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Il sabato del Villaggio

E magari fosse solo il sabato!
domenica 27 aprile 2008 di Arturo Capasso

Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Sociologia


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Il simpatico comico non si limita solo al sabato, con impegno stakhanovista appare di continuo, su tutti i canali disponibili. L’altra sera l’ho scansato a Striscia la notizia e me lo sono ritrovato su “Le invasioni barbariche”. Un paio di giorni prima era apparso su “Che tempo che fa.”. Si presenta con la barba folta, grigia, a tutto tondo. E dopo qualche battutina di prammatica, eccolo mettere fuori la sua creatura: un libro appena uscito.

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La trasmissione di Fabio Fazio

E’ stato in passato un comico di rottura, intelligente. Ora fa solo tenerezza. Ma la cosa più grave è questo costume, anzi questo malcostume: un appiattimento dei nostri canali televisivi, un rincorrere verso il personaggio di turno, o comunque una disponibilità sicuramente eccessiva.

Il nostro comico sta superando Bruno Vespa, che – com’è notorio – si fa tutte le “chiese” quando deve lanciare un suo libro. La cosa sta diventando asfissiante, perché pare che per contratto lui ogni anno ne debba sfornare uno.

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Bruno Vespa

- Diamoci una regolata, cerchiamo di essere più seri.
- Ma ho fondato dubbio che questo mio accorato invito non venga accolto.
- Ormai siamo ad un punto di non ritorno, come sta succedendo in tanti altri settori della nostra vita.
- Com’è successo, tutto questo? Qual’è stato l’inizio? Vediamo.

Nel lontano 1955 trascorsi alcuni mesi nel collegio salesiano di Chertsey, Surrey, dove lavoricchiavo e cercavo di imparare un po’ d’inglese. Qualche volta andai a casa di Alan, col quale impiegavo la giornata in piccoli lavori nel collegio. Aveva un piccolo televisore e mi diceva che trascorreva molte ore davanti ad esso. C’era un unico programma della BBC. Un bel giorno apparve su pagine intere dei quotidiani l’annuncio di una nuova televisione-la ITV- che rappresentava di fatto la rottura d’un monopolio mediatico.

Poi andai a Mosca e ritrovai una informazione a senso unico, con poca fantasia e molta censura.

Il contraccolpo lo ebbi durante un viaggio negli Stati Uniti, dove gli schermi erano grandi, c’era il telecomando per decine di canali. Ma erano annunci pubblicitari intervallati da modesti programmi, tranne qualche rara eccezione.

Noi avevamo tre canali che – tutto sommato – non erano affatto male ed offrivano un prodotto buono, a volte anche intelligente.

Poi venne Lui e scompigliò le carte.

Col suo cavallo bianco rapì un presentatore molto noto e lo portò nel suo castello dorato.
- Forse non fu un rapimento, perché ebbe un ingaggio così grande che neppure in venti anni avrebbe potuto guadagnare tanti soldi.
- Lo seguirono altri, tanti altri. Traslocavano nel mondo nuovo, si trovavano bene; perché non spingere i vecchi colleghi a fare altrettanto? C’erano campagne acquisti favolose, un mare di soldi nelle tasche di attori, registi, presentatori, affabulatori.

- Già vedo il dito di qualcuno che vuole dire la sua ed evidenziare che questa è la libertà, questo è lo scotto che dobbiamo pagare.
- E invece io dico che tale politica ha impoverito enormemente un’azienda che aveva uomini e risorse e che è stata costretta a sborsare tantissimo per prendere (o riprendersi) validi collaboratori.

Ma c’è un prezzo alto, molto più alto, pagato da tutti noi.

I programmi si sono appiattiti, non sai su quale canale ti trovi, la stupidità e la violenza sono sempre più imperanti. Ci sono canali specializzati che propongono solo e sempre cartoni animati, visti da piccoli e da grandi.

- Un paio d’anni fa tornai in Russia. Alla simpatica guida che ci accompagnava chiesi:”Cosa dicono i turisti americani quando arrivano sulla Piazza Rossa?”
- Risposta: “Sono entusiasti, ricordo che una signora mi disse: Com’è bella, sembra Disneyland.”