Rubrica: EDITORIALI

"UN LAMENTO PER IL SUD"

sabato 1 ottobre 2011

Argomenti: Opinioni, riflessioni

Da molto tempo siamo abituati a sentire, soprattutto da parte di una certa classe politica, affermazioni poco lusinghiere rivolte al Meridione d’Italia accusato di opportunismo, immobilismo e scarsa onestà, mentre cresce a dismisura l’incitazione a dividere l’Italia, in nome di una “Padania Superiore”: idea più volte criticata e respinta anche dal Capo dello Stato che auspica, da sempre, una Nazione unita, dopo secoli di lotta trascorsi per ottenere la libertà e l’indipendenza….

Sfogliando una vecchia Antologia, ho riletto con piacere una lirica del grande Salvatore Quasimodo il quale, trasferitosi nel Nord, rimpiangeva e ricordava con struggente nostalgia, la sua terra e i suoi abitanti: “Un lamento per il Sud”che vi invito a rispolverare nella vostra memoria con autentico spirito di italianità che molti, ahimè sembrano aver dimenticato….

Lamento per il sud di Salvatore Quasimodo

La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve...
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.

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SICILIA

Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell’aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.

Ma l’uomo grida dovunque la sorte d’una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.

Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d’acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.

Più nessuno mi porterà nel Sud.

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stoppie bruciate

E questa sera carica d’inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d’amore senza amore.



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