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Mario Trozzi. Alle origini del movimento operaio e sindacale in Abruzzo (Ediesse, Roma, 2007)

MARIO TROZZI E IL SOCIALISMO ABRUZZESE

Raccolta di saggi a cura di Andrea Borghesi e Fabrizio Loreto
domenica 14 settembre 2008 di Carlo Vallauri

Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Andrea Borghesi e Fabrizio Loreto


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Lo storico Raffaele Colapietra traccia all’inizio del volume un profilo dell’organizzatore socialista sottolineando il panorama politico dell’Abruzzo sulmonese dalla fine dell’Ottocento al primo Novecento. E Mario Trozzi, al cui lavoro nell’ambito dell’ambiente sindacale e socialista è dedicata questa ricerca, nel Fucino, e in particolare nel collegio elettorale di Piscina, rappresentava quella parte di proletariato che cercava di indicare strade in grado di superare una lotta politica ridotta a favorire gruppi proprietari (come nel caso dell’elezione a deputato di minio Sipari, che si presentava quale esponenti della democrazia radicale.

Il congresso aquilano socialista del 1914 segnò il riconoscimento di Mario Trozzi, eletto nello stesso anno consigliere provinciale per Popoli. E proprio allora emerse – in tutta Italia, anche se la storiografia poco se ne è occupata – l’impegno dei giovani socialisti in favore della neutralità, che continuò durante la guerra, tanto che egli sarà segnalato dalle autorità militari quale sostenitore del pacifismo. Dopo il termine delle ostilità Trozzi sarà eletto alla Camera nelle elezioni del ’19 (le prime svoltesi con la proporzionale) che segnarono una grossa affermazione del PSI.

La sua attività parlamentare sarà intesa, come si vedrà presto anche nella denuncia delle violenze che colpivano chi cercava di battersi in difesa dei lavoratori. Di fronte alle azioni terroristiche delle nascenti formazioni a servizio della reazione sociale, coerente prosegue le iniziative che gli consentiranno di essere rieletto nelle elezioni del ’21. Legato alla corrente massimalista se ne distaccherà quando avverrà, poche settimane prima della marcia su Roma, la scissione con la formazione del partito socialista democratico guidato da Turati e Matteotti. “Idolo delle plebi libere di Abruzzo”, come venne definito, Trozzi nel gennaio ’25 tiene una conferenza a Roma nella quale espone chiaramente il suo pensiero su tutte le tragedie che travagliavano il nostro paese come gran parte d’Europa. Pur affascinato dalla rivoluzione russa, egli manteneva le sue riserve su quei fatti. Avvocato, dotato di una serie cultura letteraria, la sua professione lo porta a sostenere, in giudizio negli anni successivi, esponenti antifascisti, da Silone a Ernesto Rossi.

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Andrea Borghesi svolge un più dettagliato resoconto – sostenuto da una precisa documentazione – della partecipazione di Trozzi all’attività politica, registrata puntualmente dall’autorità di P.S. che inserisce il suo nome nello schedario delle persone da vigilare sin dagli anni ’20 per essere poi più attentamente controllato in epoca fascista. Molto interessanti i suoi scritti sin dal 1911, quando compie una vera e propria indagine sociologica sui contadini abruzzesi. L’opposizione all’impresa di Libia nell’11 e poi il suo convinto e tenace pacifismo alla vigilia e durante la guerra mondiale lo vedranno in prima linea nella difesa degli interessi del lavoro e poi in sostegno del patto di Zimmerwald, quando passò la linea di Lenin che sollecitava il proletariato europeo ad utilizzare il conflitto per dare inizio alla rivoluzione. È in quel periodo – a noi sembra – che matura in lui una più impegnativa posizione a favore di un socialismo intransigente nei confronti dell’evoluzione politica in corso, su posizioni tendenti all’insurrezionalismo, anche se egli manterrà costante il suo interesse specifico in favore dei contadini del Fucino. Borghesi si sofferma anche sulla concezione “marxista” di Trozzi.

Fabrizio Loreto dà rilievo, con impegno storiografico, all’attività svolta in Parlamento negli anni decisivi della crisi post-bellica: contro il fascismo la posizione di Trozzi è sempre molto ferma e concreta, sul piano politico come su quello giudiziario in difesa di lavoratori ingiustamente accusati, Tra gli anti-fascisti difesi negli anni successivi in sede penale l’anarchico Schicchi. E a questi studi fa seguito nel libro il testo degli interventi ad una tavola rotonda svoltasi a Sulmona nel 2008. Ai richiami dell’attività organizzativa da parte di Elio Giovannini e agli scritti di Trozzi, sui contesti “penalistici” dell’opera di Ovidio, ha fatto seguito il ricordo personale di Fulvia Trozzi che, con molta sobrietà e sensibilità, ha rievocato le immagini familiari del padre e nello stesso tempo la capacità che egli aveva di infondere ai suoi e agli interlocutori la gioia di vivere, malgrado le angustie di una vita aspra, per tenere fede ai propri ideali. Adolfo Pepe mette in rilievo l’identità di classe alla cui impostazione si ispirava, per Trozzi come per altri sindacalisti del suo tempo, una formazione politica interamente dedita all’emancipazione del mondo del lavoro.

Chiudono il volume saggi di E. Pugliechelli sui rapporti tra Trozzi e gli anarchici abruzzesi, numerosi, preparati ed attivissimi. Sia consentita una nota personale su Federico Mola, menzionato tra essi. Amico della mia famiglia, lo ricordo tra l’altro quale animatore della sommossa di Lanciano contro i tedeschi nell’ottobre 1943, prima e dopo pronto a spiegare a noi giovani, assieme all’anziano tipografo Ciccio Masciangelo, che cosa è l’anarchismo, quale espressione di solidarietà e non di violenza.

 

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