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Rubrica: CULTURA

Le rime di Isabella Morra (1520-1546)

La violenza verso le donne ha una storia molto antica. La poetessa lucana è stata una delle tante vittime innocenti della violenza fratricida,
sabato 1 dicembre 2012

Argomenti: Letteratura e filosofia
Argomenti: Storia
Argomenti: Poesia

Isabella Morra, essendo il padre esule in Francia, era rimasta affidata alle cure dei fratelli e viveva in triste solitudine nel Castello di Valsinni (Matera).
Con la complicità del suo precettore strinse una relazione poetico epistolare con il poeta spagnolo Diego Dandoval De Castro, che viveva nel vicino castello della Bollita.
I fratelli venuti a conoscenza di tale relazione, ritenendo che si trattasse di una tresca, uccisero Isabella, il suo precettore e il poeta spagnolo. Della poetessa è rimasto un breve canzoniere che spicca, tra quelli del suo tempo, per i toni accorati e meditativi.

Questo in sintesi la storia, ma vediamo di inquadrare l’epoca in cui sono avvenuti questi “fattacci” e come questi si svolsero in dettaglio.

Con l’avvento dell’Umanesimo e del Rinascimento la donna assunse nel campo letterario una parte nuova nella società, anche se questa emancipazione era limitata strettamente alla partecipazione a circoli letterari, a salotti di mecenati, alle corti di re, di principi e di feudatari. Per la maggior parte erano gentildonne, dame di palazzo e cortigiane.

Sono da ricordare tra le altre: Tullia D’ Aragona, Veronica Franco,Barbara Torelli, Laura Battiferri, Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Gaspara Stampa.

Nel Regno di Napoli il petrarchismo arrivò anche nelle zone periferiche laddove esistevano vari feudi.

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Castello Valsini

In particolare nella prima metà del Cinquecento giunse anche in Lucania, sulle rive del fiume Sinni, nel Castello di Favale di Valsinni (Matera), dove appare la figura di Isabella Morra, che nella sua solitudine compone sonetti e canzoni di passione e di dolore. Per la sua condizione umana e familiare Isabella Morra rimase emarginata rispetto alla vita condotta dalle altre poetesse del tempo che operavano presso le corti delle maggiori città italiane dove brillava la poesia cortigiana,

Pertanto, nel contesto generale della vita letteraria dell’epoca, il caso della Morra è assolutamente diverso in quanto, tra l’altro, la poetessa non fu né una dama di corte né una cortigiana. Ella visse una vita breve lontana dai centri letterari e dai salotti, chiusa nel suo castello nella biblioteca paterna con la sola compagnia del pedagogo. Inoltre è da osservare che per la Morra la vita fu influenzata negativamente anche dalla realtà socio-politica del Meridione.

Le continue guerre tra la Spagna di Carlo V e la Francia di Francesco I per il predominio del Mezzogiorno d’Italia, fino alla pace di Cambray del 1525, ebbero conseguenze rovinose sia per il Regno di Napoli, sia per le sue province, influendo negativamente sulle condizioni della vita della Morra, la cui famiglia, parteggiando per la Francia, ebbe a subire varie traversie a causa della dominazione spagnola.

Nel 1509 il feudo di Favale era della famiglia di Antonio Morra che dal matrimonio con Luisa Brancaccio ebbe, nell’ordine, otto figli: Marcantonio, Scipione, Isabella, Decio, Cesare, Fabio, Camilla e Porzia (da notare i nomi classici dati ai figli).

Nel 1520, a seguito di un’impresa fallita in favore della Spagna a cui prese parte il padre di Isabella,lo stesso dovette andare in esilio a Parigi presso la corte di Francesco I, lasciando nel castello di Valsinni la moglie con tutti i figli tranne Scipione che seguì il padre.

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Targa dedicata a Isabella Morra

Da quanto gli storici hanno potuto ricostruire - in particolare Benedetto Croce - Isabella sarebbe nata nel 1520 o poco dopo il che significa che all’epoca dell’esilio del padre aveva appena otto anni.

Per l’assenza della figura paterna e del fratello Scipione, al quale era legata da interessi di studio, la Morra ebbe a soffrire molto.

Mentre i due profughi a Parigi conducevano una vita galante presso la corte francese, passando da una festa ad un cenacolo letterario, la famiglia, rimasta nel Castello di Favale, trascorreva una vita grama e senza conforto.

