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"NOI CREDEVAMO" di M. Martone

Mazzini e il Sud
sabato 20 novembre 2010 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Storia
Argomenti: CINEMA, Film


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Dio, Umanità, Patria, Dovere, Amore, Costanza:
complemento d’ogni umana virtù.
L’Unità d’Italia mezzo dell’Unità Europea.
Questi sono gli estremi termini della mia fede.
(G. Mazzini – 1850)

Grande ed inaspettato appare il successo di “Noi Credevamo” di M. Martone, film sottovalutato all’ultimo Festival di Venezia, non certo di cassetta per dialoghi in dialetto, in inglese e francese (con sottotitoli), complessità di personaggi e fatti che raccontano un Risorgimento rivisitato senza cliché e retorica, concretamente calato nella realtà dei tempi attraverso un veritiero affresco di tutte le classi sociali impegnate nella lotta per l’Unità d’Italia: immagini di contadini, borghesi e nobili, di campagne, salotti aristocratici, carceri, battaglie e atrocità scorrono sullo schermo per ben tre ore senza annoiare lo spettatore.

La sceneggiatura di Martone e De Cataldo, in parte ispirata all’omonimo romanzo di Anna Banti, racconta la vita di tre personaggi minori immaginati per analizzare un periodo storico che va dal 1828 al 1862: i tre meridionali, Domenico e Angelo (nobili), Salvatore (contadino), dopo la repressione borbonica del 1828, affascinati dagli ideali mazziniani, decidono di affiliarsi alla Giovine Italia e così, sballottati tra conflitti Nord - Sud, aristocrazia e popolo, ideali monarchici e repubblicani, interessi anglo - francesi, viaggiano in Italia e all’estero, affrontando sacrifici, violenza, morte ed infine disillusione politica.

Tutto viene raccontato con il rigore di una seria ed accurata ricostruzione storica: il fallimento dei moti mazziniani che non riescono a coinvolgere il popolo, gli attentati a Carlo Alberto e a Napoleone III, gli ideali garibaldini affogati nel sangue ad Aspromonte, il conflitto ideologico tra monarchici e mazziniani, il generoso contributo di tanti patrioti meridionali, soprattutto di quelli più poveri, destinati sempre ad essere oppressi dal Potere, che si tratti dei Borbone o dei Savoia. Eppure il regime piemontese è così duro da far rimpiangere loro perfino i Borbone che almeno avevano favorito attività economiche e commerciali!

Tanti personaggi appaiono sullo schermo, ma sono soprattutto personaggi minori anche se citati nei libri di storia, come Antonio Gallenga, Felice Orsini, Cristina di Belgioioso, il duca Sigismondo di Castromediano. I grandi personaggi invece sono ignorati (come Cavour) o si intravedono appena, come Garibaldi, immagine sfocata sulla cima di una collina. Lo stesso Mazzini non è rappresentato nella fase giovanile degli entusiasmi e delle speranze, ma in quella finale, quando appare stanco, ridotto a pezzi da oppio ed insonnia, ossessionato dai fantasmi dei martiri. Troppo avveniristico il suo programma rispetto ai tempi. E pensare che oggi Repubblica Italiana e UE sono realtà!

Meno sfocata la figura di Francesco Crispi, prima mazziniano, poi sostenitore di Garibaldi ed infine reazionario capo del governo, responsabile della politica coloniale, esempio di trasformismo politico sempre attuale.

Dunque l’Unità d’Italia è fatta alla fine, ma il prezzo pagato è alto soprattutto per i Meridionali e, a quanto pare, anche Mario Martone pensa che i mali attuali affondano le radici nel passato.

Apparso sugli schermi in concomitanza con le celebrazioni dei 150 dell’Unità d’Italia, il film ha suscitato differenti reazioni, poiché ovviamente esso non tratta solo di storia risorgimentale, ma allude a tanti problemi ancora irrisolti. Lo stesso regista, comunque, non negando una possibilità di speranza in una più solida unione nazionale, ha affermato: - Il film è senza dubbio tragico, ma anche catartico. Vorrei che desse una spinta all’azione. Il punto è, infatti, che tutto non è finito. Il problema è che tutto è da cominciare -.

I Meridionali forse sono pronti a dire “noi crediamo ancora”, ma bisogna far presto, prima che la fiducia svanisca per sempre. Se il Sud è davvero una parte d’Italia, è giusto ridurlo solo ad un “serbatoio” di voti per la politica? La “questione meridionale” si può risolvere con l’impegno di tutti gli italiani, valorizzando legalità, istruzione, occupazione (non smetteremo mai di ripeterlo).

“Noi Credevamo” è un film che tutti dovrebbero vedere, poiché è uno stimolo alla riflessione, alla discussione, magari anche a riprendere in mano i libri di storia per studiare più a fondo il nostro Risorgimento, confrontando il coraggio di quei tempi con le incertezze e le paure attuali. A tal proposito, illuminanti appaiono le idee del sociologo francese Alain Touraine, autore del testo “Aprés la Crise”, il quale auspica il sorgere di numerosi movimenti per la difesa dei diritti umani che lancino nuove idee contro tutti i determinismi reazionari della nostra epoca, favorendo una più ampia presa di coscienza dei problemi attuali attraverso un costante confronto con gli altri. “Non si può restare da soli chiusi in una piccola cucina, se si vuol cambiare la composizione di una salsa”, ha affermato Alain in una recente intervista.

Bravo dunque il nostro Mario Martone, capace di stimolare riflessioni e dibattiti, e bravi anche gli attori, tra i quali ricordiamo in particolare Toni Servillo (Mazzini), Luigi Lo Cascio (Domenico), Francesca Inaudi (Cristina di Belgioioso), Luca Barbareschi (Gallenga), Luca Zingaretti (F. Crispi), Valerio Binasco (Angelo), Luigi Pisani (Salvatore), Guido Caprino (F. Orsini), Andrea Renzi (Sigismondo). Notevole la colonna sonora che si avvale delle musiche di H. Westkemper e di stupendi brani di Verdi, Bellini e Rossini.