https://www.traditionrolex.com/30 Novembre - Dicembre 2010 - Recensioni di spettacoli teatrali a Roma-Scena Illustrata WEB

INFORMAZIONE
CULTURALE
Aprile 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7693
Articoli visitati
5235321
Connessi 16

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
19 aprile 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL

Novembre - Dicembre 2010 - Recensioni di spettacoli teatrali a Roma


sabato 11 dicembre 2010 di Carlo Vallauri

Argomenti: Teatro


Segnala l'articolo ad un amico

Teatro Eliseo 16 - 28 Novembre 2010

TUTTO SU MIA MADRE di ALMODOVAR SULLA SCENA CON ELISABETTA POZZI

Il famoso film Tutto su mia madre di Pedro Almodovar ebbe un successo strepitoso tra le platee di mezzo mondo. Forse è per questo che la realizzazione teatrale che ne ha tratto Samuel Adamson può destare all’inizio qualche perplessità perché lo specifico cinematografico rendeva, con i suoi caratteri mobili cangianti, la complessità dei personaggi senza lasciare spazio ad ulteriori considerazioni mentre la realtà scenica è di per sé più statica.

Eppure Leo Muscato nello spettacolo rappresentato all’Eliseo è riuscito a trarne gli aspetti più convincenti, sottolineando con incisività i rapporti tra il testo e il contemporaneo intreccio con il personaggio di Blanche di Un tram che si chiama desiderio, di Thomas Williams.

100000000000015E0000015E9F4004A2Così la delicatezza dell’autore americano s’insinua nell’universo dello scrittore spagnolo nel continuo balenare di emozioni diverse e contraddittorie.

Attraverso rapidi mutamenti scenici rivivono motivi e tracciati diversi e intricati complessi nei quali il gioco irridente prevale sui toni drammaturgici.

In questo alveare di metafore splende, nel ruolo di Emanuela, Elisabetta Pozzi, con la sua personalità, vivida, attraente, capace di rischiarare anche i punti più insidiosi dell’opera. _ Ed accanto Alvia Reale offre il meglio di sé nella aggrovigliata figura di Huma. _ La regia movimentata di Muscato si avvale della scena multiforme di Antonio Panzuto.

- - -

Teatro Argentina 12/10 – 7 Novembre 2010

LA SOCIETA’ DI MOLIERE SI CONFRONTA CON LA NOSTRA NELLO SPETTACOLO DI CASTRI E POPOLIZIO

10000000000000FA000000E6A1C960EFLa stagione romana dalla prosa ha trovato un inizio folgorante con la rappresentazione de Il misantropo nella regia di Massimo Castri e nell’interpretazione amara e fervida nello stesso tempo di Massimo Popolizio.

Moliere viene incontro agli spettatori presentando la società del suo tempo (un Seicento già rivolto a cambiamenti di costume) con tutti i mali che ancora reggono le società moderne. Una descrizione accurata, nella conversazione di Alceste con i suoi interlocutori, nella frivolità di corrotti, corruttori e loro complici mentre le donne sembrano cercare le simpatie del protagonista. Amanti e amati si rincorrono, si contendono, si nascondono e ciascuno tira al proprio egoismo in una vita artificiosa e piena di falsità e sotterfugi.

Sembra, nel sentire attrici ed attori esprimere le loro brame ed i loro raggiri, quasi di vivere in quella superficialità cui oggi qualcuno guarda con apprensione. Popolizio usa tutte le sue qualità nel mostrare debolezze e timori del bilioso protagonista che cerca di difendersi dai compiacenti come dai furbi – miserabili gli uni e gli altri – mentre dame, coquettes, marchesi e valletti fanno a gara nell’untuosità delle “buone maniere”. Il pennello di Molière sa dipingere questi tratti umani che Castri esalta nella sua lettura del testo per spiegare agli spettatori di oggi che ciò di cui si lamentano le persone del terzo millennio sono cose già accadute.

L’impianto scenico s’impone alla vista con tanti specchi illuminati che si rifrangono l’un l’altro, costumi e parrucche ridondanti in un palcoscenico movimentato dalle luci. Gli altri ruoli importanti sono affidati a Federico Castellini (Célimene), Ilaria Genatiempo (Elinante), Graziano Piazza (Filinti) e Sergio Leone (Orante).

