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L’ARTE DI AMATRICE E ACCUMULI DAL TERREMOTO ALLA RINASCITA

A RIETI PALAZZO DELFINI FINO AL 9 GENNAIO 2022
giovedì 3 giugno 2021 di Roberto Benatti

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Un atto d’amore verso la gente di Amatrice e Accumoli

Oltre una sorte avversa. L’arte di Amatrice e Accumoli dal terremoto alla rinascita è una mostra che permette alla sua popolazione di ritrovare le sue radici, di ammirare il ricco patrimonio esposto e di ritrovare una speranza nuova. Questo patrimonio recuperato è stato messo in sicurezza nei depositi del MiC di Rieti e Cittaducale e poi avviato a restauro.

La mostra, curata da Giuseppe Cassio e Paola Refice, è promossa dalla Fondazione Varrone e allestita, sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti, con opere della Diocesi di Rieti e del Comune di Amatrice, provenienti dalle chiese dei territori di Accumoli e Amatrice. 48 delle 64 opere in mostra sono state restaurate dalla Fondazione Varrone nel Varrone Lab, appositamente predisposto per lo scopo; le restanti sono state restaurate dal MiC (Soprintendenza ABAP, Istituto Centrale per il Restauro e il laboratorio di restauro delle Gallerie Nazionali – Palazzo Barberini).

La mostra ha aperto al pubblico sabato 22 maggio e resterà aperta fino al 9 gennaio 2022, tutti i giorni eccetto il lunedì, dalle 17 alle 20. Le restrizioni anti-Covid ancora in vigore rendono necessaria la prenotazione sulla piattaforma eventbrite.

Si completa così un percorso avviato nel maggio del 2019 dalla Fondazione Varrone, che scelse di concentrare energie e risorse sul recupero delle opere d’arte scampate al sisma nel duplice tentativo di salvaguardare le radici più genuine della popolazione locale e mantenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica sulla ricostruzione del centro Italia. Nacque da un accordo di programma sottoscritto con l’allora Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, l’Ufficio del Soprintendente Speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016, la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio, la Diocesi di Rieti e i Comuni di Accumoli, Amatrice, Cittareale e Rieti.

Frutto di quell’accordo è stato il Varrone Lab, aperto nel gennaio 2020 nella piazza centrale della città, dove è stato restaurato un importante lotto di opere d’arte conservate nella Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale, e il volume Ai piedi della Laga. Per uno sguardo d’insieme al patrimonio culturale ferito dal sisma nel Lazio, pubblicato da Mondadori Electa nel dicembre 2019. Tele, tavole, sculture, arredi, immagini devozionali sono stati recuperati, accuditi, studiati, consolidati, restituiti per quanto possibile ad una unità di immagine degna.

Addirittura alcuni oggetti risultano godibili e fruibili ancor di più ora, che prima del sisma.

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Sant’Emidio

Una sezione della mostra è dedicata al culto di Sant’Emidio il difensore celeste patrono di Ascoli Piceno, particolarmente invocato dalle popolazioni del Centro Italia a tutela dei terremoti. L’effige del Santo proveniente dalla Chiesa di San Francesco di Accumoli, è senz’altro l’opera che si distingue tra le altre in quanto, nonostante il restauro, reca ancora i segni evidenti delle ferite inferte dal peso delle macerie di quell’edificio che oggi non esiste più. Un’opera simbolo, come d’altronde il modellino della città che il giovane vescovo imberbe sostiene, da identificarsi probabilmente con la stessa Accumuli, storicamente vessata dai terremoti.

