https://www.traditionrolex.com/30 PROSPETTIVE COSMOPOLITICHE E REALTA' CONTINGENTI-Scena Illustrata WEB

INFORMAZIONE
CULTURALE
Aprile 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7693
Articoli visitati
5235321
Connessi 10

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
19 aprile 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL

Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica (Il Saggiatore, Milano, 2007)

PROSPETTIVE COSMOPOLITICHE E REALTA’ CONTINGENTI

nell’analisi di Daniele Archibugi
mercoledì 13 maggio 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Politica
Argomenti: Sociologia
Argomenti: Daniele Archibugi


Segnala l'articolo ad un amico

Il sogno cosmopolitico di Kant mantiene la sua forza di attrazione quanto più nel XXI secolo l’interconnessione nei rapporti tra i popoli diviene più stretta. La stessa tecnologia offre ulteriori elementi per cercare di dare alla suggestione settecentesca una sua validità. E proprio a quella istanza etica ancora prima che politica si richiama adesso Daniele Archibugi nella sua armonica costruzione di un progetto Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica (Il Saggiatore, Milano, 2007).

Il libro ha una sua valenza critica nel denunciare i guasti prodotti da relazioni internazionali ancora basate su entità statuali che già a suo tempo Kelsen nei primi decenni del XX secolo aveva ritenuto superabili in vista di una più salda funzionalità ed apre soprattutto una prospettiva in vista di realizzare una democrazia autentica.

E l’autore giunge alla espliticitazione di un progetto definito sulla scorta della conoscenza empirica e della realtà che si è andata configurando sulla traccia maturata da Wilson a Roosevelt sino ai giorni nostri.

JPEG - 18.1 Kb
Daniele Archibugi

Così, pagina dopo pagina, avanza l’approfondita analisi del percorso diretto ad innestare la tutela delle libertà e dei diritti civili sul tronco dell’operoso ma insufficiente lavoro condotto sin qui dalle organizzazioni internazionali, delle quali Archibugi fornisce un panorama disincantato circa i limiti emersi, cercando di non farsi trascinare nei gorghi di un preteso realismo negatore delle possibilità concrete di pervenire a risultati e soluzioni utili.

Certo il punto di partenza non trascura le insidie che minano la democrazia e minacciano un programma cosmopolitico ma proprio le carenze dell’attuale sistema inducono a riflettere sull’esigenza di mettere alla prova una democrazia effettiva in comunità multilinguistiche.

Né – aggiunge – l’imperfezione dei sistemi che si chiamano formalmente democratici (basti pensare a quello nel quale viviamo noi) esclude che sia condotto a termine il “viaggio verso la democrazia”, un viaggio per il quale Daniele indica il nostro cammino comune.

Una prima osservazione al riguardo potrebbe indurre a dare maggiore peso ai difetti che tuttora pesano sulle nostre forme istituzionali, giacché all’allargamento del numero degli stati democratici, del suffragio al loro interno e dei conseguenti benefici per gli esseri umani in carne ed ossa, si contrappone il delinearsi sempre più evidente di forme totalitarie, all’interno dei sistemi considerati liberi, e ciò non per cattiva volontà di singoli ma a causa delle procedure tecnologiche e dei fattori organizzatori sempre più determinanti nel consorzio della vita collettiva. La conflittualità tra corpi statuali è tutt’altro che in diminuzione mentre ad essa si aggiunge la conflittualità più mirata ed ininterrotta che serpeggia in ogni nicchia delle comunità politiche esistenti.

La “non violenza” è oggi un caposaldo fondamentale per quanti anelano a società meno ingiuste ma trova crescente inapplicazione nella prassi dei rapporti concreti tra etnie, contesti religiosi, nazioni. Non per questo non dobbiamo sostenerla ed impegnare ogni nostro sforzo perché la sua pratica si diffonda ma di fatto le minime regole di convivenza e le forme giuridiche di controllo trovano sempre maggiori ostacoli, come segnalano ogni giorno le notizie provenienti da ogni continente.