Successo pieno di uno spettacolo ricco di umori che civettano con il senso proprio di una visione che dall’autodistruzione soggettiva cerca di scoprire meglio la realtà. In questa cornice il risultato è pienamente raggiunto grazie da una intensa partecipazione degli interpreti.

- - -

Teatro Argentina 9 – 21 Novembre 2010

LA MODERNITA’ DI EDIPO NELLA VERSIONE PSICANALITICA DI CALENDA E BRANCIAROLI

10000000000000FA000000E6085EAC46La tragedia di Edipo Re rivive nella messa in scena di Antonio Calenda come inchiesta personale che il re non più a Tebe antica, dove Sofocle lo ha rivelato, bensì in una città moderna (inizio Novecento, sembra dagli abiti indossati ad un certo momento da numerosi attori), dove l’influenza determinata dal pensiero di Freud induce il protagonista a psicoanalizzare il proprio passato. Ed egli sembra – nella raffigurazione potente di Franco Branciaroli – desideroso di venire a capo degli enigmatici problemi che si pone. Uno ad uno egli scopre i singoli eventi di cui è a conoscenza e cerca di comporre compiutamente il puzzle.

Chi era veramente suo padre? Qui l’incertezza è totale, e quindi plausibili sono le sue inquietudini nel cercare di capirne qualcosa. Il suo legame intimo con Giocasta – a sua insaputa la vera madre – gli sembra una certezza tranquillizzante, tanto che, inconsapevolmente, egli l’ha sposata, ed ora, accanto a lei, governa Tebe. Non a caso la vicenda viene a noi mentre la pestilenza infierisce nella città. C’è allora una responsabilità del potere da mantenere mentre una maledizione colpisce tutti i cittadini. E come si configura il suo rapporto con Laio che l’ha preceduto sul trono?

Se Tiresia induce a puntare più a fondo nella scoperta di se stesso, sarà un vecchio pastore ad aprire la via della verità. La cecità dell’indovino contiene in sé i germi di una voluta ambiguità. Vedere con gli occhi ma non sapere – osserva acutamente Raul Montanari in un testo inserito nel programma predisposto per gli spettatori – è una condanna all’ansia continua, ininterrotta, all’inquietudine senza speranza. Investigare per conoscere, allora, come ogni buon ricercatore tiene a fare.

“Ogni parola vorrei penetrare con lo sguardo”: in questo accenno c’è tutta l’irrequietezza di chi ha vissuto una lunga stagione d’uomo maturato, fiero di se stesso, della moglie, conquistata, del potere esercitato. E così si spiega il suo tono sprezzante verso Tiresia che non gli svela l’intero arcano. Cose vere e menzogne si susseguono in scena ma non portano nessun conforto a Edipo, né agli spettatori ignari di quel che invece è accaduto e che presto esploderà allo scoperto.

Consegnato ad un pastore per essere salvato da un destino ingrato, ed egli è sopravvissuto a tutte le circostanze negative per ora trovarsi di fronte alla suprema incertezza. Così, passo per passo, i vari elementi vanno componendosi in un incastro dal quale infine si rivela, nella sua pienezza, la terribile verità. Tra Creonte e Giocasta il destino va compiendosi, la violenza oscura comincia a trasparire, l’abisso di miseria di una tirannia ancora capace di distruggere ogni essere umano nel momento stesso in cui appare il vertice delle disgrazie. Quell’ansia divorante è giunta al suo apice quando l’orrore dei fatti spiega il rivelarsi delle profezie altrimenti astruse.

Eppure, da parte sua, Edipo non ha nulla da rimproverarsi. Innocente e, nello stesso tempo, testimone vivente di un immenso orrore: questo è il paradosso di Edipo, figurazione infernale d’ogni tempo. Nulla egli ha fatto di “male”, eppure egli stesso è il “male”, senza saperlo. Occhi chiusi, la vera cecità è nell’anima, nel passato non conosciuto. Ma perché Edipo continua a vivere perennemente da come e quando Sofocle l’ha fatto conoscere? La risposta è nel dato di fatto che egli ha sfidato l’oracolo, tutti i suoi comportamenti rispondono alla logica di evitare il peggio, per sottrarsi al destino infernale.

