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IL MITO DEI NARCISI

di Andrea Forte e Vivi Lombroso
venerdì 18 dicembre 2020



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Esisteva il giovane Narciso. Il giovane Narciso esisteva. Non vi sono parole per dire cosa fosse. Si possono raccontare delle cose per descriverne alcuni aspetti. Per esempio, era plasmatico. Che significa ? E come si fa a spiegarlo… potremmo dire, ma non renderebbe l’idea, che era snodato, si muoveva come in una danza continua, talora tenue, talaltra frenetica.

Morbido eppure tenace, spesso sembrava fluttuare piuttosto che poggiare, permeare piuttosto che toccare, comprendere piuttosto che possedere. Modi di dire parziali, inadeguati. Egli piuttosto era: era Narciso.

Qualunque cosa facesse, respirare, piangere, mangiare… ma qualunque cosa, effettuata da lui, diventava più intensa, come fosse più reale.

I minerali lo sostenevano, i vegetali lo sostentavano, gli animali lo servivano, gli umani lo adoravano, gli dei lo ringraziavano di esistere. Guardandolo, suscitava immagini continue: ora sembrava sabbia ed ora metallo, quercia o palma, medusa od albatro, bambino o vegliardo. Era qualunque cosa pur restando se stesso, era lui, era alieno.

Fosforescente al buio, incupito al sole, alle nascite poteva ridere ma capitava anche che piangesse, alle morti poteva piangere a capitava anche che ridesse. Gli si riconosceva ogni saggezza, gli si perdonava ogni follia. E come se tutto quel che s’è detto, non bastasse… Narciso sapeva di essere questo, ed altro.

Un giorno il suo volto mutevole attraverso l’aria si chinò sull’acqua per bere, rimanendovi specchiato. E Narciso si piacque e si dispiacque. Né poteva farne a meno. E pensò di sperimentare l’immagine liquida, e vi scivolò. Ma non si coglieva. Continuò a scivolare nell’acqua, e raggiunse la terra del fondo. E scivolò in esso, continuando ad attraversarlo, sinché uscì dalla terra…ed emerse in un’altra acqua.

E mentre continuava a procedere, si accorse di pensare: questa sì che è una tecnica. Non è vero che si muore percossi, annegati, soffocati, bruciati. Vai solo oltre. Andiamo avanti. E scivolò nella nuova acqua, la percorse sino al limite, e mentre stava emergendo all’aria, vide il proprio volto che dall’alto lo guardava sorridendo con infinita dolcezza. Ma lui non stava sorridendo. E le labbra di quello si schiusero chiamandolo come un’eco lontana… Narciso. Ma lui non stava muovendo le labbra. A chi apparteneva quell’altra effige, anche se gli era identica ?

Provò timore. Rallentò ad emergere rimanendo a fior d’acqua, che s’increspava. L’altra effige sembrò comprendere il timore e sorridendo disse: non temere, sono io. E si chinò ulteriormente a baciarlo sulle labbra che stavano a fior d’acqua, né emerse, né sommerse.

Al contatto comprese chi era l’altra effige…Narcisa…la più bella di tutte le belle, la dolcissima e tremenda, la folle e la saggia, l’aliena. Allora emerse, attraversarono l’aria e bruciarono insieme per continuare a plasmare l’essere.

 

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