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MARIO BIONDI, SOGNANDO LA VITA

Oligo Editore 2019
martedì 4 agosto 2020 di Andrea Comincini

Argomenti: Recensioni Libri


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Quel sogno chiamato vita Mario Biondi e la musica fra le parole

Parole che si rincorrono come nuvole, visioni di visioni, caleidoscopici avvenimenti al limite del surreale: c’è un intero mondo nei racconti di Mario Biondi, dieci storie pubblicate dalla casa editrice Oligo, e una filosofia. Ce la spiega lo stesso autore quando scrive di averle pensate per il semplice piacere di scriverle, a imitatio Dei.

Chi infatti, se non il Sommo, potrebbe capire veramente cosa si prova nella creazione pura? In fondo l’artista è un imitatore dell’Onnipotente, cerca di spodestare “Colui che è” facendo, perché la vita è breve e si ritrova nelle opere compiute, nei ricordi.

Ma quali ricordi? Qui Biondi va oltre, procede su un terreno delicatissimo. Sa bene che la vita, a un certo punto cruciale, è fatta sempre meno di ciò che sarà e più del tempo che fu - ma sarà poi così? In fondo ricordare è reale? Quando ripercorriamo la nostra esistenza, siamo certi di viaggiare in lande esplorate o stiamo ricreando dei mondi, dentro cui trovare conforto e senso per il presente? Cosa è la vita?

Biondi la setaccia attraverso tanti personaggi, esistenze parallele che si fondono e si spezzano, approfittando di quell’elemento che tutti ci accomuna: il desiderio di voler non solo vivere, ma vivere pienamente. “Nel nostro cervello ci sono ricordi di fatti che non abbiamo mai vissuto”, scrive l’autore. E come negarlo? È dunque possibile tracciare una linea netta tra il romanziere e chi registra oggettivamente la vita? Difficile pensarlo, perché sia l’uno che l’altro devono arrendersi all’evidenza dell’immaginario, che penetra le nostre carni trasformandole.

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Mario Biondi

Baudelaire diceva che l’immaginazione è la più importante delle facoltà, e a ragione, perché ci rende simili proprio a dio, il quale in fondo è un romanziere intento a comprendersi attraverso quanto fa. Come tutti noi dunque, sperso nella vita, si arrabatta. Per fortuna, oltre alla malinconia c’è anche un lato ironico, e Biondi lo percorre con maestria.

In questi racconti si riflette e si sorride, perché in fondo si può anche creare un ricordo piacevole, cedere all’iperbole, inventare. La libertà è spesso baratro, ma anche un dono.

Scritti con una prosa molto fluida e musicale, l’opera appare certamente uno dei lavori più ispirati dell’autore. Nato il 17 maggio del 1931, stesso giorno di un suo personaggio che apre la raccolta (e del sottoscritto: che sia anch’io prodotto di un sogno, convinto di fare il recensore?) – Biondi rappresenta la miglior tradizione letteraria del nostro paese, da lungo tempo. Ha appena pubblicato una nuova traduzione dell’Ulisse di J. Joyce per La Nave di Teseo, acclamata dai critici.

Dopo la tradizionale versione di De Angelis, quella di Bona Flecchia, l’arguta e democratica traduzione di Terrinoni e la resa di Celati, la versione di Biondi appare certamente la più musicale.

È un testo attraversato dalla sonorità, tale da rendere il capolavoro di Joyce un viaggio quasi fiabesco, liberandolo da molte incrostazioni.

È proprio il suono ciò che caratterizza, a mio avviso, la scrittura di Biondi: un vero e proprio atto politico, canzonatorio, capace di liberare la scrittura e renderla vivace, polifonica. Sognando la vita rappresenta questa indole, la voglia di viaggiare nei mondi che è anche la passione verace del nostro: dall’Uzbekistan alla Cina, non c’è paese dove non sia andato a osservare, a prendere appunti e a registrare fatti, affinché possano essere nuove memorie pronte a dar forma alla vita, quella vita di cui tutti noi abbiamo ricordi, ma non sapremo mai quanto siano reali o meno, cercandola sempre, come l’autore, “tutta occhi e speranze”.