Eppure lo troviamo ridotto ad un “sacco di lordura” per gli atti che, inconsapevole, ha compiuto. Ha ucciso il padre, ha sposato la madre. Che volete di più esservi nel Novecento che tanto ha usato l’intelletto per distruggere parte dell’umanità? Questa è proprio la ragione della modernità e dell’attualità di Edipo. Aver provocato il male peggiore, assoluto, ed essere però innocente. E’ una predestinazione che insegue l’essere umano, ma ciascuno se ne libera quando riesce ad operare, fuori e contro il vaticinio fatale, per una “causa” diversa da quella per cui sarebbe colpevole se fosse a conoscenza della verità. Ne accenna in proposito Dürematt nella sua celebre “partita a scacchi con Einstein”. Questo è il senso vero di Edipo, saper sfidare il mondo perché ignaro, e quindi innocente.

Merito di Calenda è aver immaginato un Edipo Re sofocleo come protagonista di una personale ed interiore inchiesta in corso, a cui Franco Branciaroli ha dato lo slancio, la pazzia, l’umiltà della fatica come un grande attore può fare per offrire la comprensione di una tragedia vissuta e sempre ritornante.

Sul palcoscenico dell’Argentina l’arduo enigma è risolto con schiettezza d’espressione e partecipazione variegata, mossa e dolorante di Branciaroli. E l’intero cast riesce a dare una prova portentosa e viva, nella simbolica rappresentazione del male, della peste che circonda una terra che “non dà più frutti”.

- - -

Teatro Argentina 23/11 – 12 Dicembre 2010

LA POESIA DI LORCA RINASCE NELLA MALINCONIA DI DONNA ROSINA

Grande spettacolo del “Piccolo” Teatro di MilanoLluís Pasqual ha messo in scena uno dei testi più amari di Garcia Lorca Donna Rosina nubile, ovvero “Il linguaggio dei fiori”. E la giovane di Granada che attende invano per tanti anni il ritorno del suo fidanzato trasferitosi oltre-oceano vive il suo dolore con la passione di un amore sfortunato nel quale vuol continuare a credere anche quando tutto mostra la fine inevitabile di quel sogno. 10000000000000F9000000E50584C101
Fragile come una rosa mirabilis, di quel giardino tanto curato dall’affetto di suo zio, la convenzione teatrale raffigura l’intera gamma delle abitudini, dei comportamenti, della malinconia emotiva di un personaggio di per sé mirabile per profondità di sentimenti, tenace resistenza ad un destino improvvido.
Attorno la piccola provincia di una Spagna arretrata che sembra ormai ferma in un passato non più ripetibile, un aurea evocatrice delle attese cechoviane con la rappresentazione dei personaggi minori (come la sorella ribelle) simboli di una società quasi schematizzata nella ripetizione dei piccoli rituali di foglie ormai appassite.

Lo spettacolo trova, nella traduzione di Elena Clementelli (Newton Compton, 1998), nell’adattamento e nella accorta regia di Pasqual, nei movimenti coreografici (Monserrat Colonè Pijol), nelle appropriate scelte musicali, nelle scene talentuose di Enzo Frigerio e negli splendidi costumi di Franca Squarciapino con i preziosi e tenui colori che ben rendono lo stato d’animo dei personaggi, pilastri eccellenti e convincenti.

Gli interpreti rendono magistralmente momenti ed anime delle singolari personalità immaginate dal grande poeta scomparso nella tragedia della Spagna franchista, dalla superba Andrea Jonasson (donna Rosita) alla incomparabile Giulia Lazzarini (la governante), nella scalpitante Rosalina Neri come madre della ribelle, nell’evanescente raffigurazione dello zio da parte di Gian Carlo Dettori, oltre alla pungente Franca Nuti come zia e nella valente sottigliezza di Franco Sangermano (don Martino).

 

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30