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Spettacoli teatrali a Roma


sabato 1 gennaio 2011 di Carlo Vallauri

Argomenti: Teatro


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Shakespeare all’Eliseo

COME FALSTAFF FINI’ BEFFATO DALLE ALLEGRE COMARI

– grande spettacolo di Leo Gullotta –

Un testo classico di Shakespeare come Le allegre comari di Windsor torna all’Eliseo in una edizione quanto mai leggera ed accattivante. Innanzitutto una traduzione pungente, con irriverenti e indovinate invenzioni lessicali, nella gustosa versione (e adattamento) di Fabio Grassi e Simonetta Traversetti. La regia dello stesso Grassi è tutta tesa a porre le movimentate furbizie delle allegre comari quale contrappunto alla protervie del pretenzioso Falstaff, che verrà alfine punito per la sua cialtronesca vanità. E la raffigurazione del protagonista è affidata ad un impetuoso e gagliardo Leo Gullotta che subisce la rivincita delle donne piombando così dall’alterigia allo scorno amaro che stringe Falstaff sino al ridicolo. 100000000000015E0000015E2F14B6C3Esuberante nel suo costume, il grande attore – al quale è stato assegnato il premio Eliseo per lo spettacolo di maggior successo della scorsa stagione – s’impone sul palcoscenico nei suoi movimenti e travestimenti, mentre attorno le comari se ne fanno beffa. E le attrici sono bravissime da Mirella Mazzeranghi – sempre precisa, piccante, divertente – a Rita Abela e Valentina Gristina. Altrettanto vivaci le interpretazioni degli altri attori nelle parti del pedante, del geloso, del servo, del vile. Sono tra essi Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Fabio Pasquini, dei quali non possiamo indicare individualmente i ruoli perché il programma di questo spettacolo – come sempre più spesso accade – è privo della correlazione tra nome dell’interprete e quello del personaggio, che una volta invece consentiva al pubblico di conoscere subito, distinguere e apprezzare i rispettivi nomi e cognomi. Scene e costumi vistosi e allegri di Luigi Perego, musiche di Germano Mazzocchetti, altrettanto indovinate le coreografie. Gli spettatori hanno seguito la rappresentazione tra momenti comici e grotteschi, divertendosi ed applaudendo.


Al Quirino

BONACELLI VITALISSIMO “MALATO IMMAGINARIO”

Vita e rischio della fine si susseguono e si intersecano nella vicenda di Argante, Il malato immaginario, che Moliére ha eternato in una delle sue opere più penetranti nella rappresentazione della società reale così come egli la viveva nel suo tempo, ma che ha una sua sconcertante attualità nella antinomia tra mondo e scena. Peraltro Marco Bernardi – uno tra i più fini registi del nostro teatro di prosa – è riuscito ad imprimere allo spettacolo (Quirino, Roma) un andamento tra sogno allucinato e narrazione cinica, che Paolo Bonacelli ha perfettamente reso, esponendosi al pubblico con tutta la carica della sua sensibilità sobria, si da rendere “vivente”, quella malattia fisica segno di un “ben peggiore malessere interiore”.

1000000000000140000000E3B7C9FCCCNell’intreccio tra realtà e incantamento sopravviene il personale timore, un nemico interno sempre pronto a colpire. Così Argante riesce ad esprimere il senso di caducità d’esistenze che invano inseguono materiali soddisfazioni, come la moglie Bettina e il suo innamorato Cleante, mentre egli avverte pienamente la precarietà della sua condizione tanto da trasformare la sfiducia verso gli altri in apparente divertissement, prendendosi gioco di quanti lo circondano. E l’interprete ha saputo offrire verosimiglianza amara al suo personaggio, con un distacco modernamente vissuto nella riflessione della pur mutata società, sicché il pubblico possa convincersi della nuda verità degli stati d’animo e dei sentimenti.

Seduttivo spettacolo quindi tra nostalgia e sogno, come appunto l’autore intendeva esprimere e che la regia ha puntualmente colto nella visione di un richiamo a quell’indefinito invisibile che circonda la vita di tutti noi. Traduzione felice di Angelo Dallagiocoma con un rigore virtuoso nella scelta delle parole. Scene colorite di Giobert Jaekei e costumi ridenti di Roberto Bauci. Gli spettatori hanno mostrato al protagonista e agli interpreti la simpatia che essi hanno saputo conquistarsi sul palcoscenico.

 

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