline possono anche produrre fenomeni più o meno saltuari di cosiddetta chiaroveggenza, precognizione ed altro. È abbastanza evidente che l’angoscia del futuro ha giocato un brutto tiro a tutti, consultanti e sensitivi, spingendoli a fare di tali discipline uno strumento assicurativo piuttosto che coscienzializzante.

Così, il fatto di conoscere ciò che gli altri ci tengono nascosto al presente, e di conoscere il futuro, hanno preso il sopravvento, guastando irrimediabilmente gli strumenti stessi. In realtà la situazione sarebbe alla rovescia: qualunque “arte divinatoria” dovrebbe portare alla conoscenza di un’ipotesi, che andrebbe poi verificata dal consultante, sia nel concreto storico che coscienzialmente. Notoriamente ciò non interessa la massa, e di questo molti hanno preso a profittare.

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Razionalità a valle, e spiritualità a monte dello psicologismo e dello psichismo… sono finiti per essere estromessi dalla cartomanzia classica. Il ritrovamento dei tarocchi perduti se non altro ha recuperato la razionalità, che ha un presupposto di notevole coerenza. Esso si basa sulla constatazione che i contenuti somatici e gli stati psichici degli umani, le modalità materiche ed energetiche dell’universo… al di là delle diverse formalizzazioni, sono sempre riconducibili a 4 ben precisi aspetti, che nell’insieme formano un unico evento. Infatti si nota che l’essere umano, cosciente o meno, che sia santo o drogato, qualunque cosa faccia o sappia o ignori, non può che stare in uno dei 4 stati: veglia, sogno, sonno profondo, lepsi, i quali a loro volta hanno precise corrispondenze somatiche. Il discorso è enorme, ma non è globale, perché approfondendo questa teoria si scopre che il suo sistema è chiuso per un verso, aperto per un altro, e quindi suscettibile di ulteriori sviluppi e acquisizioni.



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