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Ciao Gabbo.

Ognuno dovrebbe badare a far bene quello sta facendo, il poliziotto, il dimostrante, anche il tifoso
domenica 2 gennaio 2011 di Michele Penza

Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Sport


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Si è recentemente conclusa con la condanna dell’agente responsabile della sua morte la triste vicenda di Gabriele, quel povero ragazzo colpito da un proiettile esploso a casaccio da un poliziotto. Il tempo trascorso non ha attenuato l’interesse generale su questa vicenda che ha suscitato una eco e delle reazioni vastissime di cui rendeva testimonianza lo spazio dedicato all’evento dai giornali di quei giorni. “Ciao, Gabbo, angelo tornato in cielo”: recitava uno tra i titoli più significativi del più grande quotidiano della capitale.

10000000000001E00000013F147A558C Per molte settimane tutta la gente e in particolare il popolo dei cosiddetti tifosi ha urlato il suo dolore con una intensità incredibile e sembrava che ognuno di loro si sentisse personalmente colpito come se la pallottola fosse stata diretta a lui e avesse colto quel ragazzo per sbaglio. Le manifestazioni individuali del dolore sembravano sincere, autentiche, e tuttavia se devo dire la verità a me tutto il quadro generale della informazione sui fatti e della loro complessiva valutazione mi è apparso forzato, distorto. La figura del ragazzo è stata presentata come del tutto estrapolata dal suo ambiente e mitizzata. Gabriele prima era uno dei loro ma ora non lo è più, ormai è un angelo, al di sopra delle bassezze di questo mondo. ‘Guardaci dal Paradiso’ diceva uno striscione ‘e metti sul piatto le musiche del cielo, le più belle che sai, d.j. Gabriele!’

Ci crederanno tutti per davvero? Non so. So che nel suo nome si abbracciano e cantano unite in coro persone che unite non lo sono state mai, che improvvisamente hanno dimenticato l’astio quotidiano, le sassate, le coltellate, le sprangate che si scambiano ogni domenica di campionato per proclamarsi oggi fratelli e vittime del comune nemico, gli sbirri! Mi spiace ma, come mi capita spesso in casi analoghi, ravviso in questi gemiti una nota stonata che non mi convince del tutto. 10000000000001C20000022192B6942FFa pena anche a me questo ragazzo sfortunato e ancor più mi tocca il dolore della sua famiglia che va assolutamente rispettato e compreso. Sfortunato due volte Gabbo, per aver incocciato nel poliziotto sbagliato ma, dico io, anche per aver incontrato gli amici sbagliati che lo hanno coinvolto, dicono suo malgrado e ci credo senz’altro, in una impresa che è meglio non qualificare e a conclusione della quale al momento del fatto stavano fuggendo.

Quanti tra quelle migliaia di persone che hanno espresso ai funerali tanto dolore e tanta deplorazione per quella fine ingiusta converranno con me che all’autogrill ci si ferma per prendere un caffè, fare pipì e rilasciarsi dieci minuti per poi riprendere la strada ristorati e non per fare casino, saccheggiare il banco, fare a pugni col primo che ti capita davanti, tirare biglie e calci alle macchine degli avversari? Senza queste bravate, pane quotidiano di molte di queste prefiche dell’ultima ora, a chi può venir in mente di metter mano alla pistola e fare il Buffalo Bill?

E’ vero, non è giusto morire così, senza un perché, a ventisei anni. Così come non è giusto, almeno per me, spaccare i bagni e le vetrate degli stadi, bruciare per la strada macchine e motorini che non appartengono alle guardie ma magari ad altri ragazzi come te che non ti hanno fatto niente e li hanno pagati con sacrifici, né lo è ferire settantacinque poliziotti che con la morte di Gabbo non c’entrano niente, gente che in qualche altra situazione che il loro lavoro comporta avrebbe forse avuto anche un buon motivo di sparare ma non lo ha fatto per obbedire agli ordini.

10000000000000AE000001BCA6657A74Anni fa un razzo sparato da un altro incosciente, quella volta senza divisa, si è andato a conficcare nell’occhio di un poveraccio. Non ricordo ci sia stato un plebiscito di dolore così universale. Mi pare anzi di aver visto diverse volte dentro e fuori lo stadio cartelli ignobili che si auguravano dieci, cento, mille Paparelli (così si chiamava quel tale). A che si deve un atteggiamento così diametralmente opposto a quello odierno? Io credo al fatto che essendo stato un altro tifoso ad uccidere non fosse possibile nel caso di Paparelli cogliere l’occasione per farne un santino, costruendo una immagine di vittima nella quale identificarsi e dietro la quale nascondere le proprie magagne. 10000000000000AE000001E492D586DANo, non ci siamo. Le rivolte popolari sono da rispettare se e quando hanno motivazioni serie, nobili, autentiche, ma tutti quei signori che vanno per la partita in trasferta ogni domenica con la macchina a Roma, a Milano, a Napoli, a Bergamo, a Torino, a Bari, a Palermo non sono i sanculotti del tempo nostro, popolo affamato e prevaricato che si ribella, bensì tutta altra cosa. Con loro e fra loro viaggiano anche quei bei fichetti delle cui gesta i lavoratori degli autogrill avrebbero tanto da raccontarci, e ce ne sono pure alcuni col coltello in tasca che ti arrivano alle spalle, danno la ‘puncicata’ e via, scappano. Gabriele non era uno di questi, era un bravo figliolo che ci è capitato in mezzo per sua sfortuna, diamolo per scontato, ma su tutti quegli altri che oggi si asciugano le lacrime con le sciarpe colorate ce la mettereste la mano sul fuoco? Io no. Anche perché conti in sospeso con la polizia come istituzione non ne ho mai avuti.

Non sono un angelo. E’ capitato anche a me, da ragazzo, nelle manifestazioni violentissime del ’52 contro la cosiddetta legge truffa di trovarmi una volta faccia a faccia con il ‘celerino’ che mi ha puntato col gippone per venirmi addosso. Non ho mai creduto che volesse assassinarmi, credo piuttosto che lui abbia pensato di me: non sarà così fesso da non scansarsi! Nel contempo io pensavo di lui: non sarà così matto da venirmi addosso! E’ così che mi sono deciso a saltare solo all’ultimo istante e per un soffio non mi ha ammazzato per davvero. Non ho mai detto per questo che la polizia debba essere scorticata ma ho capito che il pericolo è derivato dalla somma di due comportamenti stupidi e che ognuno dovrebbe agire responsabilmente, badare a far bene quel che sta facendo, il poliziotto, il dimostrante, e anche il tifoso. A lui serve solo avere in tasca il biglietto, che c’entrano sassi e coltelli? -

 

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