In tale situazione Isabella si chiuse nel guscio della propria solitudine, pensando con nostalgia alla vita che le altre poetesse del tempo conducevano nel centro culturale di Napoli e nelle altre Accademie disseminate in Italia dove anche il suo ingegno avrebbe potuto ottenere i giusti riconoscimenti.

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Isabella Morra

La malinconia che traspare dai suoi versi ha perciò una matrice più complessa di quella delle altre poetesse del tempo.

La situazione umana di Isabella fa pensare in un certo senso a quella del Leopardi, chiuso anch’egli nella sua casa baronale ed escluso da rapporti umani. Come la Morra così anche il poeta di Recanati fu lontano dai centri di vita pubblica e culturale dell’epoca, rimanendo segregato nel suo ”borgo natìo selvaggio”, relegato in una provincia sperduta dello Stato Pontificio e in un ambiente familiare di piccola nobiltà papalina e legittimista.

Nell’angusto Castello di famiglia la Morra cominciò, sin da giovinetta, a dare sfogo alla sua amarezza attraverso la poesia. Il desiderio di evasione e lo sfogo interiore attraverso le sue “Rime” e le “Canzoni“ non furono compresi dai fratelli: essi, partecipi di un ambiente sociale - come dice la stessa poetessa in un sonetto - fatto di “gente irrazionale, priva d’ingegno”, e probabilmente anche un po’ ignorante, non compresero la solitudine e lo stato di bisogno affettivo della sorella.

Con il passare degli anni anche per Isabella cominciò a maturare il sentimento dell’amore e il desiderio di evadere dal suo borgo e di conoscere un uomo che con il matrimonio avrebbe potuto portarla lontano da quello ambiente chiuso e senza alcuna prospettiva.

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La pubblicazione di Benedetto Croce

Non lontano dal Castello di Favale, sovente un nobile spagnolo, tale Diego Sandoval de Castro, partendo dal suo feudo di Cosenza, si recava al Castello di Bollita, sito in Nova Siri, a far visita alla moglie Principessa Antonia Caracciolo, che conosceva Isabella la cui dimora distava pochi chilometri da Bollita.

Il suddetto nobile spagnolo, anch’esso poeta, probabilmente suscitò un certo sentimento di amore platonico in Isabella, dandole forse l’illusione di poter un giorno evadere dal suo isolamento.

Un giorno il barone Diego Sandoval, servendosi del nome della moglie,per mezzo del pedagogo della Morra, inviò alla poetessa delle poesie e una lettera.

I fratelli della Morra, Cesare, Decio e Fabio, sorpresero la sorella mentre si accingeva ad aprire il plico inviatole e sospettando che si trattasse di una tresca, tra la fine del 1545 e l’inizio del 1546 pugnalarono Isabella e il suo pedagogo, latore del plico galeotto.

Poco tempo dopo,nell’autunno del 1546, i predetti fratelli, venuti a conoscenza che il barone de Castro soleva percorrere a cavallo la mulattiera che congiungeva il suo feudo a quello della Morra, in un agguato tesogli, con tre archibugiate ammazzarono anche il barone.
Giustizia è fatta !!!!!

Il Canzoniere di Isabella Morra

Data la breve esistenza terrena della giovane poetessa, uccisa che aveva meno di 30 anni, esso si compone di 10 sonetti e 3 Canzoni che furono date alle stampe postume da Ludovico Dolce a Venezia nel 1552 nelle “Rime di diversi illustri signori napoletani” e a Lucca ad opera di Lodovico Domeniche nel 1559 nell’opera “Rime di alcune nobilissime et virtuosissime donne”.

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Il Canzoniere di Isabella Morra
Edizione bilingue inglese-italiani di Isabella Musillo Mitchell - Bordighera 1998

Sull’arte poetica della Morra i principali studi sono stati quelli di Angelo De Gubernatis, di Giuseppe Toffanin e di Benedetto Croce.
La monografia del Croce resta tuttora il documento più autentico per la dovizia delle ricerche e la testimonianza critica più autorevole che apparve sui “Quaderni della Critica“, vol. XXVIII° del 1919, successivamente inseriti dall’Editore La Terza nel volume “Isabella Morra: Le Rime” e ancora dopo nel Libro: ”Vita avventurosa di fede e di passione” sempre a cura dello stesso Editore.

Secondo il Croce i versi della Morra hanno un carattere intimo e personale e non erano tali da circolare tra letterati ed accademie; lo stesso Croce dice che forse lei vivente non uscirono dalle mura del castello di Favale e da quello dell’amico Diego De Castro.

