Niccolò Fabi è diverso dal ragazzo che "non viveva senza i suoi capelli": certo, la folta chioma continua ad essere un suo segno distintivo, ma i ricci che lo hanno da sempre caratterizzato (primo impatto visivo che tutti abbiamo nella memoria), ora direste che sono spenti, che non brillano più, invece è tutt’altro che così. Brillano di una luce propria, ma non di quelle da protagonista di scena, di un cantante "prima-donna" che ti fa sgranare gli occhi per la sua presenza ed energia incontenibile. No, non è così. Niccolò brilla di una luce soffusa, di quella che trovi accesa accanto al divano quando rientri a casa dopo una giornata di lavoro sfiancante e hai bisogno di ascoltarti un po’.
E allora ti siedi, ti rilassi, ascolti.
Niccolò avrà anche la luce principale puntata sui suoi ricci, ma resta in disparte, mai al centro del palco: è perfettamente inserito tra i suoi musicisti, in un contest di ombre, dove al centro non c’è l’apparire ma solamente la MUSICA.
Una musica che ti avvolge.... uno spettacolo di luci e immagini dettagliatamente studiato, che impreziosiscono lo spettacolo senza prendere il sopravvento sui testi del cantautore, che proprio per questo risuonano con maggiore forza. Non per questo il minuzioso gioco elettronico risulta privo di qualità anzi: da questo punto di vista Niccolò ha fatto un meraviglioso passo in avanti, ponendo la tecnologia al servizio dei suoi brani e mai il contrario, come una cornice di un preziosissimo quadro.
Niccolò Fabi è stato in grado di costruire silenziosamente il suo spazio e la sua musica, in un rapporto viscerale con suoi fans che lo hanno capito e apprezzato per questo, con i quali lui stesso si sente palesemente a suo agio.
Perchè Niccolò è sensibile: la chitarra la sfiora, il microfono sembra quasi non necessario, avrebbe tenuto lo stesso concerto anche nel suo salotto di casa, con la stessa premura per la musica, con la stessa compostezza per il suono delle sue parole, poche, scelte, semplici eppure mai scontate.
L’Auditorium Parco della Musica di Roma era completamente stregato non da lui, ma da tutto quello che stava accadendo in quel momento: una strana magia dove nessuno parlava, nessuno cantava, erano tutti rimasti come me, attaccati a quella poltrona, ben consapevoli di aver assistito ad uno spettacolo di vera e rara qualità.
Mi sono rimproverata di aver conosciuto così tardi questo artista mai posto dalla musica italiana sotto i riflettori, ma poi ho capito che è stato proprio questo suo silenziosamente costruire nella luce soffusa ad averlo protetto dagli schemi convenzionali e da uno scenario musicale ormai sprofondato nell’aggroviglio di suoni (non musica) elettronici riempiti di parole neanche accuratamente scelte.
A lui tutto questo non serve, non sarebbe Niccolò.
Uno dei brani più apprezzati? "Facciamo finta", che ha ottenuto in passato moltissimi premi.
Uno dei momenti più apprezzati? Il ringraziamento costante del cantautore nei confronti dei suoi musicisti, con abbracci sentiti e parole di conforto: mai il primo ad uscire dal palco, mai desideroso di prendere tutti gli applausi per sè.
Uno dei miei consigli più sentiti? Cogliete l’occasione di ascoltarlo dal vivo almeno una volta nella vita e non solo! Vi posso assicurare che oltre ai momenti emozionanti ci sono state anche scene (sul finale del concerto) di musica cantata a squarciagola dall’auditorium in piedi sulle poltrone in delirio!
Uno spettacolo completo, di quelli che restano impressi nel ricordo di immagini, luci, suoni e parole che non pensavi di poter vivere.
"Facciamo finta che io mi nascondo
E tu mi vieni a cercare
E anche se non mi trovi tu non ti arrendi
Perché magari è soltanto
Che mi hai cercato
nel posto sbagliato"
Eleonora Daggiante