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Struttura portante del mito


sabato 8 gennaio 2011 di Andrea Forte, Vivi Lombroso

Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Di per sé, la parola mito viene dall’antico greco mythos, che significava parola, traduzione, proverbio, colloquio, pensiero, proposito. Comunque, il termine mito sta ad indicare qualcosa della quale si parli come esistente, ma che veramente non esiste. I greci, quando indicavano una parola, sapevano che essa è uno strumento, indica qualche cosa ma che non è esattamente la cosa; in questo senso, il mito andrà decodificato per spostamento, cioè dal fraseggiato del mito bisognerà spostarsi verso qualcosa che c’è.

Per molti il mito si riduce alle storie degli dèi, e si connota come qualcosa legato alle religioni passate. Negli ultimi decenni i miti sono stati analizzati come fossero racconti di pazienti, e quindi psicologicamente, storicamente, archeologicamente, filosoficamente, matematicamente. Da tutta questa massa di ricerca sono emersi dei fattori, delle conoscenze, che ci hanno fatto comprendere meglio quanto rappresenti un documento prezioso con contenuti insospettabili. In questa ottica, il mito, sogno di una collettività, costituisce uno spessore notevole. I mitologi, attraverso profonde analisi, hanno battuto varie strade del tipo: il mito è un sogno di una collettività, un’invenzione fantastica che cerca di scaricare tensioni. Però non si sono posti la domanda: è una “confabulosi” oppure no? Può essere anche esistito un tipo robusto che ha compiuto delle imprese, dopodiché è stato onorato dal contesto sociale. Poi però, passando gli anni e i secoli, i dettagli sono sbiaditi, e nel tentativo di tenere in piedi la storia, abbiamo Ercole che vince il centauro.

100000000000015E000001061504CD37 Che un mito possa essere il riempitivo inventato è dimostrabile, laddove questo mito può anche essere modificato alla riprova dei fatti, o all’evolversi di una società. Ritorna la domanda: esistono miti valutabili come confabulazione? Abbiamo un pacchetto di miti dove l’evidenza delle prove, dei contenuti, non viene accettata; ad esempio, il mito degli angeli letto come extraterrestri, non vuole essere corretto. Ma poi, esistono miti che possiamo prendere in considerazione come “confabulosi” suggerite? Ci può essere stata una situazione per cui degli individui hanno proposto dei miti che sono stati accettati perché la società era “confabulotica”. Basterebbe prendere una serie di mitologie legate all’Arca dell’alleanza per rendersi conto che si trattava di una “confabulosi” suggerita. L’Arca avrebbe reso invincibile il popolo eletto, dove però l’élite dell’élite sapeva che l’arca era vuota. Tutta la religione “Scinto”, altamente gerarchizzata, dove esiste tutta una serie di prove per passare da un grado all’altro per arrivare al sancta sanctorum del tempio dove c’è la verità. Dopodiché il monaco “Scinto” lotta per arrivare alla verità, e quando arriva al sancta sanctorum, trova uno specchio, e il sommo pontefice gli dice: questo è uno specchio. C’è il sospetto che sia una “confabulosi” suggerita. 10000000000001F40000013C2436F930

Quindi esistono pacchetti di miti che cadono nell’una o nell’altra situazione, per cui, quando ci avviciniamo ad un mito abbiamo un parametro per vedere che tipo di mito è. L’esoterismo in questo senso, potrebbe essere uno strumento atto a smontare le “confabulosi”. Il discorso della paternità, maternità etc., fino ad un certo punto sarà una funzione fisiologica, ma oltre un certo limite sarà “confabulosi” indotta. L’invenzione paterna è un ruolo per riempire un vuoto di memoria, perché il problema di fondo è la riproduzione, la custodia, e l’addestramento dei cuccioli.

Il momento in cui si parla dei miti, bisogna subito fare un distinguo che può far comodo, distinguere quei miti che successivamente sono stati confermati dalla scienza ufficiale, da quelli che non lo sono stati, o ancora non lo sono stati, o che non verranno mai confermati. Questo, nel senso che la scienza ufficiale ad un certo punto si è resa conto che alcuni complessi della psiche li ritroviamo nei miti, per cui il discorso diventa: sono i miti che ci hanno insegnato il complesso, o è il complesso che ha prodotto il mito? Oggi è abbastanza evidente come al buon Euripide, quando ha scritto “Ifigenia in Tauride”, sia venuto in mente questo padre che sacrifica la figlia agli dèi, dopodiché la dea commossa la sostituisce con una bella cerva e gli dice: abbi un rapporto con questa? 100000000000015E000000F033EB1530 Gli psicologi dichiarano che evidentemente il mito cela un complesso incestuoso, in quanto questo padre, che vorrebbe avere un rapporto con questa figlia meravigliosa, non ne ha il coraggio e la sacrifica agli dèi. Ma ci sarebbe da domandarsi: quando arriva la dea e sostituisce la figlia con una cerva, il complesso cosa suggerisce? E’ ragionevole supporre che il buon Euripide aveva delle pulsioni profonde che ha poi espresso artisticamente scrivendo.

Ma cerchiamo di afferrare alcune di queste strutture, per capire la zona miti, e capire anche la struttura dei miti moderni, perché una volta individuata una struttura, è facile riconoscere il gioco, il sistema, in qualunque epoca. Qual è questa struttura portante, questa sorta di mito nel mito? _ E’ il fatto che il corpo sia solo un involucro abitabile dall’anima, un involucro della spiritualità. Cioè, se noi andiamo a studiare minuziosamente, accademicamente, centinaia di miti, allora si potrebbe estrapolare che in centinaia di miti si nota un motivo ricorrente, cioè il corpo come involucro, come supporto, come sacchetto, come servente. Allora, per esempio, l’eroe è di grande animo, questo grande animo alberga in un corpo, un corpo che può essere adeguato o inadeguato, per cui si viene a delineare una sorta di alleanza/belligeranza tra la grandezza dell’anima e la pochezza del corpo. In altri miti troviamo che una divinità, per comparire ad un umano, entra in un corpo, ad esempio Marte che entra nel corpo di un contadino. Oppure, il re che muore e si dice: l’anima ha abbandonato il corpo, grande era la sua dignità da vivo, ma ristretto comunque nella debolezza del corpo. Così, troviamo una situazione in Cristo che dice: lo spirito è forte, ma sta dentro un involucro delicato, la carne è debole. Abbiamo un contadino che ha un’anima buona, ma se arriva lo spirito di un grande guerriero, può invadere il suo corpo. In pratica, chi è più potente può invadere l’involucro di un altro.

100000000000015E00000104BDBF7EB0C’è da notare che questo discorso dell’involucro invaso non è un discorso primitivo, medievale, è un discorso radicato nella quotidianità. Allora si fa un discorso di invadenza da parte della pubblicità, da parte dei mass-media, da parte delle psicosi collettive. Nell’ambito dei futuribili abbiamo il terrore di essere invasi, basta guardare “1984” di Orwell, con la fantascienza. Allora diciamo che i primitivi potevano essere invasi dagli spiriti, mille anni fa dagli dèi, poi dai demoni, nel futuro dalle civiltà aliene. Per concludere, ci sarebbe da rendersi conto che un mito è un espediente per sistemare, codificare, una figura singola, poi collettiva, per poterla far coesistere con altre figure. Ci sarebbe da domandarsi: che sacca ci è toccata, e come continuiamo a renderci complici di tale sacca?

 

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