https://www.traditionrolex.com/30 La giustizia umana-Scena Illustrata WEB

INFORMAZIONE
CULTURALE
Aprile 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7704
Articoli visitati
5272448
Connessi 22

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
23 aprile 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL

La giustizia umana

Si parla un’altra volta di metter mano alla riforma della giustizia. Verrà in mente a qualcuno che esiste anche il problema della equità fra i cittadini?
martedì 13 aprile 2010 di Michele Penza

Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Politica


Segnala l'articolo ad un amico

(Giuseppe...venne, si fece coraggio, andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù) Marco 15,43.

I galilei piangevano silenziosi. Le lacrime che scorrevano sulle loro guance e colavano sulla barba, lo sguardo fisso e perso nel vuoto, apparivano distrutti. Il giorno e la nottata trascorsi erano stati tremendi: era accaduto il peggio del peggio! La sconfitta era pure nel conto delle possibilità, ma nessuno aveva previsto una simile catastrofe. Forse nemmeno Lui.

In un angolo buio della stanza s’intravedeva qualcosa che poteva sembrare un ammasso di cenci, ma da quel punto veniva un’eco sommessa di gemiti e lamenti e quando l’occhio si era abituato si poteva distinguere che si trattava di tre donne, due anziane ed una più giovane, strette l’una all’altra in un unico abbraccio doloroso.

JPEG - 26.5 Kb
Deposizione
Jacopo Pontormo

Gli uomini sedevano immobili alla grande tavola e avevano la disperazione dipinta sul volto. Parevano assenti ma in realtà erano assorti ma vigili, e tenevano l’orecchio teso alla via. Temevano che non fosse ancora finita e sapevano che l’odio dei nemici non li avrebbe facilmente dimenticati. Si sentivano come animali braccati e la sola ragione che li teneva ancora uniti era la consapevolezza che se si fossero dispersi prima che le acque si fossero calmate sarebbero stati esposti singolarmente all’aggressione di chiunque li avesse riconosciuti per via. Ormai non dovevano temere più tanto gli sbirri del sinedrio, che fino allora li aveva ignorati puntando al bersaglio più importante, quanto la malvagità del vicolo, la prepotenza della canaglia che suole infierire sull’indifeso, ancora più pericolosa perché irrazionale e incontrollabile. Sapevano però che ogni tempesta ha un culmine e poi declina, e ogni fuoco langue col passar del tempo se non è alimentato. Qualche giorno di attesa fra mura amiche avrebbe permesso loro di allontanarsi con maggiori probabilità di tornare indenni alle famiglie, alle barche, agli orticelli abbandonati.

JPEG - 24.5 Kb
La negazione di Pietro
Caravaggio

Due di loro erano fratelli, figli di una delle tre donne, e sedevano l’uno di fronte all’altro evitando di guardarsi in faccia. A un tratto l’uno si riscosse e disse piano all’altro: ‘Sono passate le dodici ore. Che facciamo? Dobbiamo abbandonarlo così, alla fossa comune, come un cane? ‘E’ vero. Si potrebbe chiedere ai romani il corpo. Ma chi ci va? Ci saranno gli sbirri dei sacerdoti ad aspettarci. Sarebbe come denunciarsi da soli!

Gli altri avevano udito tutti, sebbene quelli avessero parlato a bassa voce, ma nessuno volle interloquire. Scese fra loro un silenzio ancora più pesante che durò un tempo che a tutti parve infinito. Si udivano solo ogni tanto i singulti sommessi della madre e i lamenti delle altre due donne. Gli uomini ne erano straziati ma nessuno aveva il coraggio di zittirle o la forza di consolarle.

A un tratto sussultarono. Qualcuno batteva alla porta. I soliti quattro colpi, si trattava quindi di amici, ma chi poteva cercarli in un momento simile?

Giacomo si alzò e andò alla porta, vi pose contro l’orecchio e chiese chi fosse. ‘Non temete, sono io, Giuseppe l’Arimateo.

