Rubrica: PASSATO E PRESENTE |
ARCHITETTURA E URBANISTICA POPOLARE A PROCIDA di
lunedì 22 febbraio 2021
La mancanza di spazio rispetto alla popolazione ha da sempre condizionato l’edilizia abitativa di Procida, che ha trovato adeguate soluzioni intrecciando gli spazi a disposizione e favorendo così la socialità degli abitanti(. Fra l’alto medioevo e il XVIII secolo si sviluppa, nell’isola, un particolare esempio di architettura generalmente definita spontanea, ma più correttamente dal carattere popolare, legata cioè alla comunità del luogo, che si sviluppa secondo codici costruttivi ben codificati. Tra gli elementi più caratteristici ci sono sicuramente l’arco e la scala rampante (o a dorso d’asino). L’arco ha funzione di ingresso (o meglio, di passaggio tra la strada e l’abitazione), mentre ai piani superiori delimita un particolare terrazzo, chiamato localmente vèfio (da un antico tedesco waif), vero simbolo dell’abitazione tipica dell’isola. La scala rampante, appoggiata sull’arco stesso, risulta la soluzione più comune per raggiungere i piani superiori. Le volte sono sempre a vela o, più frequentemente nelle zone rurali, a botte. Altro elemento caratteristico è rappresentato dal colore: le costruzioni sono generalmente dipinte con un certo gruppo di tonalità pastello ben definite, assortite in maniera che due case vicine molto difficilmente abbiano colori simili, con il risultato di una policromia caratteristica. Secondo la tradizione, tale particolarità deriva dal desiderio dei pescatori di voler riconoscere la propria casa anche lontano dal mare. Tale ipotesi tuttavia non ha mai avuto alcuna conferma. L’architettura popolare si radica sul territorio con uno schema urbanistico particolare e originale che, riprendendo modelli di sviluppo dell’epoca (dall’impianto svevo di Terra Murata al sistema delle grance rurali di matrice benedettina fino all’edilizia di strada settecentesca) li miscela in una sintesi legata all’ambiente naturale locale e alla cultura materiale. Casale Vascello, antico borgo fortificato ubicato ai piedi di Terra Murata, è il primo nucleo abitativo formatosi nel momento in cui il diradarsi delle invasioni saracene favorì il dislocamento della popolazione verso nuove zone dell’isola. Un complesso secentesco molto ben conservato dotato di due ingressi, uno in via Principe Margherita e l’altro in via Salita Castello, caratteristica da cui presumibilmente deriverebbe il suo nome originario “vascello sfondato”. Altra ipotesi sull’origine del toponimo è che venga dall’espressione dialettale “vescieddo” o “re vescio” che significa “di giù”, proprio ad indicare decentramento abitativo verso il basso. Il complesso si sviluppa attorno ad un grande cortile centrale, spesso in estate utilizzato come piccolo teatro di eventi culturali, su cui affacciano numerose abitazioni e verso cui confluisce un sistema di stretti vicoli. Il Casale Vascello conserva oggi tutto il fascino dell’epoca per l’architettura delle sue colorate case, addossate l’una all’altra, proprio per impedire il passaggio dei nemici e contraddistinte dalla presenza del vefio, piccolo balcone coperto da una volta ad arco che ricorda il mondo arabo, tipico di Procida. Per chi fa il proprio ingresso qui, la sensazione è quella di trovarsi un piccolo mondo a parte, sospeso nel tempo, in cui il silenzio, interrotto a volte dalle voci dei bambini o di un motorino, contribuisce a creare un’atmosfera unica, che evoca luoghi lontani, negli anni e nello spazio. Possiamo ritenere conclusa la nostra breve dissertazione sull’argomento; per chi volesse approfondire quanto brevemente abbiamo descritto, consigliamo di consultare il libro redatto da Giancarlo Cosenza, massimo esperto vivente di architettura mediterranea, illustrato dalle splendide foto di Mimmo Jodice, stampato dal mitico Clean Edizioni. Diritti di copyright riservati |