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Rubrica: EDITORIALI


Per l’Europa, si può parlare davvero di "Unione"? - Editoriale 06/2009


giovedì 4 giugno 2009 di Silvana Carletti

Argomenti: Attualità


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Il sogno europeo di unire gli Stati in una comunità economica, politica e sociale si sta avverando?

Molti sono i dubbi che sorgono a tale proposito. Certamente l’Unione Europea era ed è necessaria ed indispensabile; su questo punto, siamo tutti d’accordo.

Ma le speranze dei “cittadini” del “Vecchio Continente” sono state tutte attese?

L’introduzione dell’Euro ha sicuramente facilitato gli scambi tra i vari Paesi e fortificato il valore della moneta nazionale, anche se, come è avvenuto in Italia, la mancanza di controlli ha provocato danni persistenti ai consumatori che si sono visti all’improvviso raddoppiare, se non triplicare i prezzi, senza poter reagire in alcun modo. E, al momento attuale, dopo cinque anni, non si è fatto ancora nulla per andare incontro a tale inconveniente.

Dal punto di vista politico e sociale, le differenze storiche, ideologiche e religiose che hanno visto nei secoli combattere ed opporsi tra di loro i vari Stati membri in alternanze temporali, risultano superate per molti Paesi Europei, quali la Francia, la Germania, la Norvegia, la Spagna, solo per citarne alcuni, ma permangono ancora forti riserve per alcuni Stati che soltanto da poco fanno parte dell’Unione (quali la Romania)o che molto probabilmente ne faranno parte (come la Turchia).

Il Trattato di Schengel che concede il libero accesso dei cittadini membri in Europa, ha anche permesso l’ingresso di persone a volte non in regola con le leggi nei loro Paesi di origine, stranieri che entrano in Italia indisturbati commettendo a volte crimini anche gravi, ben conoscendo la lentezza e l’impunibilità della giustizia nostrana.

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Spesso la differenza di religione, abitudini di vita particolari e strettamente autoctone creano ostacoli non indifferenti al quieto vivere, se non addirittura, reazioni xenofobe.

Ma il problema più grave ed evidente per il successo e la stabilità dell’Unione, per quanto ci riguarda, è la scarsissima partecipazione e la preoccupante impreparazione dei nostri parlamentari di fronte al compito estremamente impegnativo di redigere o di approvare leggi comunitarie.

Si scelgono candidati a caso, senza un curriculum di studi specifico quale potrebbe essere, ad esempio, una laurea in Scienze Politiche unita alla partecipazione a master specializzati e, soprattutto, all’indispensabile e perfetta conoscenza di almeno due lingue straniere.

Inoltre, ad ognuno di noi non sono certo sfuggite le continue visioni di aule perennemente vuote o poco frequentate, per non parlare poi dei compensi che i deputati europei ricevono e che hanno visto, ahimè, l’Italia al primo posto per retribuzioni concesse a larghe mani.

Le prossime elezioni dimostreranno la fiducia riposta dagli elettori nel Parlamento europeo, mentre ci auguriamo che l’affluenza alle urne sia almeno sufficiente.

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Il parlamento Europeo a Strasburgo

Ancora non è chiaro ai dirigenti dei nostri partiti che preparano le liste e svolgono un’intensa campagna elettorale a tutto campo, che ove non c’è rigore, rispetto per gli elettori, senso del dovere e preparazione di base, è e sarà sempre impossibile espletare un impegno "europeo" serio e responsabile.

Le stesse regole di selezione candidati dovrebbero essere obbligatorie, naturalmente, anche nel nostro Parlamento, ove operano indisturbati tra gli altri, deputati e senatori sotto inchiesta.

Non illudiamoci: cambiare il sistema e moralizzare la vita politica è, da sempre, chiedere troppo….

 

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