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Rubrica: EDITORIALI


L’INCUBO DEL TORNELLO - EDITORIALE 11/2008


sabato 1 novembre 2008 di Silvana Carletti

Argomenti: Politica


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Chissà perché ogni governo, nell’esporre verbalmente le proprie idee, si caratterizza per termini nuovi o riesumati dal vocabolario della lingua italiana. Dopo i resuscitati “implodere”, “ lor signori”, “mi consenta”, ora è il momento del “buon padre di famiglia”, dei “virtuosi” e del tanto esaltato “tornello”.

Niente da ridire sull’opportunità e la necessità di rendere più efficienti e controllati la presenza e il lavoro degli impiegati e degli addetti ai vari servizi; su questa iniziativa, siamo tutti d’accordo.

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Quanti di noi hanno spesso trovato, nel recarsi in un ente, uffici vuoti o personale indolente e fannullone ed era quindi un dovere, da parte del ministro, porre un limite al diffondersi di un lassismo preoccupante a danno esclusivo del pubblico, costretto spesso a fare file lunghissime o a ritornare più volte nello stesso ufficio, con perdita di tempo e di denaro.

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Da questo, però, a passare all’ ”incubo” del tornello, ci sembra un po’ eccessivo.

Il Ministro Brunetta che, certamente, viaggerà in una comoda auto blu, dovrebbe recarsi di prima mattina alla Stazione Termini, dove arrivano pendolari che impiegano tre ore di tempo per giungere da Cassino a Roma, per non parlare della metro, del traffico convulso di tutte le vie consolari (nessuna esclusa), degli ingorghi dentro la città, degli autobus che non passano mai e…degli scioperi tranviari e ferroviari.

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E le famiglie? Nessuna pietà per le madri che prima del lavoro esterno quotidiano, in genere di otto ore, sono costrette a portare i figli assonnati agli asili nido o alla scuola, trascurando le minime necessità casalinghe, per correre ad “acchiappare” un autobus strapieno, con il terrore (ed uso un eufemismo) di passare in ritardo attraverso il conclamato tornello, una specie di forca caudina dei nostri giorni.

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Tutto ciò genera ansia, difficoltà di dormire durante le poche ore disponibili ed odio per il lavoro, nervosismo e, di conseguenza, scarsa efficienza…

Non sarebbe bastato piuttosto, un controllo più severo da parte dei capi sezione, dei capi servizio e dei dirigenti addetti a misurare rendimento e meritocrazia che il più delle volte non corrispondono ad un cartellino perfetto o, meglio, far amare il proprio lavoro con stipendi adeguati ed incentivi?

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Non ha pensato il Sig. Ministro che i “fannulloni” che timbrano alle ore 8 e 30 precise, restano poi in ufficio, comunque, nullafacenti?

Perché questa lodevole iniziativa non è stata realizzata anche in Parlamento o nel Senato che appaiono ai telespettatori, il più delle volte squallidi e vuoti?

Non amare, anzi odiare il proprio lavoro, non è stato mai redditizio, anche perché la “qualità” vale sempre, o quasi sempre, più della “quantità”, sia pure documentata da un diabolico tornello.