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LA PICCOLA VERITA’

QUATTRO SAGGI SU MANLIO SGALAMBRO. Mimesis 2019
giovedì 21 novembre 2019 di Andrea Comincini

Argomenti: Recensioni Libri


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Sgalambro, l’esistenza e il peso di dio.

Conosciuto principalmente come “il filosofo che scriveva le canzoni di Battiato” – definizione che probabilmente avrebbe fatto sorridere entrambi – Manlio Sgalambro è stato invece molto di più, ma per pochi purtroppo. Fra i maggiori pesatori del Novecento, lontano dalle accademie, dalle definizioni e dal fracasso delle mode filosofico-letterarie, ha subito la stessa sorte di altri grandi intellettuali italiani molesti perché troppo autonomi, o legati a tradizioni di pensiero lontane dalle retoriche di Stato.

Con La piccola verità, (curato da Antonio Carulli, Patrizia Trovato, Piercarlo Necchi, Manuel Pérez Cornejo) – un testo composto da quattro saggi sul filosofo siciliano – è possibile finalmente rompere quel muro di silenzio che troppe volte ha avvolto un intelletto scomodo, incontenibile, prepotentemente autonomo, e anche frainteso.

Già dal suo anonimo esordio, con Paralipomeni all’irrazionalismo (“Prisma”, II, n. 7, 1946) Sgalambro ha dimostrato una audacia intellettuale accompagnata da uno stile seducente e conturbante (ogni vero filosofo è un grande scrittore) che subito ha rivelato e rivela la caratteristica principale che un vero pensatore deve avere, sostenuta anche da Sgalambro stesso: filosofare è essere “in possesso di una visione”, aprire varchi nelle tenebre sottili intorno ai concetti, smascherare le pochezze logiche dei professionisti dell’ottimismo, essere “scandalosi” nel senso originario del termine. Solamente in questa misura si può spalancare un varco sulla Verità, la quale, per il filosofo di Lentini, è la morte termica del sole.

Che un fatto fisico stabilisca un destino filosofico può sorprendere solo gli ingenui disadatti a cogliere quanto egli fosse presente nel dibattito del proprio contesto storico, ingenui incapaci di capire cme egli stesse osservando dalla lontana terra sicula “la catastrofe cosmico-storica in atto”, da “contemporaneo della fine del mondo”.

Sebbene il suo pensiero sia iscritto in una certa tradizione storica tedesca e con Crepuscolo e notte (1959) si possa parlare di “primo contributo all’esistenzialismo negativo italiano”, la visione proposta è incredibilmente originale e audace. Nel volume collettaneo si affrontano vari punti di vista, spesso nati da una costatazione fondamentale: Sgalambro è un ribaltatore. Lo fa con Hegel e l’idea della razionalità del reale (Per lui vale il principio dell’irrazionalità del reale – dio è irrazionale); con l’idea agostiniana del bene e male; con il principio per cui “lo spirituale è fisico” e quindi metafisico per eccellenza, proponendo con grande coerenza un pessimismo che non è banalmente o ingenuamente visione cupa della vita, piagnisteo, ma lucida registrazione del “peso di dio” che tutto assorbe, e a cui bisogna, empiamente, ribellarsi comprendendo il reale ma, come sottolinea Carulli (già autore di una Introduzione a Sgalambro) sapendo “che questo non ha mai salvato nessuno”.

Un ragionare forte dunque, in risposta anche alle debolezze del secondo dopoguerra, che non deve convincere perché non argomenta, bensì proclama. La verità non è nostra, non è un processo, ma una sentenza, verrebbe da dire. Da qui si comprende anche l’amore per Spinoza, ricambiato ribaltandone – di nuovo – i fondamenti: all’amor dei si deve sostituire l’odio per Colui che è – nome minimo affibbiato al Tutto imperante: non credere in dio ma a dio, nel senso di essere consapevoli (si legga il meraviglioso Dialogo Teologico): chi ha compassione per gli uomini non può che essere contro Dio.

Attraverso un’analisi del suo rapporto con Hegel, Schopenhauer e Spinoza si giunge a capire meglio l’importanza dell’elemento musicale che lo ha spesso accompagnato già prima della collaborazione con il musicista catanese. Musica leggera è la risata dell’uomo in faccia a Dio, beffa per quel destino che tutto attanaglia. È “satanica” perché evapora velocemente, ludicamente, sollevandoci per un poco dal freddo cosmico lì ad attenderci: “Mentre lui [dio] ci pesta a dovere, noi gli cantiamo in faccia”.

Spirito provocatore per eccellenza, in queste pagine Sgalambro appare ritratto come raramente accade, con quella completezza e visione d’insieme che rendono il saggio particolarmente ispirato e adatto a conoscere questo grande intellettuale del Novecento.

Foto Sgalambro-Carulli