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I sonetti di Isabella Morra
a cura di Maria Antonietta Elia

Sempre secondo il Croce tali scritti furono rinvenuti dalla magistratura durante le indagini relative al delitto.

In ogni caso leggendo attentamente il Canzoniere della Morra si può certamente affermare che possedeva buoni studi umanistici, che conosceva ed aveva letto le opere classiche custodite nella biblioteca del suo Castello nonché aveva anche una certa pratica del verseggiare.

Ad avviso del Croce, considerata la particolare condizione di isolamento della giovane poetessa, le “Rime” costituiscono il modo di colloquiare con se stessa e con il mondo esterno.

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Isabella Morra di Antonia Chimenti

Sia i 10 Sonetti che le 3 Canzoni, scritti in età molto giovane, hanno una particolare risonanza in quanto nutriti da una esperienza umana autentica e desolata e sono espressi con stilemi e moduli diversi e irripetibili.

Quanto allo stile la stessa poetessa dice che esso può risultare talvolta “rozzo, aspro, ruvido, vile e frale”. Ciò forse è dovuto anche alla mancata frequentazione di ambienti e cenacoli letterari, pur notandosi evidenti segni di Petrarchismo.

Uno degli aggettivi più usati è “frale” che sta a significare la provvisorietà, l’incertezza e il disagio dello stato della poetessa.

Spesso nei suoi versi ricorre alla simbologia, alla metafora. Ad esempio il fiume Sinni è spesso il suo confidente e dà l’idea del bisogno di evadere dal borgo natìo e di correre verso il mare Jonio, alla scoperta di più vasti orizzonti, affidando alla corrente del fiume il suo dolore perché lo porti lontano dal padre esule a Parigi.

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Isabella la triste di Adele Cambria

Talvolta nomina il bosco,simbolo del suo isolamento dal mondo esterno, inoltre, frequente è l’invettiva contro l’avversa Fortuna, innalzata a deità misteriosa.

Mentre i sonetti sono pervasi di tristezza per la condizione di abbandono e di isolamento della poetessa, nelle due canzoni la Morra si rifugia nella preghiera a Dio e alla Madonna, aprendosi alle gioie della luce e della grazia e trovando salvezza in una ascesa verso le verità celesti.

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L universo poetico di Isabella Morra
di Alessandra Dagostini

Secondo quanto afferma Giovanni Caserta nell’opera scritta sulle “Rime” della Morra, si tratta di un caso letterario tutto particolare nel contesto della lirica femminile del ‘500, anche perché la sorte la collocò in un castello lontano dalla voce delle altre poetesse del tempo. Nel linguaggio si nota un profondo distacco tra la sua voce e quella delle altre letterate della stessa epoca. L’immediatezza passionale e l’abbandono ai sentimenti ora di odio, ora di amore, costituiscono la virtù della migliore poesia femminile. La poesia della Morra è una disperata invocazione di aiuto di un’anima assetata di amore. Chiusa nella sua immensa solitudine e senza alcun conforto, invano cerca spiragli di luce e di speranza.

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Castellana e Feudatario
Corriere della Sera 30 luglio 2004

Nessuno, compresi i familiari, comprende il suo dramma psicologico pertanto affida alla poesia la sua grande amarezza e il suo dolore. Leggendo i suoi versi in alcune parole si nota quasi un presagio della tragedia che giunge improvvisa proprio nel momento in cui stava forse spuntando il fiore dell’amore.

Di fronte alla breve stagione di vita di Isabella Morra, leggendo i versi accorati affidati alle sue “Rime” e considerata la sua tragica fine, non ci resta che chinare il capo ed esprimere un sentimento di profonda pietà per questa infelice poetessa che non ebbe la fortuna di poter manifestare appieno le sue virtù poetiche come le altre poetesse del suo tempo.

P.S.

BIBLIOGRAFIA

- Domenico Bronzini: Isabella Morra
Ed. F.lli Montemurro Matera 1975

- Isabella Morra e la Basilicata: Atti del Convegno di Studi del Comune di Valsinni presieduto da Mario Sansone
(11 e 12 maggio 1975)

- Giovanni Caserta: Isabella Morra e la Società Meridionale del ‘500
Ed. Meta – Matera 1976

- Benedetto Croce: Isabella Morra e Diego Sandoval de Castro
Ed. Sellerio – Palermo 1983

- Rocco Lista: Valsinni e Isabella Morra – Un rapporto di odio amore
Ed. Paternoster Matera 1985

- Adele Cambia: La triste storia di Isabella Morra
Ed. Osanna – Venosa 1996



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