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Intervista ad un operatore

SEMPRE CARO MI FU IL CALL-CENTER..


giovedì 1 dicembre 2005 di Emanuela Ludovica Mariani

Argomenti: Società


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Oggi sono sempre di più le professioni che si confrontano con un uditorio/cliente telefonico. Ed i call-center sono una vera testimonianza della tendenza del momento. Solo a Roma se ne contano, approssimativamente, un centinaio, sia di grandi che di piccole o ridottissime dimensioni. Ed ognuno di questi è un primo grado di comunicazione/informazione tra aziende ed utenti. In molti giornali si pubblicano annunci relativi ad assunzioni, più o meno vantaggiose, in uno di questi luoghi dal trillo continuo, ma, spesso, dietro part-time ben retribuiti e con vari ed accattivanti provvigioni ulteriori e potenzialilità di evoluzione dalla cuffia alla direzione di sala, si nasconde un vero e proprio sfruttamento a basso costo vista l’imperitura fame di lavoro che assilla anche la meglio gioventù...Addentrarsi in queste realtà lavorative è davvero fare un piccolo viaggio nella varia umanità che sceglie, magari un call-center, per lanciarsi nell’odierna avventura lavorativa. E sembra quasi essere una tappa obbligata, sia per i diplomati che per molti laureati. A Roma, nella zona di Cinecittà (sud-est), sorge il più grande call-center capitolino ed italiano con risorse lavorative numericamente sorprendenti: tra le 2000 e le 3500 unità. E’Atesia S.p.a., società di servizi che gestisce in una sorta di appalto/commessa tutte quelle informazioni/comunicazioni che, dalle grandi società come ad esempio Telecom,

Tim, Sky-Italia(commessa terminata nel gennaio 2004), ZurigoAssicurazioni, Barilla etc, andranno veicolate nelle case dei vari fruitori/consumatori con l’utilizzo, appunto, del customer service. Quando entro in una delle varie succursali della società, suddivise tutte nel medesimo quadrilatero, resto stupefatta dall’oceano di gente che transita lì. E le fasce d’età sono molto eterogenee. Si va dal ragazzetto neodiplomato alla casalinga annoiata, al laureato insoddisfatto e deluso dalle altre proposte lavorative fin’anche al lavoratore dalle quattro occupazioni giornaliere (tra cui questo call-center) per raggiungere un fine mese economicamente dignitoso seppur frastagliato.

Mi avvicino ad un ragazzo sui trent’anni, Umberto M., e cerco di scoprire assieme a lui le varie dinamiche che implicano la scelta e la gestione di un simile posto di lavoro.

