Rubrica: TERZA PAGINA |
Giovanni che non sapeva gridare di
mercoledì 1 febbraio 2012
Argomenti: Ricordi Argomenti: Racconti, Romanzi ... un piacere sentirli, davvero una bella coppia! Un matrimonio riuscito, non c’è che dire, e che intesa, che affiatamento fra due esemplari di quelle persone per bene, ma così per bene che ti mettono voglia di strozzarle... Chi ha suonato? Ehi, che succede qua? Ce n’è uno in terra, forza tiriamolo su:.
Arrivò il medico che faceva servizio di notte e borbottò all’infermiera dopo aver dato un’occhiata al paziente e una sbirciata alla cartella clinica: - Questo è arrivato. Fagli un Valium e tenetelo d’occhio. Mi sa che ci siamo!
Non era gran che diversa quella da tante altre notti che ho trascorso in quel camerone a sei letti del V reparto medicina del S. Camillo, e stavolta toccava a quello del letto di fronte al mio, una persona discreta e gentile, ormai invasa completamente dal male, che si stava allontanando dalla vita senza clamore. Anche quella sera non aveva gridato e nemmeno chiamato, solo ad un tratto aveva preso a torcersi silenziosamente e dimenandosi, suppongo per il dolore, aveva superato il bordo del letto ed era scivolato in terra. Gli fu messa una flebo e pian piano riprese coscienza e quando sentii che aveva ripreso a respirare pesantemente, ansimando, lo chiamai sottovoce: - Giovanni…
Al mattino riprese normale la routine dell’ospedale: passò la colazione alle nove, vennero due ragazze a rifare i letti e poi ci fu la visita. Stavolta assieme al medico di reparto c’era pure il primario, e dietro a lui il solito codazzo di apprendisti stregoni. Erano tutti intorno a Giovanni.
Il primario chiese lumi al medico di reparto che lo informò rapidamente parlando in codice e infine gli mostrò una lastra.
Nel prosieguo della giornata tutto procedette normalmente, solo che eravamo più silenziosi.
Si capiva che ormai era lì col pensiero. Sembrò rianimarsi, era impaziente di andarsene e guardava spesso l’orologio. Finalmente arrivarono due visitatori per lui, suo figlio, un tipo sulla quarantina di bella presenza e sua moglie, una donna che con una decina di chili in meno poteva passare per ciò che a Testaccio, e anche altrove, chiamano una bella figa.
Come stai papà?
Se ne uscì a grandi passi calcando i tacchi sul pavimento, perché doveva mostrare di essere un uomo di carattere. La donna se ne era stata tutto il tempo in silenzio. Sembrava imbarazzata e si capiva dal suo atteggiamento assolutamente passivo che doveva essere totalmente soggetta al marito.
Un muro di gomma morbido ma impenetrabile e il messaggio che mandava era lampante e di una logica ineccepibile:
Giovanni sembrò non aver capito, li guardava come da lontano. Supplicò con un filo di voce
Non ebbe risposta. Trascorsero alcuni minuti di un silenzio crudele, di cui avvertivo il peso intollerabile. Giovanni non gridò, non impose la sua ultima volontà, ma non penso solo perché gli restava poco fiato in corpo. Doveva essere un uomo che in vita sua non aveva mai gridato, e non si cambia l’ultimo giorno. I due stavano scalpitanti accanto al letto, scambiandosi occhiate eloquenti.
Un piacere sentirli!
Lui sì che era dotato per la competizione! Era l’emblema della teoria darwiniana: i figli devono avere geneticamente qualcosa in più dei genitori, ed è così che la specie si evolve e anche l’umanità cresce, come del resto possiamo constatare ogni giorno. Giorgio era l’uomo che sa battere il pugno sul tavolo e in più aveva una bella voce baritonale, bene impostata per modulare ira e sentimento, dolore e pathos, e avreste dovuto sentirlo pochi istanti dopo, quando prese a chiamare sempre più forte:
Vi giuro, sembrava un Gassmann! Ma meglio ancora, di più, di più, l’avresti detto sincero! Diritti di copyright riservati |