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La riscoperta della Patria (Rizzoli, Milano, 2008).

ALLA RICERCA DI UNA IDENTITA’ NAZIONALE OFFUSCATA MA NON PERDUTA


domenica 15 marzo 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Sociologia
Argomenti: Storia
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Paolo Peluffo


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Da quando Salvatore Satta parlò di “morte della patria” a proposito dell’8 settembre, si è fatto avanti – in polemica – un folto plotone di studiosi che discettano sull’argomento, e così ora siamo giunti con Paolo Peluffo a La riscoperta della Patria (Rizzoli, Milano, 2008).

E contro la tesi di una assoluta sfiducia in tutto ciò che può ricondurre a valori illustrativi dell’identità nazionale si è realizzata, negli anni della presidenza Ciampi, una serie di iniziative tendenti invece a promuovere una sorta di “patriottismo repubblicano”. Si spiega così come Peluffo, portavoce a lungo del Presidente, abbia inteso ricostruire gli elementi formativi di una visione politica ed etica incentrata sul significato storico dei valori nazionali. Se la sfiducia verso lo Stato – visto nella sua deficiente operatività – può indurre ad allargare la valutazione anche nei confronti dell’intero concetto di “patria”, l’autore, risalendo a simboli storici e a citazioni, a cominciare dalla Storia delle repubbliche italiana dello svizzero di De Sismondi, riesce a svolgere una articolata ricerca (altra citazione opportuna Putnam, lo studioso americano che ad Harward ha celebrato i fasti di Siena all’avanguardia della nascita dei primi elementi dell’economia moderna), sulla base dei viaggi dello stesso Ciampi, di cui si ricordano i numerosi e utili incontri in tante parti del paese, in un tentativo di guardare, con lenti ripulite, gli eventi accaduti nei periodi recenti a livello interno ed internazionale.

Prediche inutili, quelle del Presidente, secondo l’espressione del suo precedessore Einaudi? Peluffo, riprendendo l’impostazione ciampiana, poggia tutto il suo ragionamento sulle fondamenta costituzionali della nostra repubblica. Un rilancio che ha trovato conferma in tanti episodi, maggiori e minori, della nostra vita pubblica come nelle esperienze individuali di tanti cittadini impegnati nel volontariato o in tutte attività svolte con serietà professionale e senso civico di derivazione mazziniana. Ricordato quanto si è fatto in Francia nell’Ottocento per valorizzare i momenti salienti della storia nazionale, il libro contiene interessanti contributi alla identificazione collettiva nazionale degli italiani, come i 5 elementi suggeriti da Carlo Tullio Altan (memoria collettiva, lingua, ethos, legami di sangue, territorio), specifico argomento approfondito – aggiungiamo – alla fine degli anni ’90 negli incontri di Cetona, dove le “memorie” patrie hanno trovato intelligenti elaborazioni.

Da El Alamein a Porta San Paolo, alla brigata Maiella (alla cui storia abbiamo personalmente dedicato un saggio) i ricordi s’infittiscono in eventi di grande significato morale ed umano. Tra i vari studi citati ritroviamo tra i più convincenti quello di Galasso sulle identità regionali sviluppate alla fine della potenza sveva. Le testimonianze degli atleti nel cantare (poco) l’inno di Mameli, l’analisi di tante occasioni nelle quali il fattore “nazionale” è stato esaltato, il ruolo dell’educazione (e in proposito non dimentichiamo i giovani che da Sulmona ogni anno ripercorrono le strade di Ciampi nel periodo più oscuro dell’Italia inverno-primavera 1943-44) sono tutte piccole pietre che possono contribuire ad arricchire la costruzione di una identità di cui Peluffo ha il merito di sottolineare gli elementi unificanti in questo paese sempre più lacerato nelle sue divisioni. E si avverte nell’autore una volontà tenacemente tesa a dare alla “riscoperta” il senso di una autenticità storica sostanziale.

E poiché non sembra che questo libro abbia trovato quella risonanza che merita, vorremmo sommessamente dire all’autore che egli non è affatto un “isolato” perchè – al di là dell’ “orgoglio” (attenzione se troppo sollecitato, può produrre danni) difficilmente contagiabile a chi non l’avverte – vi sono moltissimi italiani silenziosamente convinti delle ragioni esposte con tanta passione da Peluffo. Vi è poi il nodo qui affrontato di riconnettere l’identità nazionale a quale europea che appare sempre meno salda.

Infine l’accenno alle prossime celebrazioni del 2011 riconduce alle difficoltà di riconoscersi in una cultura data o in valori definiti quando si assiste ogni giorno, ogni ora, in ogni avvenimento, subissati dalle pratiche spartitorie dei ceti dominanti, dalle lobby imperanti nella vita civile, politica ed economica, che ben poco inducono a sperare per il futuro. Tuttavia sappia Peluffo che la sua sollecitazione trova una eco non superficiale in tanti spiriti liberi e forti (mi permetto ricordare il mio libro “Soldati”).