- Umberto, da quanto tempo lavori qui ?
- Dal 23 settembre 2002.
- Come hai avuto modo di entrare in questo call-center e per quale commessa lavori?
-  Lessi su “Repubblica”di quell’anno, un annuncio in cui si cercavano circa 2000 operatori da inserire prontamente per delle campagne di in-bound. Mandai il curriculum vitae nel giro di pochi giorni dalla lettura dell’annuncio e, sempre nel giro di pochi giorni fui subito contattato dall’ufficio personale che mi fissava un colloquio preliminare a cui ne seguirono altri due. Devo dire che furono colloqui abbastanza semplici con test psicoattitudinali e una chiacchierata finale con un selezionatore del personale che prediligeva, nella scelta, una certa parlantina e un italiano grammaticalmente corretto. E, modestamente parlando, sono qualità che so di possedere anche se, utilizzarle qui, non è sicuramente il massimo...ma lasciamo stare! Quando fui scelto come futuro operatore mi si diede la possibilità di scegliere che tipo di attività in-bound volessi fare...
- Scusa la mia ignoranza, in che senso... in-bound?
- Dunque, qui, si ha la scelta di fare chiamate sia in-bound, ovvero riceverle e dare adeguate informazioni al cliente (sempre previo breefing istruttivo)oppure out-bound, nel senso che sei tu a chiamare il cliente per un qualcosa che devi comunicargli...E, per quanto riguarda me, iniziai nel call-center di Stream (ora Sky, n.d.r.). E, a dirtela tutta, fu la proposta migliore che potessi scegliere poichè in Telecom e in Tim i guadagni sono più bassi, il lavoro è più logorante e ripetitivo e il telefono squilla a ripetizione senza scampo...
- Ecco, i guadagni...come funzionano?
- Atesia ha un mezzo tutto suo di retribuire le tremila unità di cui dispone. Qui vale la regola del c.d. “contatto utile”: ogni telefonata ricevuta ha un costo. Il costo sarebbe il nostro guadagno. Quindi, più telefonate ricevi, più guadagni.
- E l’entità economica di un contatto utile a quanto ammonta?
- Per la commessa di Stream, dove iniziai, variava a seconda delle informazioni che davi: se ad esempio un cliente chiamava per conoscere la nuova offerta commerciale della pay-tv o chiedeva delle operazioni particolari da fare sul suo abbonamento, il costo del contatto utile era di 1,10 euro (lordo!!!). Se voleva poi attivare il suo abbonamento dopo averlo sottoscritto dal rivenditore si passava a 0,77 euro (sempre lordo)...Comunque, se in una giornata si riusciva ad arrivare ad una quarantina di chiamate, a fine mese, il totale non era da buttar via. Certo non è il lavoro della vita...ma farlo per un po’ di tempo, almeno nel mio caso, serve a continuare a pagare bollette e spese che, se volessi inseguire il mio sogno, diventerebbero debiti insormontabili...
- Presumo che il “pacchetto informativo”sia sempre il solito...come si ovvia alla normale noia che naturalmente insorge anche solo dopo un paio d’ore ?
- Devo dire che, delle cinque ore previste dal contratto co.co.co, io, come altri miei colleghi, non le facciamo tutte d’un fiato. Abbiamo ad esempio parecchie pause ricreative dove chiacchieriamo, e a volte, con certe persone, ci raccontiamo e spesso, lo ammetto, sognamo lavori migliori, guadagni eccellenti e meditiamo sempre una fuga da qui...
- Dici tutto questo con parecchia amarezza...hai già perso la speranza che ci sia una via diversa e migliore dietro l’angolo?
- Sai, è strano che lo dica a te che mi stai facendo un’intervista e tra l’altro mi sento importante...(Ride)...Però ti assicuro che nella mia vita, per motivi anche tragici ho cambiato diversi lavori. Ora faccio questo sì...ma è sempre una prigione perchè non è frutto di una libera scelta...Lo devo fare. E il panorama, ti assicuro, è sconfortante...
- Senza voler troppo entrare nei dettagli della tua vita, cosa facevi prima del call-center ? O meglio, c’è mai stato un lavoro che t’è piaciuto?
- Ah certo che si!!! Anni fa, ad esempio, ho lavorato in una piccola rivista letteraria. Curavo le edizioni, le bozze, facevo anche un po’ di p.r. Era il lavoro per me...( e, moromorando, mi dice che fa lo scrittore da sempre...). Poi, malauguratamente, non ci furono più soldi e ci licenziarono tutti dall’oggi al domani. Ecco, penso che quello sia stato uno dei lavori più creativi e soddisfacenti che abbia mia fatto...non avendo potuto finire l’università per gravi problemi familiari...ma questa è un’altra storia!
- Insomma, uno scrittore confinato ad una cuffia che racconta “storie di altri”. Potresti però trarre qualche ispirazione dalla casistica umana che ti si presenta...?
- In effetti, stando in cuffia ti capitano soggettoni da paura la cui gestione telefonica diventa un’impresa ardua sia a livello di comprensione che di pazienza. Sì, se uno si mette con lo spirito giusto, da tutto si può trarre fertile ispirazione...ma la monotonia, ti assicuro, distrugge qualsiasi buon intento costruttivo-fantasioso. E, con una stretta di mano forte e vigorosa, s’allontana da quella sala break dove s’è svolta l’intervista e s’avvia verso la sua postazione immersa tra mille altre dove la sua voce e la sua storia si confonderanno con mille altre.

 

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