JPEG - 8.3 Kb
Giuseppe d\’Arimatea

- Entra, presto. Che fai qui?
- Come, che faccio? Sono passate le dodici ore. Possiamo chiedere il corpo. Svelti, andiamo.
- Sì, potremmo, ma chi ci va? Quelli magari ci stanno aspettando.
- Ma è un diritto che abbiamo, Giacomo!
- Giuseppe, noi avremo forse il diritto, ma i nostri nemici hanno la forza. Oggi nessuno li fermerebbe.
- Sì. Forse hai ragione, è questa la tua realtà. Ma per me è diverso. Tranquilli, andrò io solo, è meglio. Voi tenetevi pronti.
- Ma tu non temi per la tua vita? Attento Giuseppe!
- No, Giacomo. No! Io la forza di imporre la legge ce l’ho, e non devo temere né giustizia né ingiustizia.
- Tu hai la forza di imporre la legge? Ma che dici Giuseppe? Stai sognando? Il dolore ti ha stravolto!
- No Giacomo. La mia forza non sta nelle braccia, ma è più grande. Sia i Sadducei che l’avido procuratore di Roma rispettano il denaro, l’unico dio che li soggioga. Io sono ricco, pescatore!-

JPEG - 24 Kb
Negazione di Pietro
Rembrandt

Questo flash di una pagina ispirata al Vangelo non vuole proporne una diversa visione né aggiungere alcunché ai fatti che sono stati narrati da chi era legittimato a farlo e nella versione comunemente accettata dalla esegesi cristiana. Il quadro che ho immaginato, quanto mai schematico e scarno ma presumibilmente non così lontano dalla realtà di un’ora drammatica nella quale gli apostoli di Cristo hanno vacillato, e rischiato di scomparire ancor prima di aver preso coscienza di sé, è solo un pretesto per proporre una riflessione sul rapporto reale che esiste tra il cittadino e la legge, in una prospettiva che va oltre l’impatto duro che sempre si verifica tra l’uomo comune e il bargello.

Non è tema da poco. Vi si sono cimentati personaggi del calibro di Socrate e di Gandhi. Non penso che dobbiamo competere con costoro ma credo che tutti debbano riflettervi e che in effetti più o meno consapevolmente in realtà lo facciano. Sento parlare spesso infatti di giustizia e talvolta ne sento citare addirittura due categorie, una umana e l’altra divina, che non sarebbero però comparabili né tanto meno sovrapponibili. Noi in realtà abbiamo esperienza solo di quella umana e perciò possiamo parlare con cognizione solo di quella. Dell’altra sussistono solo ipotesi teoriche e speranze di molti, che vanno considerate con rispetto ma non possono far testo.

Ciò che volevo evidenziare nella vicenda dei galilei è anzitutto il terrore dei poveri contrapposto alla baldanza del ricco, sia di fronte al braccio armato della legge che alla violenza della prevaricazione. Conosciamo tali contrapposti sentimenti, sopravvissuti ai millenni, perché anche noi li condividiamo e possiamo tranquillamente scommettere che saranno altrettanto condivisi dai nostri discendenti. Una prima considerazione che faccio perciò è quella che ciò che definiamo giustizia, ossia il sistema che valuta e sanziona il comportamento dei cittadini, offre loro puntualmente due porte d’accesso, una larga e comoda per i ricchi e l’altra impervia e stretta per tutti gli altri.

Questo appare ormai un dato ufficializzato visto che ce ne offre testimonianza perfino il Vangelo! Oggi si parla ancora una volta di metter mano al problema della giustizia in Italia. Verrà in mente a qualcuno di coloro che si accingono a farlo che oltre al problema reale che li preoccupa, cioè quello della spartizione del potere tra le varie componenti in gioco, esiste pure, da un’eternità, anche il problema della equità tra i cittadini? -

 

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30