Ecco perché all’espansione nominalistica della democrazia non corrisponde l’adozione di metodi corretti, rispondenti alle prescrizioni internazionali e costituzionali teoricamente dichiarate. Le grandi democrazie usano la forza più che il diritto quando affrontano problemi alle loro frontiere (basti scorgere l’elenco dei conflitti intervenuti negli ultimi anni) o difficoltà al loro interno (basta misurare la somma delle restrizioni imposte per sia pur “legittimi motivi di sicurezza”). Gli indicatori segnalati nel libro sbiadiscono in confronto alle sanguinose verifiche proprie del sistema globale che ha sostituito il sistema ottocentesco delle nazioni.

Gli studi sulla giustizia internazionale (evocata da Rawls) fanno inutilmente bella mostra nelle nostre biblioteche. La persistenza della guerra – tramutata nei suoi caratteri – è condannata quasi universalmente ma continua a restare in auge senza soluzione di continuità – rivelando uno spostamento dei punti di attrito, talvolta una diminuzione degli effetti perversi della “guerra di tutti contro tutti” ma spesso con una moltiplicazione inquietante degli strumenti distruttivi, con armi sofisticate.

Tutte queste evidenti esemplificazioni non debbono tuttavia disarmare l’empito valoriale che guida i movimenti sia locali che transnazionali meritevoli sempre più di essere appoggiati da chi crede nelle motivazioni etiche ma il processo di globalizzazione ha rivelato nell’ultimo trentennio come sempre più deboli siano i movimenti di lotte rivolti al miglioramento delle condizioni effettive di esistenza.

L’architettura, disegnata con tanta accorta preveggenza nel libro per evitare ulteriori danni e lacerazioni, ha una sua indubbia carica culturale – e di ciò dobbiamo essere grati a chi l’ha studiata con così pregevole attenzione – ma ad es. dal lontano giorno in cui le superpotenze stabilirono il loro diritto di veto nel massimo organo dell’ONU i progressi registrati nella vita internazionale sono stati così scarsamente efficaci per dare oggi credito ai progetti di riforme imperniati solo nella “buona volontà”.

La democrazia nel duplice versante interno ed internazionale è una meta da perseguire, ma l’erosione dei poteri sovrani delle singole potenze o anche di piccoli Stati appare tutt’altro che avviata. L’ordine giuridico cosmopolitico costituisce un obiettivo auspicabile nelle forme in cui Archibugi lo descrive, ma l’esperienza anche negli anni recenti va in senso nettamente contrario.

La governance mondiale non appare risolvibile attraverso perfezionamenti istituzionali perché essa è esercitata dall’insieme delle forze che, di volta in volta, sono in grado di mettere in atto il loro potere. Il preteso dominio della legge è sempre più una mistificazione a danno dei più deboli. La democrazia regredisce a vista d’occhio all’interno di ogni paese, non perché vi siano alla guida personaggi “cattivi”, “riprovevoli” ma perché le necessità di guida della società richiedono una progrediente concentrazione delle energie attraverso le quali opera il potere e persino attualmente la ricerca di un nuovo equilibrio e dei contrappesi (come si era cercato di fare nella società liberale) impone un percorso in cui si intravvedono più limiti che aperture alle libertà e al rispetto dei diritti.

Il mondo nel quale miliardi di persone vivono indica con evidenza la dilagante concentrazione dei poteri come carattere dominante: la tecnocrazia globalista rafforza le sue capacità di intervento e dominio, mentre la “legge” appare sempre più una copertura formale per l’imbrigliamento delle energie che potrebbero mettere in pericolo i poteri reali.

Dovremmo perciò rinunciare agli ideali, alla ricerca di una valida giustizia penale internazionale (uno dei pochi terreni nei quali effettivamente si sono conseguiti risultati, come il libro ben spiega) abbandonare gli interventi umanitari (in nome dei quali però negli ultimi decenni sono stati compiuti numerosi eccidi)? Tutt’altro.

E Archibugi stesso sottolinea le difficoltà sorte nel tentativo di esportazione della democrazia (e Luciano Canfora ne ha offerto recentemente chiare dimostrazioni). L’azione delle organizzazioni non governative offre esempi giustamente valutati nei risultati conseguiti.

