Rubrica: QUADRIFOGLIO |
WILLIAM BLAKE, VISIONARIO ARTISTA E POETA-PROFETAIl mistero del Bene e del Male
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martedì 1 maggio 2012
Argomenti: Arte, artisti Poeta, incisore, pittore, William Blake rappresenta con le sue opere una possente sintesi tra correnti illuministico- rivoluzionarie (centrate sui principi di libertà, uguaglianza e fratellanza) e tradizioni mistiche, gnostiche ed esoteriche: educato alla scuola dei liberi pensatori del 700, tuttavia ha già in sé i germi del Romanticismo per il culto dell’Immaginazione, per lui senz’altro superiore alla Ragione, nonché per la sua concezione dell’artista come profeta. Voltaire, Bacone, Locke, Burke, il mistico Emanuel Swedenborg, Platone, il mito di Atlantide legato a quello di Albione con Celti e Druidi, il leggendario bardo Ossian, Omero, Virgilio, le sacre scritture, Dante, Milton e quant’altro furono per lui preziose fonti d’ispirazione che gli consentirono di elaborare anche una sua personale visione sul mistero della coesistenza del Bene e del Male. Convinto di essere portatore di un nuovo messaggio, non fu tuttavia molto apprezzato dai suoi contemporanei che non ne compresero l’originalità, così pur vivendo per tutta la vita (1757-1827) a Londra, città cosmopolita sempre pronta ad accogliere nuovi stimoli culturali, rimase isolato ed incompreso fino al 1818 quando giovani artisti cominciarono a circondarlo di affetto e venerazione. Figlio di un commerciante che incoraggiò le sue attitudini artistiche, nel 1772 divenne apprendista presso lo studio dell’incisore James Basire. Nel 1782 fece due incontri importanti: conobbe Jhon Flaxman, disegnatore e scultore divenuto suo mecenate, e Catherine Boucher, la sua futura moglie. Analfabeta, Catherine apprese da lui non solo a leggere e a scrivere, ma anche l’arte dell’incisione, diventando per il marito un’ineguagliabile sostegno morale e materiale nel dare alle stampe i cosiddetti “Libri Miniati”, cioè libri in cui le poesie di Blake venivano illustrate con incisioni a rilievo colorate ad acquerello secondo una tecnica denominata “illuminated printing” inventata dallo stesso autore. E’ difficile stabilire se egli fosse più occupato a disegnare e a incidere oppure a scrivere dal 1783 in poi, periodo in cui furono pubblicate la maggior parte delle sue opere: “Poetical Sketches” (1783), “Songs of Innocence” (1789), “Songs of Experience”apparse nel 1794 insieme al precedente lavoro in un unico volume con il significativo titolo di “Songs of Innocence and Experience sewing the Two Contraries States of the Human Soul” (Canti dell’Innocenza e dell’Esperienza che uniscono i due Stadi Contrapposti dell’Anima Umana) ,” Prophetic Books”(pubblicati tra il 1789 e il 1820). Mentre nei canti dedicati all’ innocenza la poesia è fresca, ingenua, nelle opere successive essa diventa più complessa, piena di simboli ed allegorie. Dalle sue poesie come dalle sue incisioni si evince che l’Innocenza e l’Esperienza sono i due stadi della vita che l’uomo deve attraversare: abbandonando l’innocenza dell’infanzia, egli potrà raggiungere saggezza e conoscenza solo superando le distorsioni e i mali dell’esperienza, poiché “senza opposti non c’è progresso”, non c’è luce senza oscurità, vita senza morte. Così anche l’Agnello e la Tigre diventano simboli del Bene e del Male in due famose poesie: “the Lamb” e “The Tyger”:
“Chi ti fece piccolo agnello?” egli si domanda e poi il mite animale diventa il simbolo dell’Agnello di Dio, Cristo, il Bene. Anche la Tigre, tuttavia, esiste con i suoi occhi che brillano infuocati nella notte e la sua temibile simmetria:
E allora il poeta si chiede “Colui che fece l’Agnello creò anche te?” (Did he who made the Lamb, make thee?), ma non trova una risposta. La trovò forse in seguito elaborando una visione unitaria della Creazione in cui tutto trova un significato in un contesto più ampio, cosmico, con l’aiuto del potere cognitivo dell’Immaginazione che ci consente di scoprire una realtà che giace al di là del mondo dei fenomeni, di “accedere ai Mondi Eterni e all’Eternità Divina in continua espansione” come affermò in “Jerusalem”. Non poté mai comprendere, quindi, come l’empirismo di Locke potesse essere considerato più reale della filosofia mistica di Swedenborg . Le sue poesie come le sue incisioni sono tutte centrate sul tema del Bene e il Male, libertà e schiavitù, felicità e dolore, angeli e demoni. Fin da bambino Blake affermò di vedere angeli, santi e profeti e di dialogare con antichi poeti, filosofi e letterati, guadagnandosi la fama di artista “visionario” e un po’ folle. Che si voglia credere o non credere a tutto ciò, considerarlo pazzo o veggente, la sua arte come la sua vita e perfino la sua morte recano comunque l’impronta di una “originalità” che sfugge a tutti gli schemi. Il prof. Elio Chinol lo definisce come “the perfect embodiment of the individualist and the anarchist in revolt agaist all institutions, dogmas and exisisting systems” (la perfetta incarnazione dell’individualista e dell’anarchico in rivolta contro tutte le istituzioni, dogmi e sistemi esistenti). Il giorno della sua morte, il 12 agosto 1827, Blake lavorò senza sosta alle illustrazioni dell’Inferno di Dante, incarico affidatogli da John Linnell, poi fece un ultimo ritratto della moglie e se ne andò per sempre cantando inni e poesie, contento per “le cose che avrebbe visto in Paradiso e convinto della salvezza per mezzo di Cristo”, come scrisse George Richmond in una lettera a Samuel Palmer. Mi sembra giusto concludere con alcuni versi di Blake che sintetizzano il suo pensiero in un poetico, luminoso flash:
P.S.
London by William Blake
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