Si veda la pregevole tela recuperata dalle macerie della chiesa di Poggio Vitellino con danni gravissimi e lunghe lacerazioni verticali, il recente restauro ha permesso di restituire la firma di Mariano Bianchini. Un capitolo fondamentale è la tavola tardo quattrocentesca della Chiesa di Sant’Andrea di Configno. La tavola documentata sin dal 1549 ritrae la Madonna in trono con il bambino che intende dialogare con San Giovannino mentre i lati assiste alla scena Sant’Andrea Apostolo, titolare della chiesa ospitante, e San Sebastiano, tradizionale protettore contro la peste. L’autore della tavola, che al momento è destinato a rimanere senza identità, non è esente dalla cultura Umbra, interpretata dal maestro Pinturicchio, dal quale riprende l’impostazione iconografica del dialogo tra il bambino Gesù e San Giovannino.

Un aspetto singolare della mostra è fornito anche dalla presenza di alcuni oggetti sacri realizzati con metalli preziosi provenienti dalle chiese colpite dal sisma del 2016, che si presentano qui per la prima volta dopo un delicato intervento conservativo.

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Reliquiario della filetta

Un Altro capolavoro dello stile tardo gotico e invece il noto reliquario della Filetta realizzato sempre da Vannini nel 1472, una delle più celebri opere di oreficeria italiana del Quattrocento, destinato a contenere il prezioso Cammeo rinvenuto nei pressi di Amatrice l’anno precedente da una giovane pastorella locale.

Un’opera da non perdere è il dipinto su tela raffigurante la Madonna che cede il bambino a Sant’Anna firmato da Biagio Ruggiero da Priverno. Alcuni pezzi riguardano i santi fondatori rappresentati dal nucleo di sculture lignee tardo cinquecenteschi che ornavano originariamente la compagine architettonica dell’altare Maggiore della Chiesa di San Francesco ad Amatrice. Si tratta di San Francesco e Santa Chiara che il restauro ha permesso di mostrare nuovamente nell’eleganza dell’intaglio.

Il culto di alcuni Santi tra i più diffusi è attestato dall’elegante dipinto tardo-barocco, datato 1721, che ritrae la Madonna con il bambino tra i Santi Lorenzo, Maria Maddalena e Sant’Antonio di Padova proveniente da Collegentilesco ( Amatrice ) ritenuto opera di Niccolò Ricciolini.

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Niccolò Ricciolini: Madonna con il bambino

Ci sono anche quadri di piccole dimensioni appesi alle pareti delle chiese, generalmente in senso orario che seguono una disposizione ordinata per garantire ai fedeli di muoversi lungo la navata sostando davanti ad ogni stazione per genuflettersi recitare delle giaculatorie intercalate dal canto della popolarissima sequenza Stabat Mater dolorosa dedicata alla meditazione delle sofferenze della Vergine Maria nel itinerario verso la croce.

Un aspetto di notevole rilevanza religiosa è rappresentato dalla diffusione sul territorio di una serie di dipinti su tavola collocati tra il tardo medioevo il primo Rinascimento. L’opera più antica sicuramente la cosiddetta Madonna di Cossito genericamente ritenuta della seconda metà del XIII secolo. Non dimentichiamo anche la Madonna delle Coste venerata nei pressi di Accumuli. Il trittico della Madonna del latte realizzato da Dionisio Cappelli per la chiesa di Preta oggi custodito al Museo Diocesano di Rieti, ispirato quasi sicuramente da un modello precedente di probabile origine medievale.

Risulta chiaro che per rilanciare il turismo nel territorio ci si è chiesti come valorizzare queste opere e quando potranno tornare nei loro siti d’origine. L’intreccio tra paesaggio, architettura e arte fanno ben sperare per il futuro. E’ una sfida aperta dove l’aiuto di tutti sarà il dono per le future generazioni. L’altissimo valore sociale della mostra rende onore all’impegno profuso da tutte le istituzioni e i privati coinvolti.

Trova di nuovo spazio l’utopia del museo diffuso, un concetto della fine degli anni Settanta che trova ora una possibile progettazione e costruzione di spazi, il più vicino possibile ai luoghi originali, permettendo un recupero sostenibile e nuovi segni di rinascita in accordo con il territorio.

Palazzo Dosi Delfini Piazza Vittorio Emanule II 17, Rieti