L’autodeterminazione dei popoli ha ottenuto esiti positivi nei paesi afro-asiatici e recentemente in Balcania, ma con risultati non sempre soddisfacenti (per non dire altro), anche le minoranze sono più rispettate anche a prezzo di duri sacrifici, i diritti individuali possono porsi come fondamento dei soggetti attivi nella società cosmopolitica (ed è la strada più importante indicata nel libro), i rapporti più fitti tra le nuove generazioni attraverso Internet sono segni incoraggianti, i diritti umani sono al centro dell’attività delle politiche e della diplomazia, ma la conflittualità resta dominante, un dato di fatto incontestabile, che è all’origine della situazione attuale del mondo (e questo, a noi, come storici, interessa particolarmente).

Il farsi progressivo degli eventi, ambito nel quale naturalmente ogni forza (al di là delle sue dimensioni) cerca di dare continuità ed effetti alle proprie azioni, non consente illusioni. Ed è in questo ambito reale che vanno allora cercate, di tempo in tempo, le soluzioni rese possibili dall’intreccio delle diverse forze, a seconda delle opportunità concrete, in un continuo saliscendi di gruppi etnici e sociali, nella ricerca del minimo equilibrio consentito dalla giustapposizione delle forze, come avviene nella realtà internazionale.

Ciò non vuol dire escludere la tendenza esposta con tanta rigorosa precisione nel libro, che anzi va assecondata e valorizzata. La stessa prefigurazione di schemi – come ha fatto Archibugi con apprezzabile e diligente sforzo costruttivo – può contribuire a meglio intendere i fenomeni in corso, a indicare strade perseguibili ai fini di miglioramenti. Ecco perché verso gli obiettivi indicati appare utile indirizzare sforzi concordi di movimenti sociali, di classi, di interessi coalizzabili. I soggetti individuali che percorrono oggi il mondo per sfuggire dai paesi poveri e dalle persecuzioni o in ragione dei loro studi e alla ricerca di un lavoro più profittevole sono già sostanzialmente portatori della visione cosmopolitica che si forma così nella loro realtà personale, al di fuori di predizioni ideologiche o istituzionali.

Non si dimentichi che si tratta di pervenire a risultati, frutto di sforzi, di lotte, di sprigionamento di nuove energie, di sacrifici – come insegna l’esperienza – più difficilmente, a noi pare, attraverso razionali e consensuali accordi circa i principi regolatori che ciascuna parte può dichiarare di accettare senza però metterli in pratica. E soprattutto necessario rivolgersi a rafforzare istituzioni quando esse sono in grado di operare positivamente, o meglio costruirne nuove, come quella per la democrazia internazionale, una “comunità” sganciata dai governi, per la quale, ad esempio, molti gruppi già lavorano con risultati certamente ancora deboli ma tutt’altro che da abbandonare o sottovalutare non ai fini della “soluzione” dei problemi immediati bensì quale traccia concreta per un lungo cammino da percorrere.

Se nella Cina lo stesso concetto di diritti umani è sconosciuto, se in Russia sono organizzati gli assassini di Stato contro gli oppositori, se negli USA dall’inizio del terzo millennio le garanzie giuridiche sono sempre meno assicurate, risulta chiaro che nessuna fiducia si può fare sui grandi Stati che regolano le Nazioni Unite, e anche negli Stati minori si rafforzano i gruppi di potere politico-finanziario a danno della libera partecipazione all’attività politica dimostrando che la democrazia va costituita o ricostituita con forme ed istituzioni rinnovate senza attribuire ulteriori poteri né ai singoli Stati né all’organizzazione compatta dei governi a scarso tasso di democraticità.

Ai fini di questa scelta occorre cercare e creare altre strade da utilizzare per rimuovere gradualmente gli ostacoli al libero dispiegamento delle energie umane e al rispetto della dignità dei singoli soggetti, già operanti a livello supernazionale. Ed in questo senso l’ipotesi cosmopolitica potrà dimostrare di essere praticabile.

P.S.

Sito WEB di daniele Archibugi http://www.danielearchibugi.org/


 

https://www.traditionrolex.com/30https://www.traditionrolex.com/30