Rubrica: ITINERARI E VIAGGI |
Una appassionata difesa di Napoli e del meridione.
I primati di NapoliCercando di rileggere con onestà gli avvenimenti del passato
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lunedì 1 ottobre 2012
Argomenti: Luoghi, viaggi Argomenti: Storia Negli ultimi decenni i mass media, tutti di proprietà monopolistica del Nord, hanno non solo falsificato i libri di storia, ma hanno cercato di diffondere lo stereotipo di un Meridione costituito da fannulloni e parassiti, alle cui esigenze debbono provvedere le regioni settentrionali, prospere e laboriose. Solo di recente alcuni seri ricercatori, come Gennaro De Crescenzo, assiduo frequentatore di archivi ed alcuni scrittori come Pino Aprile, autore di un pamphlet di successo, che coniuga dati storici inoppugnabili ad una travolgente vena polemica, hanno cercato di rileggere con onestà gli avvenimenti del passato, soprattutto il fenomeno del brigantaggio, che vide un tacito accordo tra i notabili latifondisti e la borghesia imprenditoriale del Nord. Le campagne erano in rivolta ed il brigantaggio faceva del Sud un vero e proprio Far West. Furono i soliti gattopardi, padroni dei voti delle masse popolari, ad aderire alle scelte politico-economiche post-unitarie, privilegiando finanziariamente lo sviluppo delle industrie padane a costo di penalizzare per sempre ogni possibilità di sviluppo del Meridione, i cui abitanti si videro costretti, a decine di milioni, ad abbracciare la scelta dell’emigrazione. Fu una diaspora di dimensioni bibliche, un vero e proprio genocidio del quale vanamente troverete anche un accenno nella storiografia ufficiale. Il dato più importante da cui bisogna partire è che all’indomani del plebiscito, quando il nuovo regime cominciò ad assumere i primi provvedimenti finanziari, si rese conto che il Regno delle due Sicilie aveva in cassa 443 milioni, più del doppio dei bilanci di tutti gli altri Stati della penisola che, tutti assieme, raggranellavano 220 milioni. Tutto ciò a dimostrazione lampante che l’economia era più che florida, esportando legname, grano, frutta, olio, primizie, vini pregiati, carne, uova, pasta, latte ed agrumi, garantendo un costante flusso di valuta estera. E se passiamo dall’agricoltura all’industria il divario era ancora più accentuato, dalla produzione di pelletteria agli strumenti di precisione, mentre la grandiosa fabbrica di Pietrarsa sfornava a getto continuo colossali macchinari, dalle locomotive alle macchine a vapore, dalle gru ai ponti di ferro alle rotaie, a parte pezzi di artiglieria, bombe e granate. Nel frattempo i cantieri di Castellammare producevano centinaia di navi che facevano della flotta borbonica una delle più importanti del Mediterraneo, oltre a molte altre commissionate dall’estero. Nella zona di Amalfi era tutto un susseguirsi di cartiere e di opifici tessili e non poche erano le risorse minerarie; a parte lo zolfo in Sicilia, si estraeva ferro, piombo, antracite e talco. Ma i veri primati di Napoli indiscussi sono nel campo della cultura, dell’edilizia e della scienza. Accenniamo ai principali: Nel 1738 si diede inizio ai lavori per la Reggia di Capodimonte.
L’anno successivo nacque la manifattura di San Leucio, una singolare fabbrica governata da rivoluzionarie regole socializzatrici.
In campo culturale ricordiamo l’Accademia delle Belle Arti, il famoso Conservatorio di Musica e una prestigiosa Università. Molteplici furono le attività artigianali, dalla coniazione di monete alla legatoria di lusso, dalla lavorazione del corallo e della maiolica all’intaglio dell’avorio e all’elaborazione di gioielli d’oro e argento. Potremmo continuare a lungo, ma vogliamo concludere con i tanti teatri, più di Parigi, che erano sempre stracolmi e testimoniavano la gioia di vivere di un popolo che scaricava così i suoi timori e le sue insoddisfazioni. Ricordiamo il Fiorentini, il Mercadante, il San Ferdinando, il San Carlino, dove la famiglia Petito immortalò in spassosissime commedie la celeberrima maschera di Pulcinella. Diritti di copyright riservati |